La chiamavano «la maestrina», per via del suo caschetto nero e dell’occhialino da secchiona calato sul naso. E lei ha ribaltato la vecchia scuola e ne ha costruito una nuova. Le hanno portato in piazza l’Onda scolastica, casomai semplici cortei di protesta non fossero bastati a tastare la rabbia degli studenti. E lei ha risposto con il 5 in condotta, la riforma della maturità e i test di merito per tutti i ragazzi delle medie. E ora che il mondo non è più diviso tra «Gelmini» e «anti-Gelmini» e all’Istruzione siede il tecnicissimo Francesco Profumo le chiedi banalmente: Le manca il ministero? «Francamente no. È stata una bellissima esperienza, molto formativa e faticosa ma adesso guardo avanti. Ho altri obiettivi. Più tempo per stare con mia figlia e una qualità della vita migliore».
E le luci della ribalta? Un giorno tutti ti cercano, dopo sei un semplice deputato.
«Sono molto serena. La politica passa, la vita privata resta».
Partiamo dal fondo allora. Mamma e ministro. Non deve essere stato facile…
«Sono una privilegiata, non mi paragono certo alla maggior parte delle donne che devono conciliare famiglia e lavoro. Lavorare e crescere un figlio è difficile. Ma nel mio caso è fattibile. Da quando Emma è nata prendiamo il treno o l’aereo ogni lunedì mattina per Roma e torniamo a Brescia il giovedì. L’ho sempre portata al ministero con me, poi in parlamento, naturalmente ho una tata che mi aiuta. La mattina sto con la bimba, leggo i giornali, la vesto, poi la lascio qualche ora e torno per pranzo».
Mai pensato «chi me l’ha fatto fare» di accettare un ministero come l’istruzione?
«Sì, è chiaro. Un’attività totalizzante come quella, inevitabilmente comporta grandi sacrifici. Mi è capitato spesso di partire la mattina mentre mia figlia dormiva e tornare la sera tardi che era già a letto. Per una mamma è frustrante».
L’hanno rimproverata di essere tornata subito al lavoro dopo la gravidanza….
«Ero ministro, cosa dovevo fare? Non sempre si fa quel che si vorrebbe. E io allora mi sentivo di conciliare l’attività di ministro con la maternità. Un ministro non può sottrarsi al lavoro per sei mesi. È stata una polemica stupida».
Un altro bimbo?
«Mi piacerebbe, ci sto pensando».
Cosa fa una Gelmini di questi tempi?
«Se intende in queste vacanze, sono sul lago di Garda con la famiglia. Sono giorni molto belli perché Emma comincia a parlare e a camminare, interagisce con noi. Il problema è che si addormenta tardissimo la sera, non prima delle undici e prima di allora regolarmente ha una fase di follia. Non ho ancora trovato una ninna nanna che la faccia dormire… per fortuna a un certo punto si spegne da sola come una batteria. Poi di giorno è il caos: nasconde le cose, è pazza per l’iPad e per il telefonino, i bimbi di oggi sono incredibili».
Suo marito l’aiuta?
«Mi aiuta a viziarla, in questo è bravissimo».
E l’ex ministro, invece, che fa?
«Sono tornata all’attività parlamentare. Sono anche tornata sul territorio. Chiaramente seguo l’attività del nuovo ministro e sono contenta di vedere che sta portando avanti il lavoro che ho cominciato io».
In compenso si è parlato di riaprire i concorsi. Che potrebbe significare un’altra infornata di insegnanti.
«La legge che ho approvato non consente più concorsi vecchio stile. Se il governo Monti non cambia quella legge si potrà assumere fino al numero dei posti vacanti. Non oltre. Il mio ministero ha ridotto di 80mila posti la pianta organica degli insegnanti perché avevamo il numero di prof più alto d’Europa. Sa che significa questo? Otto miliardi risparmiati».
Invece il governo Monti mette le tasse…
«Quella di Monti è una scelta che non condivido. Non è il nostro modo di fare politica. Sento molti elettori di centrodestra insoddisfatti».
Non le piace la sobrietà?
«Berlusconi ha sempre distinto i due piani: da una parte l’operato consapevole e attento, dall’altro il linguaggio ottimista e fiducioso. La fiducia è un fatto positivo, a forza di parlare di austerità e risparmi si sono dimezzati i consumi natalizi, qualcosa vorrà pur dire».
Avrà pure sbagliato anche il ministro Gelmini?
«Di errori ne ho fatti più d’uno, soprattutto sul piano della comunicazione. Sul piano della sostanza credo di aver fatto le riforme indispensabili».
Parla di comunicazione e mi vengono in mente i neutrini… Il famoso tunnel «tra il Cern ed i laboratori del Gran Sasso, attraverso il quale si sarebbe svolto l’esperimento che ha messo in dubbio Einstein, e «cui l’Italia» – cito il comunicato del Miur – «ha contribuito con 45 milioni di euro». Una gaffe mostruosa, 520mila contatti sulla rete in un pomeriggio. Una figura colossale. Sono in malafede o è quello il problema di comunicazione cui si riferisce?
«Guardi, è stata una tragicomica assurda. Uno fa due riforme dell’istruzione, lavora come un matto dalla mattina alla sera, si costruisce una credibilità e in un attimo succede il disastro».
Può dirci come è andata davvero?
«Era il giorno delle congratulazioni ufficiali, una cosa di prassi che si fa regolarmente in un ministero in presenza di una scoperta importante. Ero al Quirinale, non mi ricordo neanche per che cosa. Sapete benissimo come funziona, un ministro mica può passare al setaccio e approvare tutti i comunicati stampa del mondo. Chi dice il contrario mente. Il comunicato io l’ho visto purtroppo, ma il giorno dopo. Lì ho capito la grande forza della rete e la capacità della sinistra di strumentalizzare qualunque cosa. Un casino incredibile. Mi ha dato molto fastidio».
Adesso si può dire: chi è il colpevole?
«Non so ancora chi abbia materialmente scritto quel comunicato ma la responsabilità è stata sicuramente di chi gestiva i rapporti con la stampa, anche perché l’errore più grosso l’ha commesso nel successivo comunicato. Si è parlato di “polemica strumentale” ma forse bastava scusarsi e fare un po’ di ironia».
Neutrini e Cern. Un pretesto per darvi addosso o l’inizio della fine?
«Era chiaro il tentativo di fare cadere il governo su qualunque cosa potesse tornare utile allo scopo. Sui neutrini come sullo spread. Era in atto una crisi gigantesca ma l’unico obiettivo era far cadere il governo del Cavaliere. Quel che è avvenuto dopo ci ha reso giustizia. Non è bastato Monti per abbassare lo spread. Non è bastata la sua credibilità internazionale a evitarci una manovra lacrime e sangue. Certo, anche noi abbiamo fatto i nostri errori: non lo nego. La riforma delle pensioni, per esempio, dovevamo farla prima».
Cosa ha pensato delle lacrime della Fornero?
«Credo sia stata un’emozione sincera, consapevole, un tocco di umanità in un governo molto tecnico».
Lei ha mai pianto?
«Mi è capitato ma nella situazione più grave in cui può trovarsi un ministro. Ero all’inizio del mandato. E a Rivoli morì uno studente per il crollo del soffitto della scuola, la cosa mi colpì molto».
Cosa pensa delle quote rosa dell’attuale governo?
«Mi sembrano ministre molto competenti anche se mi ha dato fastidio il distinguo che è stato fatto tra loro e noi. Sulle donne del governo Berlusconi ci sono stati molti pregiudizi, forse perché la Carfagna veniva dal mondo dello spettacolo, forse perché io non ero stata insegnante. Come se una giovane e di bella presenza non possa essere anche un ministro valido. Era capitato anche ai tempi della Melandri. Non che questo tipo di critica mi abbia mai turbato troppo. Per noi parlano i risultati: io le riforme le ho fatte, la Carfagna è stata un buon ministro alle pari opportunità, la Meloni si è distinta per il sostegno ai giovani e la Prestigiacomo ha fatto bene alle politiche ambientali».
Governo Berlusconi, i tagli di Tremonti, le liti per le spese dei ministeri. Le ricorda qualcosa?
«Sicuramente con Tremonti le tensioni ci sono state anche se l’ho sempre stimato molto. Ricordo divergenze di opinioni e scambi di battute pesanti. D’altronde uno è un ministero di spesa, l’altro no. Però devo dire che i contrasti con lui sono stati intensi all’inizio, poi la lotta agli sprechi l’ho condivisa anch’io. Vede, sono fiera di aver fatto parte di un governo che anziché aumentare le tasse ha tagliato le spese».
Che scuola frequenterà Emma?
«Ho sempre rifiutato la divisione tra scuola statale e scuola privata, tutte le scuole sia statali che private hanno una funzione pubblica importantissima che è quella dell’istruzione e questo indipendentemente da chi le gestisce. Per lei sceglierò una buona scuola, è chiaro. L’importante è che le dia una buona formazione, che la sproni e la valorizzi».
Farà il liceo?
«Non lo so. Mi sembra una bimba creativa molto estroversa, farà quello che si sente, senza dubbio sarà qualcosa di creativo».
Cosa le ha regalato a Natale?
«Cose utili, vestiti, c’era da rifare il guardaroba. Ai giochi ci pensano i nonni».
La sobrietà di Monti applicata ad Emma?
«La prego…».
Me la dice la critica o l’accusa che le ha dato più fastidio in questi anni?
«Quando mi hanno detto che il governo lavorava contro i giovani. Non solo eravamo in linea con l’Europa ma lavoravamo per togliere i giovani dal precariato. C’è stata una grande strumentalizzazione, e molta ingiustizia. Fa parte del gioco delle parti però colpisce e fa male. La carta igienica nelle scuole, per esempio, manca oggi come mancava tre mesi fa. Eppure nessuno scende in piazza a protestare. Le dice qualcosa?».
intervista di Simona Bertuzzi da LIBERO