fbpx

La disputa sulla trattenuta Enam finisce in tribunale

1170
Quasi tutti i sindacati chiedono di cancellare la trattenuta obbligatoria a seguito della soppressione del medesimo ente e del trasferimento della “tassa” nelle casse dell’Inps. In ballo ci sono 50 milioni di euro annui.
Sulla trattenuta Enam i sindacati della scuola (esclusa la Cisl) sembrano aver messo alle spalle gli indugi: dopo la Flc-Cgil, la Uil Scuola e di recente la Gilda degli insegnanti, anche l’Anief predispone le azioni legali per cancellare la trattenuta obbligatoria a seguito della soppressione del medesimo ente e del trasferimento della stesso importo nelle casse dell’Inps.
Al centro della questione vi è la “tassa” che, attraverso un decreto del lontano 1947, sottrae ai circa 300mila maestri della scuola primaria lo 0,80% dello stipendio in cambio di servizi, opportunità professionali e possibili contributi. Servizi, opportunità e contributi di cui però i maestri, sul piano pratico, non hanno riscontro da diverso tempo. Mentre continuano a vedersi sottrarsi tra i 150 e i 200 euro l’anno. Che, complessivamente, arrivano a sovvenzionare all’ente una cifra tutt’altro che trascurabile pari a 50 milioni di euro annui.
Il punto è che l’Enam dal 30 luglio scorso è stato soppresso. O meglio, assorbito dall’Inps. “Il paradosso è che con l’approvazione della manovra Monti – ha detto Marcello Pacifico, presidente dell’Anief – migliaia di colleghi dovranno quindi versare allo stesse ente previdenziale, l’INPS, due trattenute: una per la pensione, l’altra per un ente, l’Enam, di cui non si percepisce più l’utilità. Per questo abbiamo chiesto di far risarcire le quote illegittimamente trattenute dallo scorso agosto, al netto degli interessi maturati”.
La battaglia legale si prevede aspra. Nei giorni scorsi le revoche inviate dallo stesso sindacato degli educatori in formazione alla Ragioneria provinciale dello Stato (e per conoscenza all’Inps) sono state respinte. E se quasi tutti i sindacati, come sembra, vogliono perseguire la strada del ricorso non c’è altra scelta: portare la disputa in tribunale.
In questo articolo