Il recente Convegno Nazionale dei Dirigenti Scolastici della FLC (Senigallia, 8-9 maggio) – organizzato assieme a Proteo Fare Sapere – su “Arrestare il declino / costruire il futuro”, si è interrogato quest’anno, in modo particolare, sul tema della gestione unitaria delle scuole come funzione / potere del Dirigente Scolastico (DS) e sull’abbinamento gestione unitaria – equità del sistema .
Aver riportato in primo piano questa questione, generalmente poco considerata nei percorsi di formazione e nelle ricerche sul profilo del DS, penso costituisca un titolo di merito del Convegno
Qui se ne vogliono riproporre alcuni spunti per una riflessione allargata.
Parto dall’abbinamento: gestione unitaria – equità del sistema e quindi dal richiamo alla Costituzione, per legittimarlo, che si è fatto in più interventi (il primo dei quali della professoressa Anna Maria Poggi).
Il nesso e il senso
Penso che non sia una forzatura ancorare l’equità del sistema scuola alla gestione unitaria delle Istituzioni Scolastiche (IS) – che il DS deve assicurare (D.vo 165/2001, art. 25).
Basti considerare soprattutto l’art. 3 (comma 2) della nostra Costituzione: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana …”.
Compito che la Repubblica è chiamata a portare a termine attraverso le sue articolazioni e le sue istituzioni. E la scuola è una di queste.
Per coglierne il nesso sopra richiamato è però necessario preliminarmente intenderci sul senso di gestione unitaria. Il primo e più immediato è probabilmente quello di complesso di operazioni – nelle varie aree in cui si articola il servizio scolastico – necessario ad un funzionamento delle scuole che si caratterizzi per alcune scelte fondamentali, quali:
– fare in modo che le risorse professionali e le opportunità formative si distribuiscano in modo equo ed equilibrato tra classi, indirizzi, corsi;
– contrastare l’uso di criteri e modalità valutative sperequati e ingiustamente difformi.
Il funzionamento atteso da una gestione unitaria ha quindi come bussola la produzione di un servizio che garantisca a tutti educazione, formazione e istruzione di eguali opportunità.
Impedimenti “interni” e impedimenti “di sistema”
Il Dirigente Scolastico è, come si è detto, la figura individuata dal legislatore per assicurare, dentro le IS a lui affidate, una gestione unitaria che renda possibile, per quanto nelle sue facoltà, la realizzazione di questo compito.
Ma la domanda oggi è: è possibile, nella situazione attuale, assicurare una gestione unitaria delle IS?
Non basta certo a garantirla il criterio di formare le classi in modo equieterogeneo – come si dice – e costruire consigli di classe il più possibile equilibrati, distribuendo in modo mirato gli insegnanti. Cose che normalmente si fanno.
Nel suo lavoro quotidiano, non pochi sono gli impedimenti che il DS incontra nell’esercizio di questa sua funzione, collocata non a caso in primo piano nel comma citato.
Molti di questi risalgono a mali oscuri e lontani del nostro sistema. Cito quelli più eclatanti:
– la precarietà di una fetta comunque significativa di docenti che è calvario per le scuole e le famiglie e per i lavoratori che ne sono vittime;
– forme di reclutamento che negli ultimi decenni non sempre hanno premiato la preparazione , né hanno messo in primo piano i requisiti di base indispensabili per questo mestiere;
– la forte disomogeneità nella formazione e motivazione dei docenti di ruolo, dovuta a politiche di sviluppo e valorizzazione del personale a dir poco vergognose.
C’è poi un problema tutto interno al pianeta scuola (e alla componente docente in particolare), che è frutto di una cultura del lavoro in cui la dimensione cooperativa e la responsabilità collettiva e dei singoli, rispetto agli esiti di apprendimento, sono, di fatto, impedite da una visione professionale diffusamente autoreferenziale. È in ragione di tale visione – riconducibile a una libertà di insegnamento e a un’autonomia professionale malamente intese – che i traguardi formativi comuni vengono vissuti come puri optional.
Agli ostacoli sopra riportati vanno poi aggiunti – oltre alla mancanza di un sistema LEP (Livelli essenziali di Prestazioni) e a forme di dimensionamento spesso demenziali delle IS – impedimenti pesanti come
il frequentissimo ricorso alle reggenze, negli anni recenti, per sopperire alle negligenze sul reclutamento dei Dirigenti. Una misura sciagurata che si tende addirittura a istituzionalizzare.
Il coordinamento interno come funzione privilegiata
Se questa analisi è condivisibile, conseguente è l’interrogativo su misure e comportamenti che permettano di superare tali impedimenti.
Qui si vuol circoscrivere la riflessione al superamento dei soli ostacoli interni alle scuole e quindi alle misure e strumenti organizzativi che siano garanzia per l’unitarietà di gestione come indicatore di equità.
Ritengo che lo strumento privilegiato della gestione unitaria non possa che essere dato dal “potere autonomo” di coordinamento. Da coniugare opportunamente con gli altri due “poteri autonomi” riconosciuti al DS (direzione e valorizzazione delle risorse) col passaggio all’autonomia scolastica.
Si può immaginare infatti una gestione unitaria senza attività di coordinamento (diretto o “distribuito”) ai vari livelli?
Coordinamento che Sergio Auriemma definisce, non a caso, come “la più pregnante e moderna ed efficace figura organizzatoria”, perché – interpreto (comunque è la mia idea) – connota la stessa “direzione”, almeno sotto il versante educativo e didattico – organizzativo, non come forma di potere da esercitare in solitudine e “managerialmente”, ma, in buona sostanza, come leadership democratica e, al tempo stesso, strategica.
Leadeship che si esprime con / attraverso figure di coordinamento delle varie articolazioni del CD (dipartimenti, CdC…..) – oltre che di quelle di presidio relativo ad ambiti organizzativi interni (orientamento, scuola lavoro, formazione …) -.
Ma il livello più alto di gestione unitaria e leadership democratica è forse quello che si può realizzare dentro un modello organizzativo (quello ipotizzato per esempio da Piero Romei) che faccia perno su una équipe di direzione di cui siano parte integrante tutte le figure di organizzazione dell’Istituto (quindi, non solo i collaboratori del DS, ma anche le Funzioni Strumentali, i coordinatori di Area – assi culturali, area comune, area di indirizzo -, i coordinatori delle fasce di classi parallele …).
Ovviamente, modelli organizzativi di questa natura non possono opacizzare le funzioni del DS in quanto responsabile dei risultati e, come tale, non solo impegnato a orientare a questi le attività didattiche dei docenti, ma anche a vigilare e controllare che ciascuno faccia la sua parte e a intervenire disciplinarmente nei casi di inadempienza.
Se queste considerazioni hanno un senso, probabilmente il secondo comma dell’articolo 25 del D.L.vo 165 andrebbe riscritto in modo tale da evidenziare che l’intreccio dei tre “poteri” è soprattutto funzione della gestione unitaria dell’IS.
Poteri che di fatto poi si configurano soprattutto (e questo vale in primo luogo per il coordinamento) come risultato della legittimazione che al DS deriva dal ruolo formalmente riconosciuto non solo da quello che dice la norma, ma anche da come la scuola è organizzata e dai risultati che ne conseguono.
E questo riporta in primo piano la questione della formazione e autoformazione dei DS e quindi delle competenze e dei comportamenti professionali su cui esercitare una manutenzione continua (soprattutto in rapporti tra pari che anche un’amministrazione saggia dovrebbe tendere a favorire).
Impegnarsi comunque in prima persona su tali terreni specifici, non può certo, comunque, significare disimpegno rispetto a tutti gli impedimenti “di sistema” sopra ricordati. Nei confronti dei quali l’attenzione e capacità di proposta non può essere secondaria, data la rilevanza delle sue ricadute sulla vita delle scuole.