A pochi giorni dalla ripresa delle lezioni il 20% delle figure professionali che operano nelle scuole non sanno ancora dove lavoreranno: dai dirigenti vincitori di concorso agli utilizzati, dai nuovi assunti ai precari. Con gravi ripercussioni già sui collegi d’inizio settembre. Amara l’Anief: male endemico.
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L’avvio dell’anno scolastico è ormai alle porte, ma la macchina burocratica che dovrebbe mettere al loro posto tutte le figure professionali che operano negli istituti accusa un terribile ritardo. All’appello mancano ancora troppi operatori per pensare ad una regolare ripresa delle lezioni: nei prossimi giorni gli Uffici scolastici territoriali, peraltro sempre più sfoltiti di risorse umane, saranno chiamati ad un tour de force per individuare nuovi dirigenti, immessi in ruolo, utilizzati e precari.
Considerando che si tratta di decine di migliaia di contratti e che per alcuni inquadramenti si attendono ancora chiare disposizioni ministeriali, è evidente che non si farà in tempo a collocarli entro il collegio dei docenti che darà inizio alle attività del nuovo anno. Ma nemmeno, in diversi casi, prima dell’avvio delle lezioni.
Emblematica la situazione delle dirigenze: delle circa mille che devono essere assegnate ai vincitori di concorso, solo una minima parte sono state decretate. Ed in alcune regioni, come la Lombardia, la decisione del Consiglio di Stato. Che se dovesse dare ragione ai ricorrenti lascerebbe gli istituti orfani del nuovo dirigente per tutto l’anno. Accentuando ulteriormente il carico delle reggenze, che già ora propone incredibili realtà. Con alcuni capi d’istituto costretti a dividersi anche su più di cinque sedi.
Per quanto riguarda i nuovi assunti, contravvenendo alla buona pratica introdotta alcuni anni fa di attuare le immissioni in ruolo entro il 31 luglio, dallo scorso anno – con un emendamento al decreto legge n. 70 – siamo tornati all’antico: la data ultima (peraltro non sempre rispettata) è ridiventata quella del 31 agosto. Con il risultato che ad oggi la maggior parte delle immissioni in ruolo sono ancora da definire.
C’è poi il “capitolo” dei docenti di ruolo che hanno chiesto l’utilizzazione o l’assegnazioni provvisoria in altre scuole: alcuni Ust, in particolare quelli lombardi a seguito di una circolare emessa dalla direzione dell’Ufficio scolastico regionale, hanno infatti messo in stand by le operazioni. In questo modo i responsabili hanno cercato di evitare ai propri impiegati un probabile doppio lavoro: le perplessità espresse dalla Funzione Pubblica sulle operazioni di mobilità proposte dal Miur, in particolare su quelle coatte di inidonei e personale in esubero, oltre che sulle spese derivanti dall’utilizzo dei Dsga, ed il mancato accordo coi sindacati (con mancata firma del contratto), hanno messo nelle condizioni viale Trastevere di far operare i propri uffici periferici semplicemente replicando le norme già in vigore. Urge, a questo punto, una presa di posizione ministeriale che, seppure unilaterale, darebbe indicazioni chiare per tutti.
Solo una volta terminate tutte queste operazione entreranno in scena i precari. Siamo di fronte ad un piccolo “esercito”, composto (dati Miur 2011/12) da 70mila docenti su posto normale e 35mila da impiegare sul sostegno. A cui vanno aggiunte almeno altri 30mila tra amministrativi, tecnici ed ausiliari. Tutti su posto annuale. In alcune scuole, difficili e periferiche, quelle meno “gettonate” dal personale di ruolo, le figure precarie possono arrivare in percentuale la metà dei dipendenti. È chiaro che la loro assenza non può essere considerata ininfluente sull’avvio del nuovo anno: come si fa infatti, in queste condizioni, a realizzare una regolare programmazione delle attività didattiche, del Pof e di tutti i progetti scolastici che vi ruotano attorno?
Su questo punto nelle ultime ore è tornato l’Anief, il sindacato autonomo che negli ultimi anni ha intrapreso vibranti battaglie legali proprio in difesa del personale non di ruolo: secondo il sindacato guidato da Marcello Pacifico i numeri ci dicono che “senza i precari la scuola chiuderebbe”: però, ignorando la loro centrale funzionalità per il nostro sistema scolastico, continuano ad essere “individuati dai dirigenti dell’amministrazione periferica a settembre inoltrato e fino al Natale successivo con gravi ricadute sulla definizione del piano dell’offerta formativa e sull’ordinario funzionamento degli organi collegiali. Di chi è la colpa – si chiede il sindacato degli educatori in formazione – : non certo del ministero della Funzione Pubblica che non firma la contrattazione integrativa raggiunta tra Miur e Sindacati sulla mobilità del personale docente, bloccando tutte le operazioni seguenti; non ancora dei dipendenti sempre più ridotti degli ambiti territoriali prossimi al travaso nelle regioni. Forse lo sono allora i precari della scuola, vittime sacrificali, i cui stipendi possono essere risparmiati?”.
Davvero amara la conclusione: per l’Anief la piaga del precariato è come “un male endemico”, che mette l’Italia “a rischio dell’apertura di una seconda procedura d’infrazione a carico del nostro Paese da parte della Commissione Ue”.
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