di Alessandro Giuliani
13/07/2011
I sindacati portano a casa un bel risultato: basta dire che l’assunzione dei 32.000 docenti cade alla vigilia del triennio di blocco del turn over della Pa. Il problema è che l’esercito di abilitati che rimarrà alla finestra verrà assunto solo sulla base dei posti vacanti a livello regionale. La metà dei quali andranno a chi uscirà dai Tfa.
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Oltre 32.000 insegnanti precari presto, probabilmente entro il prossimo 31 agosto, verranno convocati dai rispetti Usp per firmare l’immissione in ruolo. Per i sindacati è un bel risultato (stavolta anche per la Flc-Cgil) . Non hanno potuto che apprezzare: prima di tutto perché la garanzia del posto di lavoro rimane sempre il motivo principale dell’esistenza delle organizzazioni sindacali. In secondo luogo perché non bisogna dimenticare che l’ondata di assunzioni si colloca pur sempre nel contesto di un pubblico impiego, dove sino al 2014 vige il blocco del turn over (si salvano le professioni in divisa e poco altro). Dire, quindi, che si tratta di un semplice turn over significa non volere tenere conto del fatto che in qualsiasi altro Ministero i vincitori di concorso rimarranno al palo, al massimo potranno svolgere sostituzioni, almeno per altri tre anni.
Ma qui finiscono i lati positivi dell’operazione presentata oggi (alla presenza dei trionfanti ministri Gelmini e Brunetta) nella cornice di Palazzo Chigi. Già perché la piaga del precariato rimane più che mai viva. Cerchiamo di capire perché. Se per il personale Ata il numero di precari verrà infatti dimezzato (ad occhio e croce con le 35.000 assunzioni ne rimarranno più o meno altrettanti), per i docenti la bilancia continua a pesare maledettamente ancora dalla parte di chi è in lista di attesa: dalll Gae, infatti, non si muoveranno in almeno 210.000. Per loro – in prevalenza laureati, pluriabilitati e specializzati, in media alle soglie dei 50 anni – non rimarrà che sperare nelle supplenze annuali (fino al 30 giugno o 31 agosto); quelli che non ce la faranno si dovranno accontentare di sostituire i collegi di ruolo in malattia o aspettativa: come ultima possibilità avranno la possibilità di accedere al salva-precari, che permette di incamerare comunque i punti e portare a casa circa a metà stipendio, e ai contratti di disponibilità (nelle Regioni dove verranno attivati). Poco male, qualcuno potrebbe dire: sono abituati. Sepsso da oltre 20 anni. Il problema è che per coloro che non avranno la fortuna di prendere il ruolo nel prossimo triennio, la prospettiva che potranno comunque farlo in futuro non è proprio così scontata. Prima di tutto perché dopo questo corposo numero di assunzioni a titolo definitivo, si prevede di nuovo un ritorno alla tecnica del “contagocce”: il Miur, infatti, ha in modo sibillino annunciato, sempre oggi, che la “nuova filosofia”, prescelta dai piani alti di Viale Trastevere, è quella di attuare d’ora in poi “esclusivamente assunzioni basate sul reale fabbisogno del sistema d’istruzione”. In particolare, aggiungiamo noi, verranno assunti i docenti sulla base degli organici regionali. Che una volta al completo, per tornare a far assumere dovranno privarsi di altro personale andato in pensione. Ed anche su questo versante c’è poco da ridere, visto che tra gli insegnanti oltre l’80 per cento sono donne e che proprio per il sesso femminile l’accesso alla pensione di vecchiaia dal prossimo anno passerà a 65 anni.
A ridurre ulteriormente le possibilità di assorbimento dei 210.00 che rimarranno in attesa del ruolo (ce ne sarebbero anche altri 20.000 neo-abilitati che “scalpitano” e a cui l’inserimento è stato negato in Finanziaria…) ci sta, infine, l’imminente attivazione del nuovo modello formativo e di reclutamento dei docenti: si parla già di un numero chiuso fortemente limitante, in particolare di non oltre 25.000 iscritti alle lauree magistrali. Non tantissimi, certo. Ma quando avranno terminato anche per loro si creerà una graduatoria. Che andrà ad assorbire la metà dei posti vacanti.
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