Il Ministero del Lavoro ritiene di sì e in un recente interpello spiega il perché
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La normativa vigente in materia di disoccupazione prevede alcune ipotesi tassative per le quali non è prevista la corresponsione dell’ASpI introdotta dall’art. 2 della L. n. 92/2012, e tra queste non è ricompreso il licenziamento disciplinare, per il quale deve dunque essere previsto il diritto del lavoratore a percepire l’ASpI e il conseguente obbligo del datore di lavoro di versare il contributo.
A queste conclusioni è giunto il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali che, con l’interpello n. 29 prot. n. 34/0018463 del 23/10/2013, ha risposto al Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro sulla possibilità di corrispondere l’ASpI nell’ipotesi di licenziamento disciplinare per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa.
La legge Fornero prevede espressamente che l’indennità di disoccupazione e il versamento del contributo a carico del datore di lavoro non siano dovuti nei seguenti casi: dimissioni (fatta eccezione per le dimissioni per giusta causa o le dimissioni intervenute durante il periodo di maternità tutelato dalla legge) e nel caso di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro.
Nulla si dice, invece, in merito al licenziamento disciplinare, così come non ne parlano le numerose pronunce dell’Inps sull’argomento.
Il che fa dedurre al Ministero che le ipotesi di licenziamento disciplinare non siano ricomprese tra le cause di esclusione.
A supporto della propria tesi, il Ministero richiama una sentenza, la n. 405 del 2011, con la quale la Corte Costituzionale aveva ammesso la corresponsione dell’indennità di maternità in caso di licenziamento disciplinare, poiché alla protezione della maternità andava comunque attribuito un’importanza maggiore rispetto alla ragione del licenziamento e considerando che il licenziamento stesso è già di per sé un’efficace sanzione, alla quale non è corretto aggiungerne un’ulteriore (cioè il mancato versamento dell’indennità di maternità).
Stesso discorso può essere esteso anche al caso del licenziamento disciplinare e dell’indennità di disoccupazione.
Anche perché, conclude il Ministero, è bene tener presente anche altri due fattori importanti: il licenziamento disciplinare non può ex ante essere qualificato come disoccupazione “volontaria”, in quanto la sanzione del licenziamento quale conseguenza di una condotta posta in essere dal lavoratore, sia pur essa volontaria, non è “automatica”; inoltre, spesso il licenziamento di tipo disciplinare viene impugnato dal dipendente e, qualora il giudice ordinario dovesse successivamente ritenere illegittimo il licenziamento impugnato, sarebbe oltremodo iniquo negare la protezione assicurata dall’ASpI.
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