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DISABILITÀ: NOVITÀ SUL CONGEDO BIENNALE PER PARENTI E AFFINI ENTRO IL TERZO GRADO

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Un’importante sentenza della Consulta dichiara l’incostituzionalità dell’art. 42, comma 5, del Decreto Legislativo n. 151/2001, nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo biennale il parente o l’affine entro il 3° grado convivente, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti individuati dalla disposizione impugnata, idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave
BUONO SCONTOIntervenendo sul giudizio di legittimità costituzionale promosso dal Tribunale amministrativo regionale della Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, la Corte Costituzionale si è espressa con sentenza n. 203 del 3 luglio 2013 (depositata il 18 luglio) sull’incostituzionalità dell’articolo 42, comma 5, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53).
L’art. 42, comma 5, del d.lgs. n. 151 del 2001 rubricato «Riposi e permessi per i figli con handicap grave» prevede, nel testo attualmente in vigore, che: «Il coniuge convivente di soggetto con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi dell’articolo 4, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ha diritto a fruire del congedo di cui al comma 2 dell’articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53, entro sessanta giorni dalla richiesta. In caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del coniuge convivente, ha diritto a fruire del congedo il padre o la madre anche adottivi; in caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del padre e della madre, anche adottivi, ha diritto a fruire del congedo uno dei figli conviventi; in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei figli conviventi, ha diritto a fruire del congedo uno dei fratelli o sorelle conviventi».
I riferimento è al congedo biennale previsto per i lavoratori dipendenti per gravi e documentati motivi familiari.
Per la Consulta, è accoglibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 42, comma 5, del d.lgs. n.151 del 2001, nella parte in cui non include nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo l’affine di terzo grado convivente – nonché, per evidenti motivi di coerenza e ragionevolezza, gli altri parenti e affini più prossimi all’assistito, comunque conviventi ed entro il terzo grado – in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti indicati dalla legge secondo un ordine di priorità, idonei a prendersi cura della persona in situazione di disabilità grave, per violazione degli artt. 2, 3, 29, 32 e 118, quarto comma, della Costituzione.
Tenuto conto, infatti, dei principi costituzionali che il congedo straordinario concorre ad attuare, la limitazione della sfera soggettiva attualmente vigente può pregiudicare l’assistenza del disabile grave in ambito familiare, qualora nessuno di tali soggetti sia disponibile o in condizione di prendersi cura dello stesso.
L’obiettivo della dichiarazione di illegittimità costituzionale è, dunque, quello di consentire che, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti degli altri soggetti menzionati nella disposizione censurata, e rispettando il rigoroso ordine di priorità da essa prestabilito, un parente o affine entro il terzo grado, convivente con il disabile, possa sopperire alle esigenze di cura dell’assistito, sospendendo l’attività lavorativa per un tempo determinato, beneficiando di un’adeguata tranquillità sul piano economico.
“D’altra parte – precisa  la sentenza – occorre ricordare che il congedo straordinario di cui si discute è fruibile solo per l’assistenza alle persone portatrici di handicap in situazione di gravità debitamente accertata ai sensi degli artt. 3 e 4 della legge n. 104 del 1992, cioè a quelle che presentano una minorazione tale da «rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione”. E, inoltre, il legislatore ha già riconosciuto il ruolo dei parenti e degli affini entro il terzo grado proprio nell’assistenza ai disabili in condizioni di gravità, attribuendo loro il diritto a tre giorni di permessi retribuiti su base mensile, ai sensi dell’art. 33, comma 3, della legge n. 104 del 1992.
Da quanto sopra è evidente che l’ordinamento già assicura un rilievo giuridico ai legami di parentela e di affinità entro il terzo grado a determinati fini legati alla cura e all’assistenza di persone disabili gravi, qualora si verifichino alcune condizioni, che sono del tutto assimilabili a quelle stabilite dal legislatore per la fruizione del congedo straordinario retribuito di cui all’art. 42, comma 5, d.lgs. n. 151 del 2001.  E neppure si può comprendere, secondo la Corte, perché il riconoscimento dell’apporto dei parenti e degli affini entro il terzo grado all’assistenza dei disabili gravi debba essere circoscritto ai soli permessi di cui all’art. 33, comma 3 della legge n. 104 del 1992; “tale asimmetria normativa – conclude la sentenza – costituisce un ulteriore argomento a sostegno della dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’omessa menzione di tali soggetti tra quelli legittimati a richiedere il congedo straordinario disciplinato nella disposizione impugnata”.
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