Niente più lezioni al sabato, nelle scuole di Milano arriva la settimana corta: questione di spending review. «Bisogna risparmiare, mancano i soldi per il riscaldamento». Più che una proposta è una preghiera, quella lanciata dall’amministrazione provinciale, stretta fra i tagli agli enti locali e le spese per l’edilizia scolastica. Di ieri la circolare che ha per oggetto «spalmare l’orario scolastico su cinque giorni settimanali» inviata alle centosessanta scuole di città e provincia.
La nota arriva dalla Provincia, con il parere favorevole dell’Ufficio scolastico regionale. Nessun taglio di ore (già ridotte dalla riforma delle superiori) ma «una diversa articolazione dell’orario». Il provveditore Francesco De Sanctis approva e aggiunge: «Passaggio vantaggioso anche per la didattica, oltre che per le famiglie. E necessario allineamento all’Europa». E spiega. «Chiusura al sabato significa scuole più aperte gli altri giorni della settimana. I ragazzi potranno studiare più tempo insieme e riposare nel fine settimana, gioverà al fisico e alla mente».
Non soltanto. «A Milano l’orario su cinque giorni è consuetudine nelle scuole elementari e medie», scrive l’assessore all’Istruzione Marina Lazzati (Lega). Come dire: se la proposta passa vita semplificata per le famiglie che oggi hanno i figli piccoli a casa il sabato mentre i grandi sono a scuola.
Primi commenti fra i presidi milanesi. Favorevoli e contrari. «Richiesta ragionevole. E soluzione fattibile, visto che l’orario è sceso mediamente a trenta ore», dice Maria Concetta Guerrera, dirigente al liceo scientifico Leonardo da Vinci. «Gli studenti del biennio hanno già la settimana corta. E condivido la linea più vicina all’Europa di una scuola a tempo pieno». Tanti istituti a Milano sono aperti il sabato ma non per tutte le classi. «Da noi c’è lezione solo per tre, su 48», spiega Giovanni Gaglio, preside al liceo linguistico Agnesi. Ma i pareri sono diversi. «Tenere i ragazzi a scuola sei o sette ore al giorno? Io la chiamo molestia didattica» dice il preside del classico Berchet, Innocente Pessina. «Alcune classi del ginnasio sono già a casa il sabato, ma nel triennio è diverso: sette ore, con latino e greco, sono insostenibili. E al pomeriggio giusto lasciare i ragazzi a casa, per lo studio individuale, per fare sport, musica, volontariato». E ancora: «Le superiori non hanno la mensa. Dovrebbero mangiare al bar, o a casa dopo le tre».
La scadenza adesso è a fine mese, entro il 30 giugno le scuole dovranno girare a Provincia e provveditorato le delibere del consiglio d’istituto.
L’obiettivo è risparmiare almeno due milioni di euro. «Per riscaldamento e luce abbiamo messo a bilancio 34 milioni di euro, l’anno scorso erano 37», è il dato di partenza dell’amministrazione. «E il cambiamento avrebbe una ricaduta positiva anche sull’ambiente, per risparmio energetico e riduzione del traffico», sostiene l’assessore.
Dibattito aperto. «Così la scuola è ridotta a semplice costo per la collettività», il commento del consigliere regionale del Pd, Fabio Pizzul. «Proposta necessaria e si assecondano le esigenze delle famiglie», per il presidente della Provincia Guido Podestà (Pdl).
Osservazioni del sociologo Mauro Magatti. «Scelta improvvida intervenire sull’organizzazione delle famiglie e della città per una riduzione dei costi». E nel merito. «La soluzione è allungare l’orario a sei ore? All’estero le scuole hanno spazi e strutture diversi, hanno mense, giardini, palestre». Per il professore dell’università Cattolica la settimana corta può essere un’opportunità. «Ma l’intervento sia più articolato, su strutture, didattica, modelli di insegnamento».
Federica Cavadini