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Immissioni in ruolo, analisi economica: assunzioni, molti benefici a costo zero!

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Chi amministra un’impresa sa molto bene che le politiche di risparmio non dovrebbero andare ad intaccare la qualità dei prodotti/servizi offerti sul mercato, perché questo porterebbe ineluttabilmente al fallimento dell’impresa stessa. Banalmente la politica dei tagli nell’impresa “Scuola” effettuata negli ultimi anni si è preoccupata solamente di abbattere i costi, indistintamente, senza preoccuparsi troppo della qualità dei servizi erogati. Ma qualcuno si è mai chiesto che cosa siano gli insegnanti e quale valore abbiano per la qualità del servizio “Istruzione”? A qualcuno è mai venuto il dubbio che un insegnante non sia solo una voce di costo? Qualcuno ha mai riflettuto sul fatto che l’insegnante sia proprio il VEICOLO attraverso il quale si realizza il servizio di pubblica istruzione? Gli insegnanti sono quelli che quotidianamente incontrano gli alunni nelle aule, quelli che ogni giorno con entusiasmo cercano di condividere con le classi le conoscenze acquisite con gli anni, consapevoli che la conoscenza è la chiave della libertà, quelli che guidano gli alunni lungo un percorso, anche tortuoso, che porti alla consapevolezza di sé, all’emancipazione personale, alla conquista dell’autostima, quelli che con esperienza e fatica riescono a mediare fra le richieste dei dirigenti e le aspettative delle famiglie. A qualcuno non è mai venuto il sospetto che risparmiare proprio sugli insegnanti possa nuocere non poco al servizio in toto e portarlo al collasso? Forse è giunto il momento di ricordare a tutti che sono gli insegnanti a fare la scuola ed è proprio su questi che il Governo dovrebbe investire per garantire la qualità del servizio “Istruzione”. E assumere il maggior numero possibile di docenti equivarrebbe a lanciare un messaggio chiaro e rassicurante, e cioè che lo Stato italiano crede nella centralità del ruolo degli insegnanti nel sistema d’istruzione, che ci tiene a spingerli a svolgere sempre meglio il loro lavoro di educatori. Perché assumere significa MOTIVARE gli insegnanti e garantire al contempo la CONTINUITÀ necessaria perché il loro prezioso lavoro non venga disperso da un anno all’altro. Altrimenti non riusciremo a garantire come sistema scuola né l’eccellenza di cui parla spesso il Ministro, né l’opportuno sostegno agli alunni più bisognosi, come chiede l’Europa.

Tuttavia, visto che il Governo sembra essere interessato solamente al “portafoglio”, proviamo quindi anche ad analizzare l’aspetto puramente economico delle assunzioni. Insomma, quanto costerebbe allo Stato italiano assumere su tutti i posti vacanti e disponibili (circa 20000 per noi docenti), così come sancito dal piano triennale di immissioni in ruolo dello scorso 4 agosto?

Partiamo da un dato certo: è matematicamente provato da uno studio elaborato dalla FLC-CGIL nel novembre del 2010 (“Operazione Centomila”, link http://www.flcgil.it/scuola/precari-scuola-operazione-centomila.flc) che per lo Stato un contratto fino al 30 giugno ha un costo addirittura superiore rispetto a un contratto fino al 31 agosto (contratto su posto vacante e disponibile). Ora però ci siamo chiesti: ma quale sarebbe la spesa che il Governo italiano dovrebbe sostenere per assumere su tutti i posti vacanti e disponibili, come sancito dal piano triennale siglato lo scorso 4 agosto? A questo proposito occorre considerare vari aspetti:

1. Il decreto interministeriale 4 agosto 2011 (“Piano triennale”) prevede che negli aa. ss. 2012/2013 e 2013/2014 sarà assunto rispettivamente un numero massimo di 29000 precari (22000 docenti e 7000 ATA), numero elaborato sulla base delle stime relative ai pensionamenti nel biennio considerato; l’obiettivo è quindi quello di coprire esclusivamente il turn over dei pensionamenti in ciascuno dei restanti due anni del piano triennale;

2. Il personale collocato a riposo percepirà una retribuzione decisamente inferiore rispetto allo stipendio previsto per un docente/ATA negli ultimi anni di carriera, cosa che di per sé comporta già un bel risparmio per le finanze pubbliche;

3) Al posto dei pensionati verrebbe assunto personale con stipendio molto più basso, visto che vanterebbe un’anzianità di servizio molto inferiore, per di più “rallentata” dalle recenti misure varate dal Governo Berlusconi al fine di garantire il contenimento della spesa pubblica:

a) L’art. 9 comma 23 della legge 30/7/2010, n. 122, così dispone: “Per il personale docente,           amministrativo, tecnico e ausiliario della Scuola, gli anni 2010, 2011 e 2012 non sono utili ai fini  della maturazione delle posizioni stipendiali e dei relativi incrementi economici previsti dalle     disposizioni contrattuali vigenti”; ciò significa in soldoni che la ricostruzione di carriera di tutto il personale scolastico di per sé è già soggetta a un rallentamento di tre anni;

b) L’art. 9 comma 1 della legge 30/7/2010, n. 122, così dispone: “Per gli anni 2011, 2012 e 2013 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti, anche di qualifica dirigenziale, ivi     compreso il trattamento accessorio […] non può superare, in ogni caso, il trattamento    ordinariamente spettante per l’anno 2010”; in pratica, gli stipendi del personale scolastico          rimarranno fermi a quelli del 2009 fino a tutto il 2013;

c) L’accordo siglato il 4 agosto 2011 dall’ARAN e dalla maggior parte delle sigle sindacali recita: “per garantire la sostenibilità economica e finanziaria DEL PIANO e la conseguente immissione in ruolo del personale è necessario procedere ad una rimodulazione delle posizioni stipendiali contrattualmente previste”; si tratta di un’importante modifica al Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro del comparto scuola, che ha permesso l’approvazione della copertura finanziaria di TUTTE le
immissioni in ruolo previste dal piano triennale (non solo di quelle del 2011, nell’accordo c’è scritto DEL PIANO!). In pratica, il primo gradone stipendiale (0-2 anni) è stato abolito e accorpato al     secondo gradone (3-8 anni), dando vita ad un unico gradone stipendiale 0-8 anni. E questo in aggiunta al blocco triennale previsto al punto a) e al congelamento degli stipendi previsto al punto    b);

d) In conclusione, prima di vedersi riconosciuto un qualsiasi aumento in busta paga, un docente/ATA neoassunto dovrà aver maturato almeno 11 anni di anzianità di servizio (e il servizio preruolo dal 5° anno in poi non viene nemmeno conteggiato per intero ai fini della progressione di carriera). E oltre a questo evidente danno economico, se ne aggiungono anche altri.
Solo il mancato rinnovo del contratto comporta mediamente una perdita pari a 62,76 euro mensili per un  collaboratore scolastico, a 81,48 euro per un assistente amministrativo, 173,38 euro per un DSGA, 124,55 euro per un docente di scuola primaria/infanzia, 144, 14 euro per un docente di scuola secondaria di I grado e 165,81 euro per un docente di scuola secondaria di II grado.
Il blocco stipendiale imposto dalle leggi sopracitate comporta inoltre la riduzione dei versamenti ai fini previdenziali. Ciò si riverbererà sui minori importi legati alla corresponsione del TFR, del TFS e dell’assegno di pensione (già rideterminato e ridotto per legge).
La perdita complessiva per ogni lavoratore della scuola varia in relazione all’anzianità di servizio e può arrivare da un minimo di 3000 euro ad un massimo di 35.000.

Appare evidente quindi che le assunzioni non solo produrrebbero dei benefici tangibili per il personale e per l’utenza, ma sarebbero addirittura A COSTO ZERO, anzi, garantirebbero in ogni caso un RISPARMIO per le casse dello Stato! La maggior parte del personale neoassunto dovrebbe infatti aspettare non pochi anni prima di vedersi riconosciuto un aumento in busta paga, senza contare le altre penalizzazioni stipendiali che abbiamo illustrato.
Pertanto, dal punto di vista economico lo Stato italiano non ha scusanti alcune per non procedere al rispetto del piano triennale di immissioni in ruolo e all’assunzione immediata di noi precari della scuola su tutti i posti vacanti e disponibili. A maggior ragione visto che l’accordo siglato lo scorso 4 agosto sulla rimodulazione dei gradoni stipendiali specifica nero su bianco che tale misura viene adottata proprio per garantire la copertura finanziaria di TUTTE le assunzioni previste nei tre anni del piano. Dal momento che appare evidente che il fattore economico non costituisce alcun ostacolo, se il rispetto del piano non dovesse verificarsi, con grande delusione dovremo dare per scontato che il Governo italiano non tiene nella benché minima considerazione il futuro della scuola statale, uno dei servizi pubblici fondamentali, la chiave di volta per rilanciare la nostra economia ed uscire da quella che ormai è anche una vera e propria crisi di valori; dovremo constatare che l’istruzione pubblica non rappresenta per lo Stato un bene prezioso su cui investire appena ciò risulta possibile, ma solo un “giocattolo” alla mercé di interessi politici (a noi ignoti) che nulla hanno a che fare con le politiche di risparmio e soprattutto con i reali bisogni di chi la scuola la costruisce con impegno da anni. E arrivati a questo punto, dopo anni di umiliazioni, noi non potremo però fare a meno di tacere e denunceremo senza alcuno scrupolo quest’ennesimo sopruso ai nostri danni.

Analisi elaborata dal Gruppo Facebook
Difendiamo il piano triennale di immissioni in ruolo
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