La nuova deriva della scuola è quella dei BES, gli alunni con “Bisogni Educativi Speciali”.
E’ un concetto che la Circolare Ministeriale del 6 marzo 2013 ha introdotto definitivamente nella Scuola italiana, riferendosi alla precedente Direttiva del 27 Dicembre 2012. Quest’ultima, in un punto centrale, dichiara: “Ogni alunno, con continuità o per determinati periodi, può manifestare Bisogni Educativi Speciali: o per motivi fisici, biologici, fisiologici o anche per motivi psicologici, sociali, rispetto ai quali è necessario che le scuole offrano adeguata e personalizzata risposta”.
Per farla breve, da quest’anno scolastico ogni Consiglio di Classe è chiamato ad individuare alunni BES, per approntare una serie di azioni di “inclusività” al fine, appunto, di aiutarli ad inserirsi meglio nel contesto scolastico. In questa nuova etichetta, però, viene compresa qualsiasi forma di “bisogno”; ci finiscono dentro alunni depressi, aggressivi o anche solo un po’ troppo vivaci, ragazzi con problemi economici o con “svantaggi culturali” ecc. Un calderone, insomma, che ricorda un po’ quegli “spitali” del Settecento in cui finivano criminali, pazzi, accattoni, prostitute, malati e in generale chiunque conducesse una vita “deviata” da cui in qualche modo prender le distanze.
Si tratta, in realtà, di un nuovo espediente elaborato per imporre agli insegnanti di improvvisarsi esperti di diagnosi a largo raggio, sia nei confronti di alunni che finora bastava ridimensionare con qualche bella nota disciplinare o qualche sospensione vecchio stile, sia rispetto a casi oggettivamente “delicati”, per diagnosticare ed affrontare i quali l’abilitazione all’insegnamento della Chimica o della Geografia risultano evidentemente inadeguate.
Tale direttiva – che carica quindi di ulteriori responsabilità quegli stessi docenti italiani che circa un anno fa il Ministero aveva provato a costringere a lavorare ventiquattro ore in più al mese a parità di stipendio e che adesso cerca di obbligare a svolgere a titolo gratuito e senza alcuna preparazione tutta una serie di incombenze aggiuntive proprio tramite questa nuova trovata – si dichiara ipocritamente finalizzata all’inclusività degli alunni con difficoltà (marchiati “BES”, appunto). Contemporaneamente, però, prevede che un manipolo di insegnanti possa far sì che nella vita di un adolescente così bollato entrino più o meno prepotentemente psicologi, assistenti sociali, educatori, e quant’altro, per prevenire o correggere le loro (ci risiamo) “deviazioni”. Concetto questo che, visto il ventaglio di casi che possono venir etichettati in tal modo (e che può comprendere tranquillamente anche ragazzi semplicemente “non in linea” col sistema, quei pochi che ancora mettono pericolosamente in atto il cosiddetto “pensiero divergente”), si addice ad un regime dittatoriale molto più che ad una democrazia. Includo, ergo etichetto. Non c’è che dire: nell’era degli eserciti in missione di pace e delle telecamere piazzate ovunque in nome della Privacy, non fa una piega!
Ancora una volta, quindi, siamo di fronte a un Ministero che si ostina a voler persuadere l’opinione pubblica che la migliore scuola sia quella delle “procedure” fredde, automatiche e centralizzate con cui vanno riconosciute a manipolate le diverse problematiche che si incrociano ogni giorno tra i banchi di scuola. Un Ministero che continua a seminar diffidenza nei confronti della capacità educativa e della sensibilità professionale dei suoi docenti, quella capacità che quotidianamente si affida al dialogo interpersonale, alla pazienza; che alterna momenti di severità a momenti di ascolto, che “ritocca” continuamente i suoi stessi interventi considerando molto più le sfumature che quelle anonime e meccaniche “griglie” di valutazione tanto amate dai “saggi” filo-governativi. Quanto valga questo genere di insegnamento, quanto risulti vincente sui glaciali sistemi imposti dai vari Ministri e dalle loro sprovvedute commissioni – fatti di moduli da compilare, di incomprensibili termini in americanese e di vuota burocrazia – i nostri ragazzi lo sanno benissimo, lo hanno capito da anni. E, probabilmente, nel ruolo di clienti di un sistema scolastico di stampo imprenditoriale non si riconoscono proprio più.
Ma il Ministero, se da un lato si ostina a prescrivere soluzioni automatiche in relazione a casi più o meno difficili di cui fornisce sommari identikit, dall’altro sbatte tutta la responsabilità sul groppone di centinaia di migliaia docenti in questi giorni subdolamente “incoraggiati” a iscriversi a frettolosi ed improbabili corsi di specializzazione sui BES (con lo stesso buon senso di chi pretendesse da un architetto di svolgere anche il ruolo di medico previo aggiornamento di una decina di ore).
E così si fa gravare la responsabilità della gestione di casi anche difficili sui soliti prof, a cui si continua a chiedere di più, nonostante i loro stipendi siano bloccati da anni, trasformandoli magicamente in psicologi, medici, addetti alla sicurezza, ecc., salvo poi gettarli in carcere quando in una classe crolla un soffitto mal progettato, mal edificato o mal manutenuto da chi veramente ne avrebbe avuto titolo.
Avanti tutta, allora, con il nuovo docente psicologo e diagnosta. Naturalmente lasciando a casa migliaia di insegnanti di sostegno, tanto specializzati quanto inutili, nella Scuola che risparmia quintalate di milioni grazie alla nuova ipocrisia dei BES.
Pietro Ratto