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I TAR contro il numero chiuso: decine gli studenti ammessi

1898

Sono circa 20 le ordinanze di sospensiva pronunciate tra fine dicembre e la prima settimana di gennaio da diversi TAR italiani che hanno ammesso “con riserva” all’università decine distudenti esclusi dai test d’ammissione a numero chiusoin primis da medicina e chirurgia. Ritorna dunque di grandissima attualità la riforma della legge sul numero chiuso, sul quale pende come una spada di Damocle la decisione della Corte Costituzionale.

Lo scorso giugno infatti, il Consiglio di Stato  con ordinanza n. 3541/2012 ha rinviato alla Corte Costituzionale la legge n. 264 del 1999 istitutiva del numero chiuso a livello nazionale nelle facoltà di Medicina, Odontoiatria, Veterinaria, Architettura e per le c.d. Professioni sanitarie, per presunta violazione degli artt. 3, 34 e 97 della Costituzione. A fronte di una prova unica nazionale, con 80 quesiti, i giudici reputano infatti che “l’ammissione al corso di laurea non dipende in definitiva dal merito del candidato, ma da fattori casuali e affatto aleatori legati al numero di posti disponibili presso ciascun Ateneo e dal numero di concorrenti presso ciascun Ateneo, ossia fattori non ponderabili ex ante”.
Il Ministro Profumo tuttavia tenta di correggere il tiro e con il DM 28 giugno 2012 n. 196, introduce 12 graduatorie “territoriali” accorpando le università.  Ma secondo i giudici amministrativi neanche questo basta per evitare disparità di trattamento tra i cittadini italiani: di fatto un ragazzo estromesso da una graduatoria territoriale con un certo punteggio sarebbe stato ammesso con lo stesso punteggio in un’altra graduatoria accorpata di altre università.
E sono questi gli aspetti sui quali si stanno pronunciando i vari TAR, tra cui per ultimo il Tar del Lazio lo scorso 21 dicembre (vedi ex multis ordinanze n. 47364744 e 4751). I giudici di Roma hanno ammesso con riserva e in soprannumero nei rispettivi atenei gruppi di studenti di Milano, Firenze, Parma, e Messina esclusi per il punteggio troppo basso, e fuori dai posti messi a concorso, ma che con lo stesso punteggio sarebbero stati ammessi alla Sapienza di Roma.

Ma altri sono anche i profili di illegittimità che i TAR nelle scorse settimane hanno riscontrato durante le prove d’ammissione. A Campobasso il locale Tar ha annullato la graduatoria del test di ammissione a Medicina per l’intera macroarea  –  Campobasso, Bari e Foggia  –  perché la Commissione avrebbe richiesto ai candidati di lasciare sul banco la carta d’identità accanto al codice della prova, consentendone l’identificazione. Inoltre, il Cineca  –  il consorzio di atenei che cura le selezioni a livello nazionale  –  non avrebbe compilato nessun verbale. In tre regioni Abruzzo, Marche e Sardegna i Tar hanno fatto rientrare dalla Romania, dalla Spagna e dal Belgio, gli studenti di Medicina costretti ad emigrare all’estero a causa del numero chiuso. Il Tar di Firenze ha inoltre ammesso quasi 200 ricorrenti a Ingegneria dell’ateneo di Pisa dove, a parere degli studenti, il numero chiuso sarebbe stato introdotto “illegittimamente”. A Cosenza e l’Aquila è saltato il numero chiuso a Scienze della formazione, che prevede un punteggio minimo di ammissione anche se tutti i posti non vengono coperti. Secondo il Tar Lazio se i posti ci sono vanno occupati anche se i concorrenti non hanno raggiunto la soglia minima di accesso.

E’ stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n.2 del 9-1-2013 l’ordinanza del 18 giugno 2012 di rimessione alla Corte Costituzionale emessa dal Consiglio di Stato sul ricorso concernente la legittimità dell’ammissione ai corsi di laurea a programmazione nazionale che si svolgano sulla base di una prova predisposta dal Ministro dell’universita’ e della ricerca, uguale per tutte le universita’ e da tenersi lo stesso giorno in tutta Italia. In particolare nell’appello principale proposto dal Ministero dell’universita’  e  della  ricerca si lamenta l’illegittimità della previsione di graduatorie plurime, per singoli Atenei, anziche’ di una graduatoria unica nazionale, l’irragionevolezza della previsione e la violazione del diritto allo studio e del diritto dei piu’ meritevoli a raggiungere i piu’ alti gradi degli studi. Il Ministero lamentava anche la violazione dei principi di imparzialita’ e buon andamento della pubblica amministrazione, la esione di obblighi internazionali derivanti dalla CEDU, la violazione della Legge 2 agosto 1999, n. 264, art. 4, comma 1, degli artt. 3, 34, 97 e 117, primo comma della Costituzione in relazione all’art. 2 del Protocollo addizionale della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea di Nizza, art. 14.

Sul punto, leggi anche:

Numero chiuso medicina, rischio implosione!

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Numero chiuso medicina, tempo di ricorsi

Numero chiuso all’università:la speranza degli studenti

 

Di seguito il testo dell’ordinanza con sentenza parziale emessa dal Consiglio di Stato lo scorso 18 giugno 2012:

 

IL CONSIGLIO DI STATO 

    Ha pronunciato la presente ordinanza con sentenza parziale: 
        1) sull'appello principale numero di registro  generale  5472
del 2008, proposto dal Ministero dell'universita' e della  ricerca  e
dall'Universita' degli  Studi  di  Bologna  "Alma  Mater  Studiorum",
rappresentati e  difesi  per  legge  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato, domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12; 
    Contro Lorenzo Gasperoni e Maria Carla Mazzotti, rappresentati  e
difesi  dagli  avv.  Andrea  Fornasari,  Michele  Bonetti,   Cristina
Rimondi, con domicilio eletto presso Michele Bonetti in  Roma,  viale
Angelico 97; 
        2) sull'appello  principale  proposto  da  Giovanna  Accolti,
Niccolo'  Principi,  Irene  Sgambaro,  Margherita  Tiezzi,  Valentina
Valpiani e Claudia Zanetti, rappresentati e difesi dagli avv.  Andrea
Fornasari, Michele Bonetti, Cristina Rimondi,  con  domicilio  eletto
presso Michele Bonetti in Roma, viale Angelico 97; 
    Contro il Ministero  dell'istruzione,  dell'universita'  e  della
ricerca,  e  l'Universita'  degli  studi  di  Bologna   "Alma   Mater
Studiorum", in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica
e nei confronti di Davide Campagna  entrambi  per  la  riforma  della
sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA - BOLOGNA, SEZIONE I n. 1773/2008,
resa tra le parti, concernente diniego  di  ammissione  al  corso  di
laurea specialistica a ciclo unico medicina e chirurgia. 
    Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati; 
    viste le memorie difensive; 
    visti tutti gli atti della causa; 
    relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 giugno 2012 il  Cons.
Rosanna  De  Nictolis  e  udito  per  le  amministrazioni  appellanti
l'avvocato dello Stato Fedeli. 
    1. Con ricorso di primo grado al  Tar  Emilia  Romagna,  sede  di
Bologna, notificato l'11 ottobre 2007 i signori  Accolti,  Gasperoni,
Mazzotti, Principi, Sgambaro, Mezzi, Valpiani e Zanetti  (insieme  ad
altri 3 soggetti che non sono parti del presente giudizio di appello)
hanno impugnato la graduatoria delle prove selettive per l'ammissione
alla facolta' di medicina e chirurgia dell'Universita' di Bologna per
l'anno  accademico  2007/2008,  in  cui  non  si  sono  collocati  in
posizione utile. 
    1.1.   Hanno   sostenuto    l'illegittimita'    dell'annullamento
ministeriale di due degli ottanta quesiti (il n.  71  e  il  n.  79),
l'irregolare  svolgimento   delle   prove,   l'illegittimita'   della
previsione di graduatorie diversificate per singole facolta'. 
    1.2. Con successivi motivi aggiunti al ricorso  di  primo  grado,
notificati il 9  novembre  2007,  hanno  proposto  ulteriori  censure
contro la graduatoria e l'annullamento ministeriale dei quesiti 71  e
79; hanno contestato anche i quesiti 9,  13  e  14;  hanno  impugnato
altresi' il d.m. 17 maggio 2007 e il d.m. 19 giugno 2007. 
    1.3. Con un secondo atto di motivi  aggiunti,  notificato  il  21
gennaio 2008, e' stato impugnato il d.m. 21 novembre 2007 con cui  il
Ministero dell'universita' e della ricerca ha confermato gli  atti  e
le operazioni del procedimento di correzione  degli  elaborati  sulla
base di 78 anziche' di 80 quesiti. 
    1.4. Nel corso del giudizio di primo grado era stata  accolta  la
domanda cautelare limitatamente ai candidati Gasperoni e Mazzotti, ma
il Consiglio di Stato riformava il provvedimento cautelare  di  primo
grado, con ordinanza della VI sezione n. 1092/2008. 
    2. Il Tar adito, con  la  sentenza  in  epigrafe  (Tar  Emilia  -
Romagna, Bologna, sez. I, 8 maggio 2008 n. 1773): 
        - ha dichiarato-inammissibile il ricorso di primo  grado  per
genericita' e per conflitto di interesse, essendo stato  proposto  da
11 candidati senza indicare le rispettive posizioni e  il  rispettivo
interesse  all'annullamento  della  sola  graduatoria  o  dell'intera
procedura; 
        - ha esaminato il primo  motivo  del  primo  atto  di  motivi
aggiunti, in relazione al quale ha rilevato  che:  l'ultimo  soggetto
collocato in posizione  utile  in  graduatoria  (al  335°  posto)  ha
conseguito 47 punti; dei candidati ricorrenti, gli unici che, con  la
prova  di  resistenza,  ove  fosse  fondato  il  ricorso,  potrebbero
raggiungere o superare tale punteggio,  sono  Santucci,  Gasperoni  e
Mazzotti; sicche' tutti gli altri non  hanno  interesse  al  ricorso;
quanto, poi, alla Santucci, non  avendo  risposto  al  quesito  71  e
avendo dato risposta esatta ai quesiti 13 e 14, non  ha  del  pari  a
dolersi  dell'annullamento  del  primo  e  degli  asseriti  vizi  dei
secondi; i candidati  Gasperoni  e  Mazzotti,  avendo  dato  risposta
esatta al quesito 71, hanno interesse a dolersi del suo annullamento;
l'annullamento del quesito 71 (motivato in base al rilievo che  erano
due le possibili risposte esatte) secondo il Tar sarebbe  illegittimo
perche' ha leso l'affidamento di coloro che vi avevano dato  risposta
esatta; 
        - ha respinto il secondo motivo  del  primo  atto  di  motivi
aggiunti, con cui si censurava il sistema di graduatorie separate  in
luogo di una unica nazionale; 
        - ha ritenuto fondato il secondo atto di motivi aggiunti, nei
limiti in cui ha accolto il primo  atto  di  motivi  aggiunti,  ossia
limitatamente alla posizione dei candidati Gasperoni e Mazzotti. 
    3.  La  sentenza  e'  stata  gravata  -  anzitutto  con   appello
principale  del  Ministero  dell'universita'  e   della   ricerca   e
dell'Universita' di Bologna, notificato ai soli candidati Gasperoni e
Mazzotti. 
    3.1. E' stato  poi  proposto  un  secondo  appello  (qualificato:
ricorso in appello contenente motivi aggiunti) proposto  dai  signori
Giovanna  Accolti,  Niccolo'  Principi,  Irene  Sgambaro,  Margherita
Tiezzi, Valentina Valpiani e Claudia Zanetti. 
    3.2. Tale secondo appello, confluito nel medesimo  fascicolo  del
primo appello principale, va qualificato come  appello  principale  e
non  come  appello  incidentale,  atteso  che  l'appello  incidentale
presuppone la ricevuta notifica dell'appello  principale,  che  nella
specie non vi e' stata. 
    4. La domanda cautelare di sospensione della  sentenza,  proposta
con il primo appello principale, e' stata accolta,  e  per  l'effetto
nessuno dei candidati ricorrenti in primo grado e' stato  ammesso  al
corso di laurea. 
    5. I due appelli principali devono essere riuniti, essendo  stati
proposti avverso la medesima sentenza. 
    6. Nell'ordine logico delle  questioni  va  esaminato  per  primo
l'appello principale delle Amministrazioni (Ministero e Universita'). 
    6.1. Si contesta il capo di sentenza che ha ritenuto  illegittimo
l'annullamento in autotutela del quesito 71. 
    Si osserva che tale quesito era  errato  perche'  consentiva  due
risposte esatte, e pertanto era in contrasto con l'art. 3,  comma  2,
d.m. 17 maggio 2007, a tenore del quale i quesiti a risposta multipla
devono consentire una sola risposta esatta tra le cinque proposte. 
    Non sarebbe stata lesa la par condicio, perche' l'annullamento in
autotutela ha avuto effetti per tutti i concorrenti. 
    L'annullamento in autotutela mirerebbe anche a  neutralizzare  il
rischio che, essendovi piu'  di  una  risposta  esatta,  la  risposta
esatta in concreto sia stata frutto del caso  e  non  di  una  scelta
consapevole. 
    La sentenza viene contestata anche laddove afferma che le singole
commissioni  avrebbero  potuto  risolvere  l'anomalia   del   quesito
applicando le regole di ermeneutica contrattuale. 
    7. L'appello delle Amministrazioni e' fondato. 
    7.1. Dispone l'art. 3, commi 1 e 2, d.m. 17 maggio  2007:  "Prova
di ammissione ai corsi di laurea specialistica/magistrale in medicina
e chirurgia,  in  odontoiatria  e  protesi  dentaria  e  in  medicina
veterinaria. 
    1. Per l'accesso ai corsi di laurea  specialistica/magistrale  in
medicina e  chirurgia,  in  odontoiatria  e  protesi  dentaria  e  in
medicina veterinaria, le relative prove di ammissione,  di  contenuto
identico sul territorio nazionale,  sono  predisposte  dal  Ministero
dell'universita'  e  della  ricerca  avvalendosi  di   una   apposita
commissione di esperti, costituita con decreto ministeriale che opera
in conformita' dei commi seguenti. 
    2. La prova di ammissione per l'accesso a ciascun corso di laurea
specialistica/magistrale, di cui al comma precedente, consiste  nella
soluzione di ottanta quesiti a risposta multipla,  di  cui  una  sola
esatta ha le cinque indicate su argomenti di: 
        - logica e cultura generale; 
        - biologia; 
        - chimica; 
        - fisica e matematica". 
    Costituisce pertanto prescrizione imperativa quella  secondo  cui
ogni quesito deve prevedere una sola risposta esatta  tra  le  cinque
proposte. Ne consegue che sono illegittimi non solo i quesiti che non
prevedono nessuna risposta esatta, ma anche quelli che prevedono piu'
di una risposta esatta. 
    L'annullamento di tali quesiti in via di autotutela, deve  essere
vagliato  alla  luce  dei  consueti  canoni  dell'interesse  pubblico
concreto  e  attuale  all'annullamento  di   atto   illegittimo,   al
ragionevole  lasso  temporale,  alla  valutazione   comparativa   dei
contrapposti interessi (art. 21-nonies, l. n. 241 del 1990). 
    Tali canoni sono stati pienamente rispettati, in quanto: 
        - vi e' l'illegittimita' dell'atto; 
        - vi e' l'interesse pubblico concreto e attuale  a  rimuovere
l'illegittimita',  e  il  rispetto  di  un  termine  ragionevole  per
l'esercizio dell'autotutela, atteso che al momento  dell'annullamento
in autotutela la procedura era in corso; 
        - vi e' stata  una  corretta  valutazione  comparativa  degli
interessi pubblico e privati, perche' un quesito con  una  pluralita'
di risposte esatte altera  la  correttezza  della  prova  concorsuale
(atteso che aumenta il rischio di una risposta casuale che si  riveli
esatta), e per l'effetto la par condicio tra i concorrenti. 
    Ne' puo' ritenersi  che  debba  essere  tutelato  il  ragionevole
affidamento di chi ha dato al  quesito  71  una  delle  due  risposte
esatte, perche' non puo' esserci ragionevole affidamento a fronte  di
un quesito che prevede piu' di una risposta esatta. 
    Va poi considerato che a fronte di uno o piu'  quesiti  inesatti,
l'amministrazione,  nell'esercizio   discrezionale   del   potere   d
autotutela, ha in teoria due alternative: annullare  solo  i  quesiti
inesatti, annullare l'intera prova concorsuale. 
    Siffatta  scelta  costituisce  merito  amministrativo  e  implica
valutazioni   di    opportunita'    riservate    all'amministrazione,
sindacabili  in  sede  giurisdizionale  solo  in  caso  di  manifesta
irragionevolezza o travisamento. 
    A fronte di un numero limitatissimo di quesiti erronei (nel  caso
di specie due su ottanta) appare del tutto ragionevole la  scelta  di
non inficiare l'intera procedura, ma solo i quesiti inesatti,  scelta
coerente con il principio di  conservazione  degli  atti  (utile  per
inutile non vitiatur), con il principio  di  tutela  dell'affidamento
della massa di candidati che hanno partecipato alla procedura  e  che
la   hanno   superata,   con   il   principio   di   buon   andamento
dell'amministrazione. 
    Va per l'effetto accolto l'appello delle Amministrazioni. 
    8. Occorre a questo punto passare all'esame del  secondo  appello
principale, autoqualificato "ricorso  in  appello  contenente  motivi
aggiunti". 
    8.1. Alla pubblica udienza del  5  giugno  2012  il  Collegio  ha
rilevato d'ufficio, dandone atto a verbale  ai  sensi  dell'art.  73,
comma 3, cod. proc. amm.,  l'inammissibilita'  di  taluni  motivi  di
appello perche' nuovi o perche' generici. 
    Ritiene il Collegio, in dettaglio, che vada dichiarata: 
        a) l'inammissibilita' di motivi proposti per la  prima  volta
in appello (pagg. 14-16 e pagg. 23-30 dell'atto di appello); 
        b) l'inammissibilita' della  mera  riproposizione  di  motivi
primo grado senza critica alla sentenza (da pag. 7 a pag. 13, da pag.
16 a pag. 23, da pag. 31 a pag. 33 dell'atto di appello); 
        c)  l'inammissibilita'  della  proposizione  di   un   motivo
aggiunto in appello (da pag. 36 a pag. 41 dell'atto di appello). 
    Il  Collegio  ha  in  conclusione  rilevato  che   l'appello   e'
ammissibile solo a pag. 14  (dove  si  lamenta  il  vizio  di  omessa
pronuncia) e da pag. 33 a pag.  36  (dove  si  ripropone  il  secondo
motivo del primo atto di motivi aggiunti in primo grado). 
    9. Da pag. 7 a pag. 13 di tale atto di appello  viene  riproposto
in toto l'originario ricorso di primo grado. 
    A pag. 14 viene riproposto il primo motivo del ricorso  di  primo
grado. 
    Inoltre da pag. 31 a  pag.  33  viene  riproposto  tal  quale  il
secondo motivo dell'originario ricorso di primo grado. 
    A pag. 33 viene riproposto il terzo motivo del ricorso  di  primo
grado. 
    9.1.  Tuttavia,  l'intero  ricorso  di  primo  grado   e'   stato
dichiarato inammissibile dal Tar, e non vi e' alcuna  critica  contro
tale capo di sentenza. 
    Sicche' l'atto di appello e' inammissibile da pag. 7 a  pag.  13,
nonche'  a  pag.  14,  a  pag.  31  e  a  pag.  33   dove   contiene,
rispettivamente, riproposizione del primo, secondo e terzo motivo del
ricorso introduttivo di primo grado. 
    9.2. Solo per completezza il Collegio osserva  che  correttamente
il Tar ha dichiarato  inammissibile  l'originario  ricorso  di  primo
grado,  perche'  proposto  collettivamente  senza  indicazione  della
posizione specifica di ciascuno. 
    Questo Consesso ha infatti gia' statuito, proprio con riguardo  a
ricorsi in materia di procedure per l'ammissione a corsi di laurea in
caso di cosi' detto numero chiuso, che la presentazione di un gravame
da parte di un gran numero di ricorrenti, che non specifichino,  come
nella fattispecie, le singole e concrete posizioni legittimanti  e  i
presupposti dell'azione, e quindi ne' l'esito  delle  prove,  ne'  il
punteggio singolarmente riportato, ne', addirittura, l'ateneo  presso
il  quale  hanno  sostenuto  la  prova  e  la  specifica  graduatoria
impugnata, priva il giudice  della  possibilita'  di  controllare  la
concreta  e  individuale  pretesa  vantata  dai  singoli  e,  quindi,
l'effettiva  sussistenza  delle  condizioni  di  ammissibilita'   del
ricorso, anche alla luce del  principio  del  contraddittorio  e  con
particolare  riguardo  all'effettiva  esistenza   di   un   interesse
ristorabile per effetto dell'accoglimento delle pretese fatte  valere
in giudizio (per tutte, Cons. St., sez. VI, 4 febbraio 2008, n.  301;
Id., 6 aprile 2009 n. 2127). 
    10. A pag. 14 dell'atto di appello, poi, si lamenta  che  il  Tar
avrebbe omesso di motivare in ordine all'implicito rigetto dei motivi
di ricorso rivolti contro i plurimi quesiti errati,  irragionevoli  o
contenenti plurime risposte esatte. 
    10.1. Le censura e' in fondata. 
    Infatti  il  Tar,  con  riguardo  alla  posizione  degli  odierni
appellanti, ha reso una pronuncia di difetto di interesse, sulla base
di una prova di resistenza, atteso che in base  alla  stessa  tabella
prodotta in primo grado dai ricorrenti, risulta che gli stessi, anche
con l'aggiunta di ulteriori punti, non raggiungerebbero  i  47  punti
necessari  per  l'ammissione  in  graduatoria  (47  e'  il  punteggio
dell'ultimo  classificato  in  posizione  utile   nella   graduatoria
dell'Universita' di Bologna). 
    11. A pag. 14 dell'appello si  assume  che  in  base  ai  criteri
prestabiliti, degli 80 quesiti  13  avrebbero  dovuto  attenete  alla
materia fisica e matematica. Con l'annullamento di due quesiti,  solo
11 attengono alla materia fisica e  matematica,  con  violazione  dei
detti criteri. 
    Si lamenta poi la violazione del diritto allo studio ex  art.  34
Cost. 
    11.1.  Entrambi  tali  due  censure  sono  inammissibili  perche'
proposte per la prima volta in appello. 
    12. Da pag. 16 a pag. 30 dell'atto di appello viene riproposto il
primo motivo aggiunto del primo ricorso di  primo  grado,  e  vengono
addotti a suo sostegno argomenti ulteriori tratti  da  giurisprudenza
del Tar Lazio. 
    12.1. La pura e semplice riproposizione del primo motivo aggiunto
al ricorso di primo grado, senza alcuna  critica  alla  sentenza,  e'
inammissibile, dovendo i motivi di' appello essere  specifici  (Cons.
St., ad. plen., n. 10/2011). 
    Peraltro nel caso di specie il Tar ha dichiarato,  nei  confronti
degli odierni appellanti, inammissibile il  primo  motivo  del  primo
atto di motivi aggiunti, per  mancato  superamento  della  prova  di'
resistenza, e tale capo di inammissibilita' non viene in  alcun  modo
contestato con l'atto di appello. 
    13. Inoltre da pag. 23 a pag. 30  nella  misura  in  cui  vengono
riportati gli argomenti della sentenza del  Tar  Lazio  -  Roma  sez.
III-bis, n. 5986/2008, che non riguarda il presente  contenzioso,  si
introducono motivi del tutto nuovi non proposti in prime cure. 
    Non senza considerare (ad abundantiam) che la  invocata  sentenza
del Tar Lazio - Roma sez. III-bis, n. 5986/2008  e'  stata  annullata
senza rinvio dalla sentenza del Cons. St., sez. VI, 6 aprile 2009  n.
2127 (che ha dichiarato  inammissibile  il  ricorso  di  primo  grado
proposto al Tar Lazio), e pertanto, non esistendo piu' nel mondo  del
diritto, non costituisce precedente utile. 
    14. Da pag. 33 a pag. 36 viene contestato il capo di sentenza che
ha respinto il secondo motivo del primo atto di motivi aggiunti. 
    14.1.  Il  Tar  ha  ritenuto  legittimo  che  in  luogo  di   una
graduatoria  unica  nazionale  siano  state  predisposte  graduatorie
singole per ciascuna sede universitaria, ancorche' sulla base di  una
prova nazionale unica, perche'  in  tal  modo  si  privilegerebbe  la
scelta di ciascuno studente per singoli Atenei. 
    14.2. Parte appellante critica tale capo di  sentenza  osservando
che il sistema delle graduatorie plurime in  luogo  di  quella  unica
comporta che in alcuni Atenei vengono  esclusi  candidati  che  hanno
riportato un  punteggio  maggiore  rispetto  a  quello  di  candidati
ammessi in altri Atenei. 
    Esemplificando, mentre a Bologna sono stati  necessari  47  punti
per il collocamento utile in  graduatoria,  a  Sassari  ne  sarebbero
stati sufficienti 37, a Napoli  40,75;  vengono  menzionati  altri  4
Atenei (Brescia, Firenze, Roma Tor Vergata, Siena) in cui sono  stati
collocati in posizione utile candidati con meno di 47 punti. 
    Assume l'appellante che se anche  il  sistema  della  graduatoria
unica puo' creare problemi organizzativi, sarebbe  un  criterio  piu'
ragionevole cd equo, e lo stesso legislatore ha scelto  tale  sistema
per i concorsi pubblici quale quello in magistratura,  e  in  passato
per  le  prove  di  ammissione  per  l'accesso   alla   facolta'   di
odontoiatria. 
    Il modesto beneficio di scegliere la sede non sarebbe comparabile
con quello ben maggiore di rientrare in graduatoria, ancorche' in una
sede meno gradita. 
    Sarebbero percio' violati gli artt. 3 e 34 Cost. 
    15. In relazione a tale mezzo e' rilevante e  non  manifestamente
infondata la questione di legittimita' costituzionale nei termini che
si vanno ad esporre. 
    15.1. La legge 2 agosto  1999,  n.  264  detta  disposizioni  per
l'accesso   ai   corsi   universitari,   indicando   per   quali   la
programmazione e' stabilita a livello statale (art. 1) e per quali  a
livello universitario (art. 2). 
    Si prevede inoltre che le prove di  ammissione  si  svolgono,  in
entrambi i casi, presso i singoli Atenei; peraltro per alcuni corsi a
programmazione statale [quelli di cui all'art. 1, lett. a) e 13)] tra
cui quello di medicina e chirurgia, rilevante  nel  caso  di  specie,
spetta al Ministero stabilire i contenuti delle prove di  ammissione,
dunque con una prova unica nazionale che si svolge contemporaneamente
presso i singoli Atenei. 
    In sintesi, ferma la unicita' delle prova, essa si svolge  presso
i singoli Atenei, e il collocamento in  posizione  utile  avviene  in
singole  graduatorie  anziche'  in  una  graduatoria  unica.  Con  la
conseguenza che il collocamento in posizione utile  dipende  sia  dal
numero di posti disponibili presso ciascun Ateneo, sia dal numero  di
concorrenti presso ciascun Ateneo, e dunque  puo'  accadere  che,  se
presso un Ateneo e' maggiore il numero dei posti, o minore il  numero
dei concorrenti, e' sufficiente, per il collocamento in  graduatoria,
un punteggio inferiore rispetto a quello necessario in altro Ateneo. 
    15.2.  Parte  appellante  sostiene  che  tale   sistema   sarebbe
irrazionale, per disparita' di trattamento,  perche'  gli  appellanti
avrebbero conseguito un punteggio maggiore di quello sufficiente,  in
Atenei diversi da Bologna, per essere collocati in posizione utile. 
    Sicche',  il  sistema  normativo  avrebbe  dovuto  prevedere  una
graduatoria unica nazionale. 
    15.3. La censura proposta appare diretta,  piuttosto  che  contro
provvedimenti amministrativi, contro la stessa legge, art. 4  citato,
di cui i provvedimenti impugnati sono mera attuazione. 
    La censura si traduce dunque in una critica alla legge, e puo' in
astratto  trovare   ingresso   solo   se   si   ravvisino   vizi   di
incostituzionalita' della disposizione. 
    La scelta tra graduatoria  unica  e  graduatorie  di  Ateneo  per
l'ammissione ai corsi  di  laurea  a  numero  chiuso  e'  una  scelta
discrezionale  riservata  all'Amministrazione  e,  prima  ancora,  al
legislatore, e non e' sindacabile se non si ravvisano vizi di  palese
illogicita', irrazionalita', travisamento, disparita' di trattamento,
difetto di proporzionalita'. 
    15.4. Tali vizi ad avviso del Collegio sussistono. 
    15.5. La prospettata questione di legittimita' costituzionale  e'
rilevante  ai  fini  del  giudizio  in  corso,  perche'  se   accolta
comporterebbe  raccoglimento  dell'appello   quanto   meno   per   la
concessione del risarcimento del danno per equivalente (atteso che il
decorso del tempo ha  fatto  verosimilmente  venir  meno  l'interesse
all'annullamento degli atti impugnati, anche se questo non  e'  stato
specificamente dedotto (v. art. 34, comma 3, cod. proc. amm.). 
    In definitiva, raccoglimento della censura  di  costituzionalita'
e'   essenziale   per   affermare   l'illegittimita'   derivata   dei
provvedimenti    amministrativi    applicativi    della    legge    e
conseguentemente  per  accordare  il  risarcimento  del   danno   per
equivalente chiesto dalle parti. 
    15.6. La prospettata questione e' non  manifestamente  infondata,
atteso che il sistema delle graduatorie di Ateneo  in  luogo  di  una
graduatoria unica nazionale appare lesiva anzitutto degli artt. 3, 34
e 97 Cost. 
    Infatti, a fronte di una prova unica nazionale, con  80  quesiti,
l'ammissione al corso di laurea non dipende in definitiva dal  merito
del candidato, ma da fattori casuali e  affatto  aleatori  legati  al
numero di posti disponibili presso ciascun Ateneo  e  dal  numero  di
concorrenti presso ciascun Ateneo, ossia fattori non  ponderabili  ex
ante. 
    Infatti, ove in ipotesi il concorrente scegliesse un dato  Ateneo
perche' ci sono piu' posti disponibili e dunque maggiori speranze  di
vittoria, la stessa scelta potrebbero farla un  numero  indeterminato
di candidati, e per converso in una sede con pochi  posti  potrebbero
esservi pochissime domande. 
    Va poi evidenziato che,  svolgendosi  la  prova  unica  nazionale
nello stesso giorno presso tutti gli Atenei, a ciascun  candidato  e'
data una unica possibilita' di concorrere, in una  sola  universita',
per una sola graduatoria (one shot), con l'effetto pratico che coloro
che conseguono in un dato Ateneo un punteggio piu' elevato di  quello
conseguito da altri in un altro Ateneo, rischiano di essere scartati,
e dunque posposti, solo in virtu' del  dato  casuale  del  numero  di
posti e di concorrenti in ciascun Ateneo. 
    Questo e' del tutto contrario  alla  logica  del  concorso  unico
nazionale. 
    In tal modo non solo si lede l'eguaglianza tra i candidati, e  il
loro  diritto  fondamentale  allo  studio  (diritto   sancito   anche
dall'art. 2 del protocollo addizionale alla CEDU, Carta  europea  dei
diritti dell'uomo protocollo firmato a Parigi il  20  marzo  1952  (a
tenore del quale "il diritto all'istruzione non puo' essere rifiutato
a  nessuno",  nonche',  limitatamente  alle  materie  di   competenza
dell'Unione europea, dall'art. 14 della Carta  di  Nizza,  Carta  dei
diritti fondamentali dell'Unione europea), atteso che i candidati non
vengono ammessi in base al merito, ma in base  a  fattori  casuali  e
aleatori,  ma  si  lede  anche  il  principio   di   buon   andamento
dell'Amministrazione,  atteso  che  la  procedura   concorsuale   non
sortisce l'esito della  selezione  dei  migliori.  Si  determina,  in
definitiva,  una  ingiusta  penalizzazione  della   aspettativa   dei
candidati di essere giudicati con un  criterio  meritocratico,  senza
consentire alle Universita' la  selezione  dei  migliori;  la  scelta
degli ammessi risulta dominata in buona misura dal caso. 
    Sicche'  e'  violato  anche  il  principio  di  ragionevolezza  e
logicita' delle scelte legislative (art. 3 Cost.). 
    Ne' possono opporsi,  alla  soluzione  della  graduatoria  unica,
ragioni organizzative o  di  autonomia  universitaria,  ostandovi  il
principio di  ragionevole  proporzionalita'  tra  mezzi  impiegati  e
obiettivo perseguito;  esigenze  organizzative  non  possono  infatti
ragionevolmente penalizzare il diritto allo studio sulla base  di  un
criterio meritocratico. 
    Neppure le  ragioni  organizzative  sono  effettive,  atteso  che
sarebbe ben possibile che il concorso si svolgesse presso  i  singoli
Atenei, e che i candidati esprimessero opzione in ordine  decrescente
per le varie sedi universitarie, e che poi le prove  confluissero  in
un sistema di correzione unica e graduatoria unica nazionale, in  cui
tener conto del punteggio conseguito da ciascun concorrente  e  delle
sedi da esso prescelte. Non si lederebbe in tal modo ne'  il  diritto
allo studio, ne' il diritto alla vittoria dei piu' meritevoli, ne' il
diritto dello studente a scegliere la sede universitaria (diritto  di
scelta che, come ben evidenziato nell'atto di appello,  e'  recessivo
rispetto all'interesse a entrare comunque all'universita',  ancorche'
in una sede meno appetita, a fronte dell'alternativa di  non  entrare
affatto nella  sede  prescelta).  Non  si  lede  nemmeno  l'autonomia
universitaria, atteso che,  in  un  sistema  in  cui  le  prove  sono
predisposte dal Ministero  e  dunque  sono  identiche  per  tutte  le
Universita', e sono  prestabiliti  i  posti  disponibili  in  ciascun
Ateneo, per i singoli Atenei e' del tutto indifferente l'opzione  tra
graduatoria unica e graduatorie plurime, e, anzi, e' piu' vantaggioso
il sistema della graduatoria  unica,  che  consente  la  selezione  e
l'accesso dei piu' meritevoli. 
    Non si tratta, poi, qui, di sindacare una tra le tante  possibili
opzioni lasciate alla discrezionalita' del legislatore,  perche'  una
volta che il legislatore  abbia  optato,  a  monte,  per  il  sistema
meritocratico dei tests unici nazionali  da  svolgersi  nello  stesso
giorno in tutti gli Atenei italiani, non puo' che  residuare  l'unica
opzione  della  graduatoria  unica  nazionale,  e  non  quella  delle
graduatorie plurime a cui si accede con diversi punteggi minimi. 
    Una volta che  il  legislatore  abbia,  nella  sua  insindacabile
discrezionalita', optato per il  criterio  meritocratico,  esso  deve
essere  portato  alle  estreme  conseguenze   e   non   puo'   essere
contraddetto da un metodo applicativo  non  meritocratico  in  cui  i
punteggi minimi di accesso varino  da  Universita'  a  Universita'  a
fronte di un concorso unico. 
    15.7. Il Collegio sottopone alla Corte  costituzionale  anche  la
questione della  violazione  dell'art.  2,  par.  1,  del  protocollo
addizionale alla CEDU, e per l'effetto dell'art. 117, comma 1,  Cost.
(violazione  da   parte   dello   Stato   italiano   degli   obblighi
internazionali). 
    Dispone la citata previsione della CEDU che "No person  shall  be
denied the right to education" (il diritto  all'istruzione  non  puo'
essere rifiutato a nessuno). 
    Secondo   l'interpretazione   data   dalla   CorteEDU   a    tale
disposizione,   la   stessa   si   applica    anche    all'istruzione
universitaria, e la previsione implica che il diritto all'istruzione,
anche universitaria, sia pratico ed effettivo non  meramente  teorico
ed illusorio; ad  avviso  della  Corte,  sebbene  la  previsione  non
imponga agli Stati di istituire le Universita',  una  volta  che  gli
Stati le abbiano istituite, essi devono garantire  che  l'accesso  ad
esse sia effettivo. 
    Secondo la Corte il diritto all'istruzione non  e'  assoluto,  ma
puo' essere soggetto a limitazioni, e gli Stati godono  di  un  certo
margine di discrezionalita' in questo ambito; tuttavia le restrizioni
imposte al diritto all'istruzione non possono limitarlo al  punto  di
snaturarne l'essenza e privarlo della sua effettivita'. 
    Le restrizioni  devono  perseguire  uno  "scopo  legittimo";  non
esiste  un  catalogo  chiuso  e  predefinito  di  "scopi  legittimi",
tuttavia le limitazioni, ad avviso della Corte, sono compatibili  con
l'art. 2, par. 1 citato solo se c'e'  una  ragionevole  relazione  di
proporzionalita' tra i mezzi impiegati  e  lo  scopo  perseguito.  Ad
esempio sono  state  ritenute  giustificate  restrizioni  all'accesso
universitario per ragioni penali o disciplinari,  o  per  il  mancato
rispetto di regole interne dell'Universita'  (CorteEDU,  10  novembre
2005,  Sahin  v.   Turkey,   che   richiama   anche   la   precedente
giurisprudenza della medesima Corte), o giustificate  regole  interne
scolastiche  ritenute  non  limitative  del  diritto   all'istruzione
(CorteEDU 18 marzo 2011 Lautsi c. Gov. Italia). 
    Sembra  al  Collegio   rimettente   che   alla   luce   di   tale
interpretazione del diritto all'accesso all'istruzione universitaria,
dato  dalla  Corte  EDU,  la  restrizione  imposta  dal   legislatore
italiano, in base alla quale in luogo di una  graduatoria  unica,  si
formano graduatorie plurime, che vanificano il criterio meritocratico
prescelto  dallo  stesso  legislatore,  sia   una   restrizione   non
proporzionata rispetto allo scopo perseguito (numero  chiuso)  e  che
vanifica nella sua  essenza  e  nella  sua  effettivita'  il  diritto
fondamentale allo studio universitario. 
    15.8. Si riportano, per comodita' della Corte  costituzionale,  i
paragrafi rilevanti della citata decisione della  Corte  EDU  (v.  in
particolare parr. da 134 a 142 e da 152 a 162): 
    "134. The first sentence of Article 2 of Protocol No. 1  provides
that no one shall be denied the  right  to  education.  Although  the
provision makes no mention of higher education, there is  nothing  to
suggest that it does not apply to all levels of education,  including
higher education. 
    135. As to the content of the right to education and the scope of
the obligation it imposes, the Court notes that in the Case "relating
to certain aspects of laws on the use of languages  in  education  in
Belgium" ("the Belgian linguistic case" (merits), judgment of 23 July
1968, Series A no. 6, pp. 30-31,  §  3),  it  stated:  "The  negative
formulation indicates, as is confirmed by the preparatory work"  ...,
that the Contracting  Parties  do  not  recognise  such  a  right  to
education as would require them to establish at their own expense, or
to subsidise, education of any particular type or at  any  particular
level. However, it cannot be concluded from this that the  State  has
no positive obligation to ensure respect  for  such  a  right  as  is
protected by Article 2 of the Protocol. As a "right" does  exist,  it
is secured, by virtue of Article 1 of  the  Convention,  to  everyone
within the jurisdiction of a Contracting State.". 
    136. The  Court  does  not  lose  sight  of  the  fact  that  the
development of the right to education, whose content varies from  one
time  or  place  to  another  according  to   economic   and   social
circumstances, mainly depends on  the  needs  and  resources  of  the
community. However, it is of crucial importance that  the  Convention
is interpreted and applied in  a  manner  which  renders  its  rights
practical and effective, not theoretical and illusory. Moreover,  the
Convention is a living instrument which must be  interpreted  in  the
light of present-day conditions (see Marckx v. Belgium,  judgment  of
13 June 1979, Series A no.  31,  p.  19,  §  41;  Airey  v.  Ireland,
judgment of 9 October 1979, Series A no. 32, pp. 14-15, § 26; and, as
the most recent authority, Mamatkulov and  Askarov  v.  Turkey  [GC],
nos. 46827/99 and 46951/99, § 121,  ECHR  2005-1).  While  the  first
sentence of Article 2 essentially establishes access to  primary  and
secondary education,  there  is  no  waterright  division  separating
higher education from other  forms  of  education.  In  a  number  of
recently adopted instruments, the Council of Europe has stressed  the
key role and importance of higher education in the promotion of human
rights and fundamental freedoms and the  strengthening  of  democracy
(see, inter alia, Recommendation No. R (98) 3 and Recommendation 1353
(1998) - cited in paragraphs 68 and 69 above). As the  Convention  on
the Recognition of Qualifications concerning higher Education in  the
European Region (see paragraph 67 above) states, higher education "is
instrumental  in  the  pursuit  and  advancement  of  knowledge"  and
"constitutes an exceptionally rich cultural and scientific asset  for
both individuals and society". 
    137. Consequently, it would be hard to imagine that  institutions
of higher education existing at a given time do not come  within  the
scope of the first sentence of Article 2 of Protocol No  1.  Although
that Article does not impose a duty on the Contractig States  to  set
up institutions of higher education, my State doing so will be  under
an obligation to afford an effective right of access to  them.  In  a
democratic sociey, the right to education, which is indispensable  to
the furtherance of human rights, plays such a fundamental role that a
restrictive interpretation of the first  sentence  of  Article  2  of
Protocol No. 1 would not be consistent with the  aim  or  purpose  of
that provision (see, mutatis mutandis, the Belgian  linguistic  case,
cited above, pp. 33-34, § 9, and Delcourt v. Belgium, judgment of  17
January 1970, Series A no. 11, pp. 13-15, § 25). 
    138. This approach is in line with the Commission's report in the
Belgian linguistic case (judgment cited above, p. 22),  in  which  as
far back as 1965 it stated that, although  the  scope  of  the  right
protected by Article 2 of Protocol No. 1 was not defined or specified
in the Convention, it included, "for the purposes  of  examining  the
present case", "entry  to  nursery,  primary,  secondary  and  higher
education". 
    139.  The  Commission  subsequently  observed  in  a  series   of
decisions: "[T]he right  to  education  envisaged  in  Article  2  is
concerned primarily with elementary  education  and  not  necessarily
advanced studies such as technology" (see X v.  the  United  Kingdom,
no. 5962/72, Commission decision of 13 March 1975, DR 2, p.  50,  and
Kramelius v. Sweden, no. 21062/ 92, Commission decision of 17 January
1996, unreported). In more recent cases, leaving the door open to the
application of Article 2 of Protocol No. 1 to  university  education,
it examined the legitimacy  of  certain  restrictions  on  access  to
institutions of higher education (see, with regard to restrictions on
access to higher education, X v. the  United  Kingdom,  no.  8844/80,
Commission decision of 9 December 1980,  DR  23,  p.  228;  and  with
regard to suspension  or  expulsion  from  educational  institutions,
Yanasik v. Turkey, no. 14524/89, Commission  decision  of  6  January
1993, DR 74, p. 14,- and Sulak v. Turkey,  no.  24515/94,  Commission
decision of 17 January 1996, DR 84-A, p. 98). 
    140. For its part, after the Belgian linguistic  case  the  Court
declared a series of cases  on  higher  education  inadmissible,  not
because the first sentence  of  Article  2  of  Protocol  No.  1  was
inapplicable, but on other grounds (complaint of  a  disabled  person
who did not satisfy a university's entrance requirements,  Lukach  v.
Russia (dec.), no. 48041/99, 16 November 1999; refusal of  permission
to an applicant in custody to prepare for and sit a final  university
examination for a  legal  diploma,  Georgiou  v.  Greece  (dec),  no.
45138/98, 13 January 2000; interruption  of  advanced  studies  by  a
valid conviction and sentence, Durmaz and Others  v.  Turkey  (dec.),
nos. 46506/99, 46569/99, 46570/99 and 46939/99, 4 September 2001). 
    141. In the light of all  the  foregoing  considerations,  it  is
clear that any institutions of higher education existing at  a  given
time come within the scope of the first  sentence  of  Article  2  of
Protocol No. 1, since the right of access to such institutions is  an
inherent part of the right set out in that provision. This is not  an
extensive interpretation forcing new obligations on  the  Contracting
States: it is based on the  very  terms  of  the  first  sentence  of
Article 2 of Protocol No. 1 read in its context and having regard  to
the object and purpose of the Convention, a law-making treaty,  (see,
mutatis mutandis, Golder  v.  the  United  Kingdom,  judgment  of  21
February 1975, Series A no. 18, p. 18, § 36). 
    142. Consequently, the first sentence of Article  2  of  Protocol
No. 1 is applicable in the instant case. The manner in  which  it  is
applied mill, however, obviously depend on the  special  features  of
the right to education.". 
    "152. The right to education, as set out in the first sentence of
Article  2  of  Protocol  No.  1,  guarantees  everyone  within   the
jurisdiction of  the  Contracting  -  States"a  right  of  access  to
educational institutions existing at a given time", but  such  access
constitutes only a part of the right to education. For that right "to
be  effective,  it  is  further  necessary  that,  inter  alia,   the
individual who is the beneficiary  should  have  the  possibility  of
drawing profit from the education received, that is to say, the right
to obtain, in conformity with the rules in free in each State, and in
one film or another, official recognition of the studies which he has
completed" (see the Belgian linguistic case, cited above, pp.  30-32,
§ 3-5; see also  Kjeldsen,  Busk  Madsen  and  Pedersen  v.  Denmark,
judgment of 7 December 1976, Series A  no.  23,  pp.  25-26,  §  52).
Similarly, implicit in the  phrase  "No  person  shall  ..."  is  the
principle of equality of treatment of all citizens in the exercise of
their right to education. 
    153. The fundamental right of everyone to education  is  a  right
guaranteed equally  to  pupils  in  State  and  independent  schools,
without distinction (see  Costello-Roberts  v.  the  United  Kingdom,
judgment of 25 March 1993, Series A no. 247-C, p. 58, § 27). 
    154. In spite of its importance,  this  right  is  not,  however,
absolute, but may be subject to limitations; these are  permitted  by
implication since the right of access "by its very nature  calls  for
regulation by the State" (see  the  Belgian  linguistic  case,  cited
above, p. 32, § 5; see also, mutatis mutandis, Golder,  cited  above,
pp. 18- 19, § 38, and Fayed v. the United  Kingdom,  judgment  of  21
September 1994, Series A no. 294-B, pp. 49-50, § 65). Admittedly, the
regulation of educational institutions may vary in time and in place,
inter alia, according to the needs and resources of the community and
the  distinctive  features  of   different   levels   of   education.
Consequently, the  Contracting  States  enjoy  a  certain  margin  of
appreciation in this sphere, although the final decision  as  to  the
observance of the Convention's requirements rests with the Court.  In
order to ensure that the restrictions that are imposed do not curtail
the right in question to such an extent as to impair its very essence
and deprive it of its effectiveness, the Court  must  satisfy  itself
that they are foreseeable for those concerned and pursue a legitimate
aim. However, unlike the position with respect to Articles 8 to 11 of
the Convention, it is not bound by an exhaustive list of  "legitimate
aims" under Article 2 of  Protocol  No.  1  (see,  mutatis  mutandis,
Podkolzina v. Latvia, no. 46726/99, § 36, ECHR 2002-II).  Furthemore,
a limitation will only be compatible with Article 2 of Protocol No. 1
if there is a reasonable relationship of proportionality between  the
means employed and the aim sought to be achieved. 
    155. Such  restrictions  must  not  conflict  with  other  rights
enshrined in the Convention and its Protocols either (see the Belgian
linguistic case, cited above, p. 32, § 5; Campbell and Cosans v.  the
United Kingdom, judgment of 25 February 1982, Series A no. 48, p. 19,
§ 41; and Yanasik, decision  cited  above).  The  provisions  of  the
Convention  and  its  Protocols  must  be  considered  as  a   whole.
Accordingly, the first sentence of Article 2 of Protocol No. 1  must,
where appropriate, be read in the light in particular of Articles  8,
9 and 10 of the Convention (see Kjeldsen, Busk Madsen  and  Pedersen,
cited above, p. 26, § 52 in fine). 
    156. The  right  to  education  does  not  in  principle  exclude
recourse to disciplinary measures, including suspension or  expulsion
from an educational institution in order to  ensure  compliance  with
its internal rules. The imposition of disciplinary  penalties  is  an
integral part of the process whereby a school seeks  to  achieve  the
object for which it was established, including  the  development  and
moulding of the character and mental powers of its pupils (see, among
other authorities, Campbell and Cosans, judgment cited above, p.  14,
§ 33; see also, with respect to the  expulsion  of  a  cadet  from  a
military academy, Yanasik, decision cited above, and the expasion  of
a student for fraud, Sulak, decision cited above). 
    (b) Application of these principles to the present case 
    157. By analogy  with  its  reasoning  on  the  question  of  the
existence of interfirence under Atiicle  9  of  the  Convention  (see
paragraph 78 above), the Court is able to accept that the regulations
on the basis of which the applicant was  refused  access  to  various
lectures  and  examinations  for  wearing   the   Islamic   headscarf
constituted a restriction on her right to education,  notwithstanding
the fact that she had had access to the university and been  able  to
read the subject of her choice in accordance with the results she had
achieved in the university entrance examination. However, an analysis
of the case by reference to the right to  education  cannot  in  this
instance be divorced from the conclusion reached by  the  Court  with
respect to Article 9 (see paragraph 122 above), as the considerations
taken into account under that provision are clearly applicable to the
complaint under Article  2  of  Protocol  No.  1  ,  which  complaint
consists of criticism of the regulation concerned that takes much the
same form as that made with respect to Article 9. 
    158. In that connection, the Court has  already  found  that  the
restriction was  foreseeable  to  those  concerned  and  pursued  the
legitimate aims of protecting the rights and freedoms of  others  and
maintaining public order  (see  paragraphs  98  and  99  above).  The
obvious purpose of  the  restriction  was  to  preserve  the  secular
character of educational institutions. 
    159. As regards the principle of proportionality, the Court found
in  paragraphs  118  to  121  above  that  there  was  a   reasonable
relationship of proportionality between the means used  and  the  aim
pursued. In so finding, it relied  in  particular  on  the  following
factors which are clearly relevant here.  Firstly,  the  measures  in
question manifestly did not hinder the  students  in  performing  the
duties  imposed  by  the  habitual  forms  of  religious  observance.
Secondly, the  decision-making  process  for  applying  the  internal
regulations satisfied, so far as was  possible,  the  requirement  to
weigh up the various interests at stake. The  university  authorities
judiciously sought a means whereby they could avoid  having  to  turn
away students wearing the headscarf and at the same time honour their
obligation to protect the rights of others and the interests  of  the
education system. Lastly, the  process  also  appears  to  have  been
accompanied by  safeguards  -  the  rule  requiring  conformity  with
statute and judicial review - that were apt to protect the  students'
interests (see paragraph 95 above). 
    160. It would, furthermore, be unrealistic to  imagine  that  the
applicant, a medical student,  was  unaware  of  Istanbul  University
internal regulations restricting the  places  where  religious  dress
could be worn or had not been sufficiently informed about the reasons
for their introduction. She could reasonably have foreseen  that  she
ran the risk of being refused access to lectures and examinations if,
as subsequently happened, she continued to wear the Islamic headscarf
after 23 February 1998. 
    161. Consequently, the restriction in question did not impair the
very essence of the applicant's right to education. In  addition,  in
the light of its findings with respect to the other  Articles  relied
on by the applicant (see paragraphs 122 above  and  166  below),  the
Court observes that the  restriction  did  not  conflict  with  other
rights enshrined in the Convention or its Protocols either. 
    162. In conclusion, there has been  on  violation  of  the  first
sentence of Article 2 of Protocol No. 1". 
    15.9. In conclusione, e' rilevante e non manifestamente infondata
la questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  4,  comma  1,
legge 2 agosto 1999, n. 264, in relazione agli artt. 3, 34, 97 e 117,
comma 1, Cost., nella parte in cui,  per  l'ammissione  ai  corsi  di
laurea a programmazione nazionale che si svolgono sulla base  di  una
prova predisposta dal Ministero  dell'universita'  e  della  ricerca,
uguale per tutte le Universita' e che si svolge nello  stesso  giorno
in tutta Italia, non prevede la formazione di una  graduatoria  unica
nazionale in luogo di graduatorie plurime, per singoli Atenei. 
    16. Da pag. 36 a pag. 41 viene proposto  un  motivo  aggiunto  in
appello,  avverso  un  atto  non  impugnato  in  precedenza,   e   in
particolare avverso i lavori di predisposizione dei quesiti ad  opera
dell'apposita Commissione ministeriale. 
    Il   vizio   di   tali   lavori   consisterebbe   nella   mancata
verbalizzazione delle operazioni di predisposizione dei quesiti. 
    Si assume che tale vizio sarebbe stato conosciuto solo a  seguito
della lettura della sentenza del Tar Lazio - Roma n. 5986/2008 che ha
ritenuto sussistente tale vizio. 
    Si  assume  che  i  lavori  della  commissione  sarebbero   stati
impugnati sin dal primo  grado  di  giudizio  con  la  formula  della
contestazione degli atti preordinati conseguenti e connessi, e  tanto
giustificherebbe la proposizione di  motivi  aggiunti  per  la  prima
volta in appello. 
    16.1. Il motivo aggiunto proposto per la prima volta  in  appello
e' nel caso specifico inammissibile. 
    Infatti secondo la giurisprudenza  preferibile,  formatasi  prima
del cod. proc. amm. ed applicabile ratione temporis, e ora codificata
nell'art. 104, comma 3, cod. proc. amm., in  appello  possono  essere
proposti motivi aggiunti solo qualora la parte venga a conoscenza  di
documenti non prodotti dalle parti nel giudizio di primo grado da cui
emergano  vizi  degli  atti  o  provvedimenti   amministrativi   gia'
impugnati in primo grado. 
    In definitiva, in grado di appello sono ammessi i motivi aggiunti
solo avverso gli atti gia' impugnati in  primo  grado,  e  non  anche
contro atti mai impugnati in primo grado. 
    Nel caso di specie, in primo grado non sono mai stati  contestati
i lavori della Commissione di predisposizione degli  80  quesiti,  ma
semmai solo il risultato di tali lavori, e in particolare  i  singoli
quesiti. 
    Ne' puo' ritenersi, contrariamente a quanto  sostenuto  da  parte
appellante, che tale atto sarebbe stato impugnato con la  formula  di
stile  della  impugnazione  "di  tutti  gli  atti  del  procedimento,
preordinati, conseguenti e connessi". 
    Si  tratta  infatti  di  formula  di  stile   che   non   esonera
dall'identificare,  se  non  con  gli  estremi  esatti,  quanto  meno
genericamente nel contenuto, gli atti che si contestano, al  fine  di
una corretta delimitazione della materia del contendere. 
    17.  In  conclusione,  e'   accolto   l'appello   del   Ministero
dell'universita' e della ricerca e dell'Universita' di Bologna. 
    Invece l'appello proposto da Giovanna Accolti, Niccolo' Principi,
Irene Sgambaro,  Margherita  Tiezzi,  Valentina  Valpiani  e  Claudia
Zanetti va in parte dichiarato inammissibile, in  parte  respinto,  e
infine, limitatamente al motivo da pag. 33 a pag. 36, va  sospeso  il
giudizio e vanno rimessi gli atti alla Corte costituzionale. 
    Spese al definitivo. 
                                P.Q.M. 

    Parzialmente e non definitivamente pronunciando sugli appelli  in
epigrafe e previa loro riunione: 
        a) accoglie l'appello del Ministero dell'universita' e  della
ricerca e dell'Universita' di Bologna; 
        b) quanto all'appello proposto da Giovanna Accolti,  Niccolo'
Irene Sgambaro,  Margherita  Tiezzi,  Valentina  Valpiani  e  Claudia
Zanetti in parte lo dichiara inammissibile, in parte lo respinge,  in
parte sospende il giudizio limitatamente al motivo da pag. 33 a  pag.
36; 
        c) visti gli artt. 134  della  Costituzione;  1  della  legge
costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1; 23 della legge 11  marzo  1953,
n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione
di legittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 1, l. 2 agosto 1999
n. 264, in relazione agli artt. 3, 34, 97  e  117,  comma  1,  Cost.,
nella  parte  in  cui,  per  l'ammissione  ai  corsi  di   laurea   a
programmazione nazionale che si svolgono  sulla  base  di  una  prova
predisposta dal Ministero dell'universita' e  della  ricerca,  uguale
per tutte le Universita' e da tenersi nello stesso  giorno  in  tutta
Italia, non prevede la formazione di una graduatoria unica  nazionale
in luogo di graduatorie plurime, per singoli Atenei; 
        d) ordina l'immediata  trasmissione  degli  atti  alla  Corte
costituzionale; 
        e) ordina che  a  cura  della  segreteria  della  sezione  la
presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente
del Consiglio dei Ministri, nonche' comunicata  ai  Presidenti  delle
Camere dei Deputati e del Senato della Repubblica; 
        f)  riserva  alla   decisione   definitiva   ogni   ulteriore
statuizione in rito, in merito e in ordine alle spese. 
    Cosi' deciso in Roma nella  camera  di  consiglio  del  giorno  5
giugno 2012. 

                        Il Presidente: Volpe 

                                             L'estensore: De Nictolis

 

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