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PENSIONAMENTO COATTO DI PIETRO PERZIANI

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Per quanto riguarda le pensioni, finora ci siamo occupati della possibilità di andare in pensione da parte di chi vuole andarci, a seguito delle pesanti modifiche alla legislazione previgente apportate dalla Legge 214/2011.

Adesso sta esplodendo la questione opposta: il “pensionamento coatto” di coloro che hanno maturato i requisiti per l’accesso alla pensione, ma che in pensione non ci vogliono andare.

In questi giorni, diversi USR hanno inviato le lettere di preavviso di rescissione del rapporto ai dirigenti scolastici, invitandoli a fare altrettanto nei confronti del personale docente ed ATA delle loro scuole.

Tutto questo, in mancanza di disposizioni di livello nazionale, che non vengono emanate per il semplice motivo che le questioni irrisolte nel passaggio dalla vecchia alla nuova normativa sono veramente molte.

Forse per evitare di trovarsi in difetto, gli USR si sono mossi quindi autonomamente, emanando disposizioni di dubbia legittimità e creando probabilmente disparità di trattamento tra le diverse Regioni.

Vediamo di fare il punto della situazione.

Collocamento a riposo d’ufficio per età

Un primo discorso va fatto per il collocamento a riposo d’ufficio per raggiunti limiti di età.

Fino all’anno scorso la pensione di vecchiaia era fissata al compimento dei 65 anni di età, con la Legge 214/2011 il limite è stato fissato a 66 anni, di conseguenza anche il collocamento a riposo d’ufficio dovrebbe essere disposto al compimento dei 66 anni; tutta la normativa previgente dovrebbe essere adeguata, ivi compresa la possibilità di chiedere ed eventualmente ottenere la proroga di due anni non più a 65 ma a 66 anni, con la possibilità di rimanere in servizio fino ai 68 anni.

Bisognerebbe quindi riaprire i termini per la richiesta della proroga e rivedere le situazioni già definite, spostando il termine ultimo per il collocamento a riposo a 68 anni.

Rescissione del rapporto di lavoro per anzianità massima contributiva

Alquanto diverso il discorso per una novità degli ultimi anni: la rescissione del rapporto di lavoro al compimento dell’anzianità massima contributiva di 40 anni, previo preavviso di sei mesi.

Abbiamo avuto più atti normativi; questa la cronologia:

-legge 133/2008, art. 72, comma 11

-legge 102/2009, art. 17, comma 35 novies, che limita il campo di intervento agli anni 2009, 2010, 2011

-legge 148/2011, art 1, comma 16, che estende il campo di applicazione agli anni 2012, 2013, 2014

Ora, l’anzianità massima contributiva non esiste più come istituto giuridico;  la stessa legge 214/2011, all’art. 24, comma 20, fa però riferimento all’applicazione della legge 112/2008: “Resta fermo che l’attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 72 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni con legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni e integrazioni, con riferimento ai soggetti che maturano i requisiti per il pensionamento a decorrere dal 1° gennaio 2012, tiene conto della rideterminazione dei requisiti di accesso al pensionamento come disciplinata dal presente articolo.”

Il pensionamento coatto dovrebbe quindi essere rimasto in vigore; ma in che termini? La norma fa riferimento “ai soggetti che maturano i requisiti per il pensionamento a decorrere dal 1° gennaio 2012”, così come sono fissati nel medesimo articolo 24 della Legge, che dovrebbero quindi essere i nuovi termini del “pensionamento coatto”.

I requisiti  per l’anno 2012 sono:

-41 anni e 1 mese di contribuzione per le donne

-42 ani e 1 mese di contribuzione per gli uomini.

Questi dovrebbero essere i nuovi termini per il “licenziamento coatto”, con l’aggiunta del requisito dei 62 anni di età, dato che per età inferiori è prevista una penalizzazione nel trattamento pensionistico.

Come si sarà notato, abbiamo usato sempre il condizionale, perché le cose non sono affatto chiare.

Va anche considerato che il “pensionamento coatto” appare in contrasto con la norma che nel medesimo articolo 24, al comma 4, incentiva la permanenza in servizio grazie all’ “operare dei coefficienti di trasformazione calcolati fino all’età di settant’anni”; come si può migliorare la propria posizione, se si è costretti ad andare in pensione? La norma appena citata subordina però questa possibilità ai limiti ordinamentali dei rispettivi settori di appartenenza”, che onestamente al momento ci sfuggono.

La confusione è grande sotto il cielo…

E’ chiaro comunque che un USR non ha la competenza per risolvere simili problemi interpretativi, si tratta di questioni di livello nazionale, per cui i preavvisi inoltrati appaiono veramente di dubbia legittimità.

Ad esempio, va detto che sicuramente è illegittimo quanto disposto dall’USR Sicilia: quest’anno coloro che hanno compiuto 65 anni di età entro la data del 31/12/2011 e/o sono in possesso di 40 anni di contribuzione, saranno collocati obbligatoriamente in quiescenza a decorrere dal 1° settembre p.v.”; non si capisce come si possa ora disporre il pensionamento coatto per requisiti maturati lo scorso anno.

Di fatto, l’USR Sicilia fa riferimento alla maturazione dei diritti acquisiti, che sono però una prerogativa di cui il singolo soggetto può avvalersi, a domanda, oppure non avvalersi, scegliendo di rientrare nella nuova normativa; un diritto da agire a livello soggettivo non può certo essere utilizzato per imporre il collocamento a riposo, quando ormai la normativa è cambiata.

Dal punto di vista pratico, ricordiamo comunque che un preavviso è appunto un preavviso, che lascia il tempo che trova in caso le disposizioni emanate a livello nazionale siano di altro tenore; prima o poi, il MIUR dovrà decidersi ad emanare una circolare sulle pensioni e l’INPS/INPDAP dovrà decidersi a rendere pubblica la sua interpretazione degli aspetti più oscuri nell’applicazione delle nuova normativa.

Quanto appena detto non vale però nel caso si riscontrino nelle comunicazioni dell’USR delle palesi illegittimità, tipo quelle della Sicilia; in tal caso, è bene fare subito opposizione, anche davanti al giudice del lavoro.

Ricordiamo infine che si sta parlando di una facoltà che l’Amministrazione può anche non esercitare, in base ai criteri già definiti negli anni scorsi, sia per i dirigenti che per il personale docente ed ATA.Pietro Perziani dal sito www.governarelascuola.it

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