La sospensione cautelare dal servizio del pubblico dipendente, dopo la riforma Brunetta, in particolare la sospensione cautelare dal servizio del personale docente in pendenza di un procedimento penale a suo carico, ma prima del rinvio a giudizio, alla luce dell’ordinanza n. 3270/2013 del tribunale di Vibo Valentia.
Chi opera al servizio dell’amministrazione scolastica, ma anche chi a vario titolo “frequenta” la scuola, non avrà difficoltà a riconoscere che la questione intorno alla quale si discute ha una rilevante portata.
Lo spunto dell’odierna riflessione è offerto da un’interessante decisione del giudice del lavoro di Vibo Valentia, che in composizione collegiale, ha emesso l’ordinanza n. 3270 del 22/03/2013.
La decisione in parola, oltre a rappresentare un motivo di personale soddisfazione, dal momento che la difesa tecnica dell’amministrazione nella controversia è stata curata anche da chi scrive, è, altresì, da considerarsi alla stregua di un significativo “sostegno” che la giurisprudenza di merito offre quale preziosa bussola per orientarsi in casi particolarmente complicati e, purtroppo, sempre più frequenti.
Il tema si connota di ulteriore importanza giacché la pronuncia del tribunale di Vibo Valentia è, allo stato, l’unica decisione in Italia che riconosca la giuridica facoltà in capo all’amministrazione scolastica di disporre dell’istituto della sospensione cautelare del personale docente, in costanza di un procedimento penale, ma prima ancora che sia stato richiesto il rinvio a giudizio.
Invero, a seguito dell’entrata in vigore del D.L.vo n. 150/2009, nel nostro ordinamento giuridico mancherebbe una fonte legislativa cui ricondurre l’esercizio del potere di sospendere cautelarmente un docente, prima che nei suoi confronti sia stato richiesto il rinvio a giudizio, seppur in presenza di gravi fatti riconducibili alla sua condotta, sui quali risultino pendenti indagini preliminari, pregiudizievoli rispetto all’interesse del buon andamento del servizio, all’incolumità degli allievi ed all’immagine dell’amministrazione.
Detta lacuna sorgerebbe dalla circostanza che l’art. 72, I° comma, lett. a) del D.L.vo n. 150/2009 ha espressamente abrogato la disposizione di cui all’art. 506 del D.L.vo n. 297/94, senza tuttavia (ri)disciplinare la sospensione cautelare (facoltativa), salva la laconica ed incompleta previsione di cui all’art. 69 del citato D.L.vo, poi confluita nel riformulato art. 55 ter del D.L.vo 165/2001, che, nella specie, prevede la possibilità di adottare: “la sospensione o altri strumenti cautelari nei confronti del dipendente”, ove, per le infrazioni di maggiori gravità connesse ad un procedimento penale, l’ufficio per i procedimenti disciplinari disponga la sospensione del procedimento disciplinare.
Pur nella laconica espressione legislativa, chi scrive ha sempre sostenuto e sostiene (oggi con il conforto della decisone giudiziale più sopra annotata) che dall’abrogazione dell’art. 506 del D.L.vo n. 297/94 (originariamente congegnato e disegnato solo per la classe docente, infatti le norme ivi contenute non trovano applicazione per il personale Ata della scuola) non derivi la sottrazione in capo al datore di lavoro del potere di disporre la sospensione cautelare dal servizio, salvo voler ammettere, in spregio all’art. 3 della Costituzione, che, nei confronti del personale docente non si possa adottare alcuno strumento cautelare.
È proprio la palese violazione del principio di parità di trattamento tra i pubblici dipendenti che induce alla necessità logico-giuridica di rintracciare nel sistema una plausibile soluzione.
Ed allora, chi scrive ha sempre ritenuto e ritiene che il potere di sospensione cautelare, pur in assenza di una norma ad hoc, possa trovare il proprio fondamento in precisi e consolidati principi giuslavoristici.
In assenza di specifiche norme, infatti, si può far ricorso alle disposizioni del codice civile in tema di adempimento delle obbligazioni, ove la sospensione cautelare è sostanzialmente riconducibile al legittimo rifiuto del datore di lavoro di accettare la prestazione lavorativa del dipendente, ex art. 1206 c.c.
Ecco allora che l’ancoraggio della sospensione cautelare ad una vicenda disciplinare (o penale) in fieri e la sua finalizzazione all’esigenza di garantire il contesto lavorativo dalle eventuali conseguenze negative della permanenza in servizio appaiono elementi più che idonei a fondare il “legittimo rifiuto” del datore di lavoro della prestazione lavorativa. Così: tanto più la condotta del lavoratore apparirà grave (ed a fortiori se penalmente illecita, secondo una valutazione operata ex ante), tanto più sarà deducibile la sussistenza del motivo legittimante la sospensione cautelare.
Ciò detto, non può tacersi che per giurisprudenza consolidata (Cass. Lav. 4.3.1998, n. 2361, Cass. 17/07/1990 n. 7303; Cass. 3/6/1995 n. 6265, Cass. Ssuu 3/6/1997, n. 4955), pur in difetto di specifiche disposizioni legali o contrattuali, il datore di lavoro può disporre la sospensione cautelare del lavoratore e ciò, sulla base della disposizione costituzionale di cui all’art. 41, espressione tipica del potere organizzativo e direttivo dell’amministrazione, naturalmente applicabile al rapporto di lavoro pubblico contrattualizzato.
Così chiarita la questione della giuridica possibilità della sospensione cautelare del docente, pur in assenza di una norma specifica e prima ancora del rinvio a giudizio, non può, ora, essere taciuto l’equivoco in cui gli operatori possono incorrere circa il ritenere applicabile, alla fattispecie, la parte delle disposizioni contrattuali del Ccnl comparto Scuola, relative, invece al personale Ata.
Evidentemente l’appiglio normativo individuato da chi così si orienta sarebbe l’art. 69 comma 1 D.L.vo 165/2001.
Tuttavia, a parere di chi scrive simile ragionamento sarebbe irrimediabilmente inficiato dalla omessa considerazione del dato normativo, nella specie dell’art. 33 D.L.vo 150/09 che ha sostanzialmente modificato l’art. 2 del previgente 165/01.
Ebbene l’art. 33 comma 1, lett. a) così prevede:” al comma 2, alla fine del primo periodo, sono inserite le seguenti parole: che costituiscono disposizioni a carattere imperativo…”.
Ne consegue che la regola ora vigente è inversa rispetto a quella precedente: la disciplina di fonte normativa del rapporto di lavoro pubblico contrattualizzato prevale su quella di fonte contrattuale, anche se quest’ultima è successiva, e le disposizioni poste da atti normativi potranno essere derogate dalla contrattazione successiva solo nel caso in cui la legge espressamente lo preveda.
Pertanto la contrattazione si trova di fronte a limiti di carattere cogente, costituiti addirittura dal meccanismo della nullità parziale e della sostituzione automatica di eventuali clausole nulle.
Ciò detto, va da sé che la disciplina applicabile alla sospensione cautelare del pubblico dipendente (quindi anche del docente, data l’abrogazione dell’art. 506 d.l.vo 297/94) debba essere rinvenuta non già nelle disposizioni contrattuali- peraltro applicabili solo al personale Ata – ma nell’art. 55 ter del novellato D.L.vo 165/01 per come in premessa detto.
Com’è noto, il Ccnl Comparto Scuola (2006-2009) al capo IX, detta, esattamente nella I sezione, le disposizioni disciplinari applicabili ai docenti, mentre nella II sezione, quelle applicabili al personale Ata.
Ancor più in particolare, per il personale docente, il contratto, all’art. 91, dispone:” Per il personale docente ed educativo delle scuole di ogni ordine e grado, continuano ad applicarsi le norme di cui al titolo I, Capo IV della Parte III del d.l.vo 297/94…” .
Ed è qui che si pone il problema, ove il D.L.vo 150/2009 ha espressamente abrogato, all’art. 72, I° comma, lett. a), gli artt. da 502 a 507 del d.l.vo 297/94, dunque abrogando anche la norma che disciplinava la sospensione cautelare dal servizio degli insegnanti.
Pur asserendo, ancora, che il riferimento normativo che regola l’odierna fattispecie debba essere rintracciato nell’art. 55 ter del novellato D.L.vo 165/2001, giova, altresì, combinare detta norma con il disposto degli articoli 1206 c.c. e 41 Cost, unitamente all’art. 2086 c.c., per quanto in premessa esplicitato.
In questa logica, il motivo che legittima l’allontanamento temporaneo di un docente, sul quale si indaga penalmente per fatti gravi è da considerarsi in re ipsa, soprattutto ove nell’atto di sospensione cautelare si renda conto della doverosa tutela dell’incolumità psico-fisica degli allievi e della necessità di scongiurare l’instaurarsi di un clima di tensione e di allarme sociale, oltrechè per evitare l’ingenerarsi di un senso di sfiducia nei confronti delle istituzioni educative.
D’altra parte, non può tacersi che in capo all’amministrazione scolastica è posto l’obbligo di garantire il servizio pubblico all’istruzione, il cui diritto deve essere esercitato in un clima il più possibile rispettoso delle regole, ciò in ossequio al superiore principio di buon andamento, ex art. 97 Cost.
Avv. Maria Elena Burgello
Funzionario presso l’Ufficio Scolastico Regionale per la Calabria