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COMUNICATO STAMPA – PAS E SOSTEGNO, DAL MIUR ALTRE BATOSTE PER I DOCENTI DI III FASCIA

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In poco più di un mese, dal MIUR, sono arrivate nuove batoste per i docenti di III fascia, ormai dichiaratamente e platealmente screditati e discriminati, a dispetto delle teorie del “merito” e della professionalità. Vogliamo vedere in che modo? È presto detto, basta leggere due note ministeriali che riguardano da vicino la III fascia, una per attuare i “famosi” PAS che, ricordiamo, sono una misura per sanare la posizione scomoda del MIUR, di sfruttamento e incapacità, l’altra, riguarda le precisazioni per accedere ai corsi di specializzazione per il sostegno.

Con il decreto dipartimentale n. 45 del 22 novembre, emergono nuove contraddittorie ed illogiche scelte del MIUR, dal momento che é il servizio non i titoli di studio o i titoli scientifici, il parametro per modulare gli accessi ai PAS.

Alla faccia della “retorica del merito”, del resto demagogicamente tirata fuori solo quando fa comodo e unicamente per  mascherare la realtà, soprattutto nei riguardi dei docenti di III fascia.

Se poi a tutto questo si aggiunge la nota MIUR (prot. 13390) dell’11 dicembre 2013, la quale in modo indiretto riconosce il servizio come titolo professionalizzante, il parametro del servizio per accedere ai PAS appare una beffa.

Per accedere ai corsi di sostegno, infatti, “basta” essere cittadino europeo, non italiano, e vedersi riconosciuto il servizio stesso come abilitante all’insegnamento “con apposito Decreto del Ministro dell’Istruzione”. Perché il servizio prestato in Romania, in Polonia, in Spagna, in Grecia, ecc., è più professionalizzante di quello prestato in Italia? I docenti di III fascia, che per anni hanno prestato servizio nelle scuole italiane di ogni ordine e grado anche su incarichi di sostegno, secondo quanto precisato dal Ministero, invece, non hanno il diritto e i titoli per partecipare ai corsi di specializzazione. Il loro servizio, quindi, ha minore valore ed è meno “professionalizzante”, nonostante sia stato l’efficace strumento per garantire il funzionamento della scuola pubblica italiana e nonostante lo sfruttamento che hanno subito per anni. Che dire poi dei diplomati magistrali, esclusi dai corsi di specializzazione, sebbene il loro titolo sia riconosciuto abilitante, ma “solo” per le scuole paritarie?

Ricapitolando: da una parte il servizio ha un valore, da una parte un altro! Nel decreto dipartimentale serve per accedere ad un corso di formazione, nelle note per l’accesso ai corsi di sostegno costituisce titolo professionalizzante. Ma qualcuno al MIUR si sa rendere conto che i docenti che ha assunto sono in grado di accostare concetti e di proporre riflessioni?

Senza mai intervenire in modo costruttivo, infatti, il MIUR non ha mai speso una parola per contrastare l’attacco subito in modo costante e progressivo da questa categoria di docenti. Nessuno, infatti, ha sottolineato e chiesto spiegazioni  riguardo l’esplicita contraddizione contenuta alla voce PAS del MIUR, dove si spiega come si tratti di “percorsi di formazione per conseguire l’abilitazione all’insegnamento, rivolti ai docenti della scuola con contratto a tempo determinato che hanno prestato servizio per almeno tre anni nelle istituzioni scolastiche statali e paritarie”. Docenti o aspiranti da formare? Perché se di docenti si tratta, come del resto è inequivocabile, che hanno prestato tra l’altro servizio continuativo per almeno tre anni nella scuola pubblica italiana, bisognerebbe che qualcuno (per primo al MIUR) si ricordasse che a tali docenti è stato affidato il delicato compito di istruire, formare, educare, valutare alunni e studenti. Bisognerebbe che il loro status di precari storici fosse non soltanto ricordato ma principalmente “sanato” nel senso più pieno del termine, perché non è possibile che su di loro gravi il peso di un Paese non più in grado di riconoscere le proprie disfunzioni al punto di scegliere l’infamante e deprimente strada del disconoscimento e  ella mistificazione. Migliaia di docenti aspettano il riconoscimento loro dovuto, non fosse altro per non screditare l’intera scuola italiana, che a nostro avviso, oltre a dover essere la prima preoccupazione del Ministero, dovrebbe essere tra le priorità dell’intero Paese.

Valeria Bruccola per Adida

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