confermarlo un giudice del lavoro di Lagonegro, che ha accolto un ricorso della Gilda contro un ds che aveva dichiarato ingiustificata una giornata di permesso: il capo d’istituto non può giudicare le motivazioni. Bocciata pure la “prassi” di chiedere il piano di sostituzione gratuite dei colleghi. Il sindacato: basta con l’inginocchiatoio per i permessi.
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È un diritto di un docente, in nessun caso una concessione del dirigente, fruire di tre giorni di permesso l’anno per motivi personali o familiari. A confermarlo è stato un giudice del lavoro di Lagonegro, a seguito di un ricorso, promosso dalla Gilda di Potenza, contro un dirigente scolastico che aveva dichiarato assenza ingiustificata una giornata di permesso di cui aveva fruito un docente.
Con la sentenza 309/2012, il giudice ha stabilito illegittima la decisione del capo d’istituto che avevo disposto la trattenuta dell´intera giornata e che lo stesso docente assente per motivi familiari pagasse di tasca propria il supplente nominato in sua sostituzione.
“Il giudice monocratico – riassume con tono entusiasti la Gilda – ha dichiarato nulli i provvedimenti del dirigente e ha disposto che al docente venisse restituita la retribuzione e la somma corrispondente a quanto aveva versato”. Per il sindacato autonomo è quindi ora di dire basta “all’inginocchiatoio per i permessi”. Ancora una volta, il vulnus della sentenza risiede nel contratto collettivo nazionale di lavoro. “Per il personale – sostiene il giudice – è prevista la possibilità di richiedere tre giorni di permesso retribuito per motivi personali oppure familiari. Questo istituto contrattuale, con l´accordo sottoscritto il 29.11.2001, è diventato un diritto (nel precedente contratto si diceva invece: ‘sono attribuiti’)”. Nella sentenza si sottolinea, di conseguenza, che le condizioni necessarie per potere usufruire dei tre giorni di permesso, ma anche degli altri sei giorni di ferie fruibili per ogni anno scolastico per analoghi motivi, “sono semplicemente che i giorni di permesso vengano richiesti per motivi personali oppure per motivi familiari. Tali motivazioni sono sottratte alla valutazione discrezionale del Dirigente Scolastico, il quale pertanto non può entrare in merito alle stesse”. La sentenza sottolinea, inoltre, che al ds non è quindi “consentito di comparare le esigenze scolastiche con le ragioni personali o familiari certificate per cui il permesso è richiesto, ma” il suo operato dovrà limitarsi a svolgere “un controllo di tipo formale in merito alla presentazione della domanda ed all´idoneità della documentazione a dimostrare la sussistenza delle ragioni poste a base della domanda; né tanto meno, è consentito al Dirigente Scolastico porre delle regole preventive che vietino o restringano la possibilità per i docenti di usufruire dei permessi o delle ferie in periodo di attività didattica, qualora queste siano richieste per motivi personali o familiari”. Il riferimento del giudice è alla pessima consuetudine, da parte di non pochi dirigenti scolastici, di concedere ai docenti i giorni chiesti per motivi personali solo previa presentazione del piano di sostituzione gratuite da parte dei colleghi. Una circostanza, è bene sottolinearlo, che a causa degli impegni concentrati in poche ore del corpo docente non sempre risulta fattibile. Per comprendere che anche in questo caso si tratta di una richiesta inappropriata, basta andare a verificare il contenuto dell´art. 15 comma 2 del Ccnl: “il dipendente, inoltre, ha diritto, a domanda, nell´anno scolastico, a tre giorni di permesso retribuito per motivi personali o familiari documentati anche mediante autocertificazione. Per gli stessi motivi – spiega sempre il contratto in vigore – e con le stesse modalità, sono fruiti i sei giorni di ferie durante i periodi di attività didattica di cui all´art. 13 comma 9, prescindendo dalle condizioni previste in tale norma”. Nessun riferimento viene fatto, quindi, alla necessità di farsi sostituire (come invece esplicitamente indacato per i giorni di ferie svincolati da motivazioni personali o familiari). Per il dirigente, inoltre, fino a quando non cambierà la norma contrattuale non vi è possibilità di intervenire nemmeno sul merito della domanda di fruizione dei tre/nove giorni. Una sentenza della Corte dei Conti (3 febbraio 1984, n.1415) ha infatti stabilito che per esigenze personali o familiari “possono identificarsi con tutte quelle situazioni configurabili come meritevoli di apprezzamento e di tutela secondo il comune consenso, in quanto attengono al benessere, allo sviluppo ed al progresso dell´impiegato inteso come membro di una famiglia o anche come persona singola. Pertanto, non deve necessariamente trattarsi di motivi o eventi gravi (con la connessa attribuzione all´ente di un potere di valutazione della sussistenza o meno del requisito della gravità), ma piuttosto di situazioni o di interessi ritenuti dal dipendente di particolare rilievo che possono essere soddisfatti solo con la sua assenza dal lavoro“. Alla luce di questo diritto, un dipendente che chiede quindi di recarsi durante un giorno di lezioni scolastiche in un luogo per lui importante (anche se oggettivamente potrebbe non esserlo) molto difficilmente si vedrà negata la richiesta. E i dirigenti che lo faranno dovranno addurre motivazioni sicuramente non inerenti al tipo di richiesta (ma spiegare al limite che vi sono cogenti motivi didattici, come la presenza di un alto numero di richieste nello stesso giorno).
Tornando al giudice di Lagonegro, questi non ha colto nel comportamento del docente in servizio presso l’istituto lucano alcun rilievo. Nemmeno nella tempistica della domanda e nella produzione dei motivi che l’hanno determinata, poiché “ha tempestivamente proposto domanda per assentarsi ed ha documentato idoneamente, autocertificandoli, i motivi personali e familiari per cui intendeva assentarsi”. Con la sentenza ha quindi accolto il ricorso. Ritenendo “illegittimi la trattenuta di una giornata lavorativa e l’addebito del costo pari alle ore di servizio”.
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