L’equiparazione dei dipendenti pubblici ai privati arriverà in estate con la riforma del lavoro: la mobilità obbligatoria per due anni già esiste, ma d’ora in poi per chi non sarà ricollocato scatterà il licenziamento. Cgil e Uil pronti allo sciopero. Cisl: serve un confronto. Anief: pensi a rilanciare i servizi. Ugl: sono altri i veri sprechi.
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Il personale in esubero e non ricollocabile entro due anni va licenziato: anche quello con un contratto nel pubblico impiego. A sostenerlo, attraverso un’intervista all’Avvenire pubblicata il 19 aprile, è stato il ministro della Pubblica amministrazione, Filippo Patroni Griffi. La novità, rispetto a quanto sinora paventato dai più alti rappresentanti del Governo, come il ministro del Lavoro Elsa Fornero, è che il provvedimento non è solo un’idea da mettere sul tavolo: secondo Patroni Griffi il progetto è già molto avanti, tanto che nelle intenzioni del responsabile della Pa verrà incluso nella riforma del lavoro. E quindi la norma sarà approvata entro l’estate. Per farlo si attuerà una apposita delega per l’estensione delle norme anche al pubblico impiego.
“Spero che capiscano tutti anche i sindacati”, ha detto il ministro della Pubblica amministrazione. “Devono accettare il meccanismo di mobilità obbligatoria per due anni che già esiste ma che ancora non è stato attuato. Noi andiamo avanti e in tempi brevi definiremo per ogni singola amministrazione, il quadro delle eccedenze del personale in servizio. E chiariremo – ha aggiunto Patroni Griffi – che questo non significa che dopo 24 mesi quei lavoratori dovranno essere licenziati. Prima proveremo a vedere se quel personale, riqualificato, potrà essere utilizzato meglio in altri settori. Poi, solo se alla fine non si troveranno alternative l’unica strada rimarrà quella del licenziamento”. Dopo la premessa, la ‘stoccata’ finale: il governo intende concludere il progetto al più presto, già “entro l’estate, anche perché – ha concluso il Ministro – già nella seconda metà di maggio. Dopo gli incontri che ho in corso con i sindacati vorrei che si varasse il disegno di legge sulle nuove regole del pubblico impiego”. Le parole di Patroni Griffi ha destato immediate e vibranti reazioni tra tutti i sindacati che difendono i lavoratori della pubblica amministrazione. “Se il ministro Patroni Griffi intende imporre licenziamenti facili nelle pubbliche amministrazioni – ha detto Mimmo Pantaleo, segretario generale Flc-Cgil – sappia che siamo pronti allo sciopero generale, dopo la manifestazione del pubblico impiego di lunedì 23 a palazzo Vidoni”. Il leader dei lavoratori della conoscenza sostiene che non si possono cambiare le regole in corsa, perché devono essere sempre “condivise e rispettose dei contenuti dei contratti”. Per la Flc-Cgil, quindi, non si può parlare di licenziamenti se prima non si garantiscono “vere opportunità alternative in termini di mobilità”. E nel comparto dell’istruzione pubblica queste sicuramente non mancano: “dopo i tagli di organico nella scuola pubblica – conclude Pantaleo – riteniamo che esistono possibilità concrete di utilizzare il personale in esubero per migliorare la qualità dell’offerta formativa”.
Anche per la Cisl non è agitando lo spettro del licenziamento che si può far crescere il livello di produttività della pubblica amministrazione. Giovanni Faverin (Cisl Fp) e Francesco Scrima (Cisl Scuola) scrivono che “la licenziabilità dei dipendenti pubblici è un falso problema: le norme esistono e la disciplina anzi è più rigida che nel privato. Sulla mobilità, in particolare, non abbiamo bisogno di ‘capire’: nella scuola ogni anno gestiamo attraverso contratti la mobilità di migliaia di lavoratori, che ultimamente è stata soprattutto mobilità forzosa per far fronte a esuberi e soprannumero. Invece di alimentare inutili tensioni sui media, il ministro valorizzi il confronto con le parti sociali”.
Secondo i sindacalisti della Cisl “il punto vero è pensare ad una riorganizzazione seria e complessiva della Pa e della scuola, all’interno della quale rilanciare le priorità: qualità dei servizi, sostenibilità, produttività, certificazione delle competenze”.
Un piano alternativo a quello di Patroni Griffi è stato reso pubblico dal segretario confederale Cisl, Gianni Baratta. “Si riapra, contestualmente, lo spazio contrattuale compresso dalle vigenti leggi; si accetti il confronto per la spendig reviu stabilendo per ogni amministrazione la destinazione dei risparmi degli investimenti e la remunerazione del lavoro; si decidano iniziative forti sull’occupazione riguardanti anche il precariato e sulla formazione; si sblocchi la previdenza integrativa dopo la ‘paccata’ subita sulla riforma delle pensioni”.
Paolo Pirani, segretario confederale Uil, chiede a questo punto “se ci sia o meno l`intenzione di sottoscrivere con il sindacato un accordo sul lavoro pubblico. Contro la ‘svalorizzazione’ del lavoro pubblico e in mancanza di un progetto di rilancio della qualità della Pubblica amministrazione a favore dei cittadini – ha aggiunto – la Uil ha già realizzato uno sciopero generale. Continueremo a contrastare, con determinazione, ogni politica che facesse gravare sui lavoratori pubblici i costi delle inefficienze e degli sprechi generati da scelte politiche dissennate”.
Anche per l’Anief il ministro Patroni Griffi sbaglia ad annunciare i licenziamenti dei lavoratori pubblici. “Il problema – dice il presidente Marcello Pacifico – non è garantire un posto di lavoro che non c’è più, ma investire e programmare una ripresa economica che a partire da una migliore distribuzione dei servizi da parte dello Stato possa rilanciare l’economia del nostro Paese e farlo uscire dalla recessione. Noi abbiamo denunciato dal mese di novembre, subito dopo l’approvazione della Legge 183/11, l’ingiusto licenziamento dei lavoratori in esubero appartenenti all’amministrazione pubblica. Anche perché si tratta di provvedimenti punitivi che non corrispondono ad alcun intervento di riorganizzazione e rilancio dei servizi del comparto statale”.
A non accettare “mai che si ricorra ai licenziamenti come strumento per ridurre le spese dalla pubblica amministrazione”, sono anche i segretari dell`Ugl Intesa Funzione Pubblica, Paola Saraceni e Francesco Prudenzano: “bisogna sì pensare ad una riorganizzazione della pubblica amministrazione – spiegano – ma abbattendo i veri sprechi, intervenendo duramente su esternalizzazioni e consulenze e valorizzando i dipendenti pubblici. Una riorganizzazione – concludono – è necessaria, ma non sulla pelle dei lavoratori”.
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