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La 7 Commissione del Senato affronta il problema del dimensionamento scolastico dopo la sentenza 147. Tutto immutato per quest’anno; nuovo piano a 900 alunni per il prossimo anno

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Si è svolta in data 26-6-2012 la seduta della Commissione Pubblica Istruzione del Senato che ha affrontato le problematiche conseguenti alla pronuncia della Corte Costituzionale sul dimensionamento scolastico. Il relatore sen Rusconi dopo una precisazione sulle competenze esclusive e quelle concorrenti ritiene che tutto vada lasciato inalterato per i piani già esitati mentre si potrebbe lavorare a una proposta per il prossimo anno che veda 8692 scuola stabilizzate con una media di 900 alunni. Lasciare quindi immutati gli organici per il 2012-2013, mentre conviene avviare una discussione per rivedere i parametri a partire dal 2013-2014. Pone perciò l’accento sulla necessità di individuare un parametro che consenta di determinare il contingente di dirigenti scolastici da assegnare a ciascuna Regione nell’ambito del quale ciascuna possa compiere le scelte più adatte al proprio territorio.

Il sen Rusconi AntonioResoconto sommario n. 389 del 26/06/2012
Legislatura 16ª – 7ª Commissione permanente – Sentenza della Corte costituzionale n. 147 del 4 giugno 2012, dichiarativa dell’illegittimità costituzionale dell’articolo 19, comma 4, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111 (Doc. VII, n. 165)
(Esame, ai sensi dell’articolo 139 del Regolamento, e rinvio)

Il relatore RUSCONI (PD), nel sottolineare l’urgenza della procedura in titolo, anche a fronte dell’imminente incontro fra Governo e Regioni, tiene anzitutto a precisare che la Corte costituzionale ha sanzionato solo il metodo, non anche il merito, della norma approvata dal precedente Governo.
Ciò sgombra il campo, a suo avviso, da possibili polemiche, in considerazione della più ampia maggioranza che sostiene il Governo attualmente in carica.
La Consulta ha infatti eccepito che, trattandosi di competenza concorrente, occorreva un maggior coinvolgimento delle Regioni, cui doveva essere lasciato ogni intervento di dettaglio, riconoscendo tuttavia il diritto dello Stato di ridurre il numero dei dirigenti scolastici per conseguire risparmi di spesa.
Poiché peraltro la sentenza interviene a piani di dimensionamento pressoché completati, egli preannuncia l’intenzione di proporre che per l’anno scolastico 2012-2013 gli organici siano mantenuti inalterati, ancorché elaborati sulla base di una norma dichiarata illegittima. Ciò, al fine di garantire quanto meno certezza al mondo della scuola.
Anticipa indi la proposta di procedere ad una audizione della Conferenza Stato-Regioni, onde sviluppare un confronto circa i parametri da adottare per l’anno scolastico successivo.
Entrando nel merito della sentenza n. 147 del 2012, con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 19, comma 4, del decreto-legge n. 98 del 2011, egli precisa che essa fa seguito a ricorsi promossi da sette Regioni (Toscana, Emilia-Romagna, Liguria, Umbria, Sicilia, Puglia e Basilicata), le quali ritenevano la norma lesiva del loro ambito di competenza legislativa.
In particolare, riferisce che la disposizione impugnata aveva ad oggetto la rete scolastica e il dimensionamento delle scuole: essa disponeva infatti l’obbligatoria ed immediata costituzione di istituti comprensivi, mediante l’aggregazione della scuola dell’infanzia, della scuola primaria e di quella secondaria di primo grado, con la conseguente soppressione delle istituzioni scolastiche costituite separatamente, e la definizione della soglia numerica di 1.000 alunni che gli istituti comprensivi dovevano raggiungere per acquisire l’autonomia; soglia ridotta a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche.
Nel riepilogare anzitutto la ripartizione di competenze tra lo Stato e le Regioni in materia di istruzione in virtù della riforma del Titolo V della Costituzione, rammenta che la Consulta ha ben individuato – già con la sentenza n. 200 del 2009, confermata dalla sentenza n. 147 – la distinzione tra la competenza esclusiva dello Stato circa le norme generali sull’istruzione e la competenza concorrente delle Regioni sui principi fondamentali in materia di istruzione.
Nel primo ambito – competenza esclusiva – rientrano «quelle disposizioni statali che definiscono la struttura portante del sistema nazionale di istruzione e che richiedono di essere applicate in modo necessariamente unitario e uniforme in tutto il territorio nazionale, assicurando, mediante una offerta formativa omogenea, la sostanziale parità di trattamento tra gli utenti che fruiscono del servizio dell’istruzione (interesse primario di rilievo costituzionale), nonché la libertà di istituire scuole e la parità tra le scuole statali e non statali».
Afferiscono invece alla competenza concorrente «quelle norme che, nel fissare criteri, obiettivi, direttive o discipline, pur tese ad assicurare la esistenza di elementi di base comuni sul territorio nazionale in ordine alle modalità di fruizione del servizio dell’istruzione, da un lato, non sono riconducibili a quella struttura essenziale del sistema d’istruzione che caratterizza le norme generali sull’istruzione e, dall’altra, necessitano, per la loro attuazione (e non già per la loro semplice esecuzione), dell’intervento del legislatore regionale».
A giudizio della Corte, dunque, l’organizzazione della rete scolastica si inquadra nell’insieme delle competenze concorrenti delle Regioni. 
Il relatore precisa poi che detta materia è stata disciplinata dal Legislatore con diverse norme, da ultimo con il decreto-legge n. 112 del 2008 (articolo 64, comma 4-quater), che riconosceva la competenza delle Regioni salvo il rispetto di parametri fissati con d.P.R. n. 233 del 1998.
Sottolinea pertanto come all’atto di emanazione dell’articolo 19, comma 4, le Regioni avevano già provveduto all’approvazione dei piani regionali di dimensionamento in vista dell’inizio dell’anno scolastico 2011-2012, secondo lo schema di cui al citato d.P.R. n. 233 del 1998.
Egli riferisce quindi che la Corte, dopo aver rilevato l’ambiguità della disposizione impugnata, la quale non esclude l’ipotesi di soppressioni pure e semplici, pur regolando solo quelle finalizzate all’aggregazione, l’ha ritenuta rientrante nella competenza concorrente, per cui lo Stato poteva stabilire esclusivamente i principi fondamentali.
A detta della Corte, infatti, “l’aggregazione negli istituti comprensivi, unitamente alla fissazione della soglia rigida di 1.000 alunni, conduce al risultato di ridurre le strutture amministrative scolastiche ed il personale operante all’interno delle medesime, con evidenti obiettivi di risparmio; ma, in tal modo, essa si risolve in un intervento di dettaglio, da parte dello Stato, in una sfera che, viceversa, deve rimanere affidata alla competenza regionale”.
Fa notare altresì come il carattere di intervento di dettaglio nel dimensionamento della rete scolastica emerga, con ancor maggiore evidenza, dalla seconda parte del comma 4, relativa alla soglia minima di alunni che gli istituti comprensivi devono raggiungere per ottenere l’autonomia.
Non è stata perciò accolta, prosegue il relatore, la tesi dell’Avvocatura dello Stato secondo cui la norma aveva finalità di carattere generale in quanto volta al contenimento della spesa pubblica, da un lato, e dall’altro fissava requisiti minimi per l’autonomia delle scuole, facendo parte così della competenza esclusiva statale.
Egli puntualizza poi che è stata invece giudicata costituzionalmente legittima la successiva disposizione, di cui all’articolo 19, comma 5, del decreto-legge n. 98 del 2011, parimenti impugnata dalle Regioni.
Tale norma, secondo cui alle istituzioni scolastiche autonome costituite con un numero inferiore a 600 unità (ridotto a 400 per le scuole site in piccole isole, comuni montani e aree caratterizzare da specificità linguistiche) non possono essere assegnati dirigenti scolastici a tempo indeterminato, ma debbono essere coperte con incarichi di reggenza, pur incidendo a sua volta in modo significativo sulla rete scolastica, è stata ritenuta legittima dalla Corte in quanto non sopprime i posti di dirigente, limitandosi a prevederne una diversa modalità di copertura.
Osserva del resto che i dirigenti scolastici sono dipendenti pubblici statali, non regionali; il titolo di competenza esclusiva statale prevale perciò sul titolo di competenza concorrente.
Il perseguimento della finalità di contenimento della spesa pubblica attraverso un diverso criterio di assegnazione dei dirigenti scolastici rientra infatti pienamente – ad avviso della Corte – nell’ambito di competenza esclusiva dello Stato.
Tenuto conto della pronuncia di illegittimità costituzionale dell’articolo 19, comma 4, reputa infine necessario capire quali scenari si prefigurano per il prossimo anno scolastico.
Nel far presente che le Regioni hanno già dato seguito alla norma, ora censurata, per la formazione degli organici, rimarca che risulterebbe alquanto problematico riscorporare ora gli istituti aggregati. Rende quindi noto con sollievo che le Regioni – di cui ripropone l’audizione – hanno responsabilmente dichiarato che manterranno inalterata la situazione per l’anno scolastico 2012-2013, in ossequio ad un principio di buon andamento dell’amministrazione, salvo però intervenire per l’anno successivo.
Soffermandosi su alcuni dati, il relatore riferisce indi che i piani di dimensionamento della rete scolastica, con decorrenza dal 1° settembre 2012, adottati dalle Regioni, hanno prodotto una riduzione di 1.013 istituzioni scolastiche, benché non tutte le Regioni abbiano ultimato i propri piani.
A seguito di tali interventi, emerge la seguente distribuzione per numero di alunni:
fino a 300: 105 scuole;
fino a 400: 309 scuole;
fino a 500: 489 scuole;
fino a 600: 805 scuole;
fino a 700: 1.168 scuole;
da 701 a 1.100: 4.331 scuole;
da 1.101 a 1.300: 1.110 scuole;
da 1.301 a 1.500: 533 scuole;
da 1.501 a 1.700: 163 scuole;
da 1.701 a 1.900: 54 scuole;
da 1.901 a 2.100: 16 scuole;
oltre 2.100: 5 scuole, per un totale nazionale di 9.088 scuole.

È evidente peraltro, prosegue il relatore, che il disagio conseguente all’accorpamento in un unico istituto di oltre un migliaio di alunni è diverso in un piccolo comune ovvero in un’area più vasta, nella quale occorra coprire maggiori distanze.
Egli pone perciò l’accento sulla necessità di individuare un parametro che consenta di determinare il contingente di dirigenti scolastici da assegnare a ciascuna Regione nell’ambito del quale ciascuna possa compiere le scelte più adatte al proprio territorio.
A suo giudizio, esso deve essere basato, da un lato, sul numero di alunni di ciascuna Regione e, dall’altro, sull’esigenza di contenimento della spesa pubblica.
Ciò permetterebbe alle Regioni di definire la propria rete scolastica autonomamente, senza dover rispettare un numero di alunni uguale per tutte le scuole, dimensionando queste ultime a seconda delle diverse realtà territoriali.
Tenuto conto che il rapporto medio nazionale, dopo gli accorpamenti del 2012-2013, è pari a 860 alunni per scuola, per un totale di 8.617 istituti scolastici, egli propone il parametro di 900 alunni, con il quale gli istituti scolastici salirebbero a 8.692.
Lo scarto sarebbe pertanto assai contenuto, pari ad appena poche decine di scuole, mentre l’autonomia delle Regioni sarebbe salvaguardata.
Il sottosegretario Elena UGOLINI conferma che per domani è previsto un incontro con le Regioni dedicato all’avvio del prossimo anno scolastico.
In quella sede, sarà probabilmente convenuto di lasciare immutati gli organici per il 2012-2013, mentre sarà avviata una discussione per rivedere i parametri a partire dal 2013-2014.
Ritiene pertanto assai utile ogni indicazione che sarà fornita al riguardo dal Senato.
Il seguito dell’esame è rinviato.
La seduta termina alle ore 16,20.

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