La Sicilia è paralizzata e di fronte ai distributori chiusi e agli scaffali vuoti c’è chi parla di sommossa. La protesta di Forza d’urto, il gruppo di associazioni di autotrasportatori e agricoltori, indipendenti dalle organizzazioni nazionali e dai partiti, che da lunedì notte blocca porti, autostrade e raffinerie, ha raggiunto nelle ultime ore numeri e toni che nessuno aveva previsto. Le centrali sindacali prendono le distanze: l’Unatras (Confartigianato Trasporti, Cna Fita, Fai, Fiap L, Casartigiani, Unitai) ha sospeso il fermo nazionale proclamato dal 23 al 27 gennaio. Trasporto Unito invece l’ha confermato.
Per tutta la giornata di ieri, presidi di camionisti, agricoltori e pescatori hanno bloccato l’accesso agli stabilimenti petrolchimici di Gela e Priolo, la raccolta dei rifiuti nel nisseno, l’attività commerciale dei porti dell’isola e il traffico dei tir attraverso i caselli di Messina e del catanese, sulla Catania-Gela… Presidiati il polo commerciale e i mercati ortofrutticoli di Comiso, Scicli, Vittoria. Blocchi spontanei sono stati segnalati anche in Calabria. Il vescovo di Caltagirone, Calogero Peri, ha visitato i presidi della zona.
Qualche commerciante ha denunciato di essere stato costretto a chiudere il proprio negozio, mentre altri lo hanno fatto per solidarietà o perché per effetto del blocco, che andrà avanti fino a venerdì notte, il rifornimento è impossibile: le stazioni di servizio di molte città sono a secco e gli scaffali dei supermercati vuoti. Dove i rifornimenti arrivano, come a Catania, ciò avviene grazie alle forze dell’ordine che scortano le autocisterne e i tir che trasportano beni di prima necessità. Proprio nella città etnea sarebbe stato ferito un camionista che cercava di forzare il blocco.
La matrice politica resta incerta. I promotori di Forza d’urto si definiscono apolitici e si richiamano ai vespri siciliani, i centri sociali di sinistra hanno espresso la loro solidarietà e stanno convocando manifestazioni a sostegno della protesta, ma i toni sono quelli del “boia chi molla” che mise a ferro e fuoco Reggio Calabria nel ’70. Oggi gli autotrasportatori dell’Aias e gli agricoltori del movimento dei Forconi vedranno il presidente della Regione. Gli agricoltori rivendicano misure per la competitività delle produzioni mediterranee assediate dalle importazioni nordafricane, mentre gli autotrasportatori se la prendono con le accise, denunciando da dicembre un aggravio di 188 euro per ogni mille litri di gasolio, con l’ecopass del comune di Messina, con i pedaggi marittimi e con le sanzioni imposte a chi viola i tempi di lavoro e riposo, a loro dire incompatibili con i tempi di trasporto dell’ortofrutta richiesti dal mercato.
Il resto della Sicilia sta a guardare: «Se non si sblocca la situazione – denuncia Confcommercio Palermo – si rischia che nel giro di un paio di giorni i negozi di alimentari debbano abbassare le saracinesche perché si saranno esaurite le scorte». Quella di Catania denuncia però «veri e propri atti intimidatori che sfociano nella violenza a danno di esercenti e commercianti» e le altre associazioni imprenditoriali parlano già di «gruppi mafiosi infiltrati nella protesta». Di fronte a questa jacquerie la politica appare spaesata e divisa: Anna Finocchiaro (presidente dei senatori Pd) boccia i dimostranti e parla di «situazione insostenibile», mentre per Stefania Prestigiacomo (ex ministra di Berlusconi e deputato del PdL) «i governi nazionale e regionale devono ascoltare la protesta dei forconi».