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ESTESO IL DIRITTO AL CONGEDO PER FIGLI DISABILI A PARENTE O AFFINE ENTRO IL TERZO GRADO CONVIVENTE

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L’Inps accoglie il recente orientamento della Corte Costituzionale che, con una sentenza del luglio scorso, aveva dichiarato illegittima una parte dell’art. 42, comma 5, del T.U. sulla maternità e paternità

Il congedo di cui all’ art. 42, comma 5, decreto legislativo n. 151 del 26 marzo 2001 può essere riconosciuto al familiare o affine entro il terzo grado convivente del disabile in situazione di gravità, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti individuati dalla norma, e rispettando un preciso ordine di priorità.
A dirlo è l’Inps che con la circolare n. 159 del 15/11/2013 accoglie l’orientamento espresso dalla Corte costituzionale n. 203 del 3 luglio 2013, con la quale era stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 26 marzo 2001 (Testo Unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità) nella parte in cui, in assenza di altri soggetti idonei a prendersi cura della persona disabile in situazione di gravità, non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo straordinario il parente o l’affine entro il terzo grado convivente della persona in situazione di disabilità grave.
Ma l’estensione del diritto a tali soggetti prevede una limitazione, vale a dire il rispetto di un ordine di priorità tassativo:
1. il coniuge convivente della persona disabile in situazione di gravità;
2. il padre o la madre, anche adottivi o affidatari, della persona disabile in situazione di gravità, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente;
3. uno dei figli conviventi della persona disabile in situazione di gravità, nel caso in cui il coniuge convivente ed entrambi i genitori del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
4. uno dei fratelli o sorelle conviventi della persona disabile in situazione di gravità nel caso in cui il coniuge convivente, entrambi i genitori ed i figli conviventi del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
5. un parente o affine di terzo grado convivente della persona disabile in situazione di gravità nel caso in cui il coniuge convivente, entrambi i genitori, i figli conviventi e i fratelli o sorelle conviventi siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti.
Come già chiarito in passato con precedenti circolari, per “mancanza” si intende non solo la situazione di assenza naturale e giuridica (celibato o stato di figlio naturale non riconosciuto), ma anche ogni altra condizione ad essa giuridicamente assimilabile, continuativa e debitamente certificata dall’autorità giudiziaria o da altra pubblica autorità, quale: divorzio, separazione legale o abbandono.
Per “patologie invalidanti”, invece, in assenza di un’esplicita definizione di legge, è corretto prendere a riferimento soltanto quelle, a carattere permanente, indicate dall’art. 2, comma 1, lettera d), numeri 1, 2 e 3 del Decreto Interministeriale n. 278 del 21 luglio 2000, che individua le ipotesi in cui è possibile accordare il congedo per gravi motivi di cui all’art. 4, comma 2, della legge n. 53 del 2000.
Per quanto concerne il requisito della “convivenza”, questo sarà accertato d’ufficio previa indicazione da parte dell’interessato degli elementi indispensabili per il reperimento dei dati inerenti la residenza anagrafica, ovvero l’eventuale dimora temporanea (vedi iscrizione nello schedario della popolazione temporanea), ove diversa dalla dimora abituale (residenza) del dipendente o del disabile.
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