Strano destino quello del tempo pieno della scuola primaria. Dopo una vita tranquilla che per oltre vent’anni lo ha visto in costante crescita di domanda con conferma del tradizionale modello del doppio organico docenti per ogni classe, circa otto anni fa, con le riforme del ministro Moratti ha subito una prima destrutturazione che ne ha compromesso l’unità con la disarticolazione dei vari momenti della giornata, secondo quella che è stata denominata operazione “spezzatino”.
Anche in questa condizioni non è diminuita la domanda delle famiglie.
Con una revisione normativa voluta dal ministro Fioroni il tempo pieno circa cinque anni fa è stato ricomposto nella sua unitarietà (e ha continuato a registrare aumento di domanda).
Circa tre anni fa un regolamento del ministro Gelmini ha sì confermato il modello del doppio organico di docenti per classe e l’unità del progetto, ma ha consentito di assegnare diversamente le ore di contemporaneità/compresenza dei due docenti per classe.
Nel momento in cui si confermava il doppio organico per classe con la possibilità di utilizzare le ore non frontali di lezione per venire in aiuto ad altre classi normali in difficoltà organizzative o per far nascere nuove classi a tempo pieno, ci si è chiesto se una ipotesi del genere avrebbe avuto effettiva applicazione o sarebbe stata soltanto una modifica di facciata con conseguente salvataggio del vecchio modello del doppio organico docenti per ciascuna classe a tempo pieno.
La risposta è venuta dal monitoraggio sulle Indicazioni il cui report per la scuola primaria è stato pubblicato nei giorni scorsi dal Miur.
In base alle risposte fornite dalle scuole, l’impiego della compresenza per attività nella classe risulta pari al 52%, il potenziamento dell’attività formativa di altre classi al 36%, la costituzione di nuove classi a tempo pieno nell’ambito della medesima istituzione scolastica al 12%.
Ciò significa che quasi la metà delle risorse orarie non viene più utilizzata all’interno della classe.
Il doppio organico è stato destrutturato almeno per la metà (la riforma non è ancora andata a regime e si può pensare che la situazione si evolverà ulteriormente). Ciò significa che già oggi la metà delle scuole a tempo pieno ha una mobilità interna di docenti che passano da una classe all’altra.
Il tempo pieno ha cambiato fisonomia, ma la domanda tiene e anzi aumenta.
tuttoscuola.com | lunedì 23 aprile 2012 |