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Permanenza quinquennale degli immessi in ruolo? Sì, però..

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Il decreto legge 70/2011 prevede, come è noto, che i nuovi immessi in ruolo permangano nella stessa provincia per almeno cinque anni, cioè due anni in più di quanto previsto attualmente.

Nel corso dell’audizione di ieri alla Camera da parte dei sindacati della scuola vi sono state, in proposito, valutazioni sostanzialmente positive, con alcuni distinguo.

La Uil-scuola ha dichiarato che “In questo contesto appare motivata ed opportuna la previsione di permanenza in servizio per un quinquennio. Per poter realizzare l’obiettivo della stabilità del personale, insieme con la garanzia della continuità didattica e di servizio per un quinquennio, la UIL Scuola (ri) propone la copertura di tutti i posti disponibili e vacanti in organico di diritto, già dal primo settembre 2011, con la possibilità di riconoscere la decorrenza giuridica relativamente ai posti in organico nell’anno 2010”.

La Cisl-scuola, dopo aver ricordato che da anni, insieme alle altre sigle firmatarie del contratto scuola, si è resa disponibile a tempi più distesi per le operazioni di mobilità del personale, se a ciò corrisponde una stabilità degli organici assegnati alle scuole, ha osservato che. “Non basta impedire i movimenti per assicurare la stabilità. … è chiaro che si tratta di una norma che si prefigge di contenere l’eccessiva mobilità del personale, nel momento in cui si accresce la possibilità di trasferimento fra le graduatorie di province diverse… Ma perché quest’ultima finalità appaia credibile .. è necessario che sia sostenuta da altre e più decisive scelte in materia di assunzioni – e in questo senso va bene la strada imboccata col piano triennale, purché segni una direzione di marcia irreversibile – e soprattutto di governo degli organici.

L’Anp osserva che l’obbligo di permanenza in servizio per 5 anni dei docenti nominati a tempo indeterminato – “cosa assai lodevole in sé e più volte richiesta da questa associazione in nome della continuità e della stabilità del personale, ma soprattutto in difesa dei diritti degli studenti ad avere certezza sull’erogazione del servizio” – viene previsto in ambito territoriale “provinciale”. Ma …

In tal modo esso, però, non costituisce garanzia per la continuità didattica, in quanto questa può avere senso solo all’interno della singola scuola: non esiste altro ambito possibile in quanto ogni anno, anche in presenza del vincolo citato nella norma, il docente potrebbe cambiare sede di servizio, vanificando così l’obiettivo indicato.

Il servizio di insegnamento si esplica nella scuola ed a questa deve essere riportata ogni scelta da fare per ciò che riguarda il personale: assunzione, permanenza, continuità didattica. Di queste si risponde agli alunni, ai genitori, ai cittadini. Ogni altra logica riflette interessi esterni a quelli del buon andamento e della qualità del servizio”.

La valutazione dell’Anp, quindi, è piuttosto critica, anche perché “L’aver legato l’inamovibilità temporanea ad una circoscrizione territoriale (la provincia, ma sarebbe lo stesso qualora fossero stati il comune o il distretto scolastico) non tutela quindi il diritto degli alunni alla continuità, ma solo quello dei docenti ad una mobilità territoriale sganciata da qualsiasi progetto formativo”.


tuttoscuola.com mercoledì 1 giugno 2011
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