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Il governo spende in armi e risparmia sulla scuola

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Anche per il prossimo anno la Sicilia sarà la regione più colpita dalla scure del Governo assorbendo il 12,8 per cento dei tagli previsti su tutto il territorio nazionale. A soffrire di più sarà, ancora una volta, la scuola primaria in cui i posti in meno saranno 1.085 un numero più alto rispetto a quello indicato nelle tabelle del ministero che ne prevedeva 969.
A rischio è il diritto allo studio dei bambini e dei ragazzi siciliani. Ho chiesto alla Gelmini di affrontare in modo complessivo la questione della scuola, e in particolare quella della scuola Siciliana, annullando l’ultima tranche di tagli e predisponendo un piano di assunzioni che risolva la questione del precariato da una parte e garantisca la continuità didattica dall’altra.              Tagli in Sicilia anche nella scuola dell’infanzia, dove, nonostante l’aumento del numero degli iscritti, ci saranno 81 unità in meno; i dati di cui sopra sono stati comunicati dall’Ufficio scolastico regionale ai sindacati che ne hanno data diffusione con un comunicato stampa. In un articolo pubblicato dal Giornale di Sicilia del 6 aprile 2011 si legge che i tagli previsti alla scuola secondaria “sembrerebbero 156, anche se la bozza ministeriale ne contava 267, mentre per le superiori non ci sono ancora comunicazioni, la bozza ministeriale ne segnava 1.217 in meno”; quello che emerge è un quadro allarmante e se i dati sopracitati venissero confermati verrebbero meno le condizioni minime per garantire il diritto allo studio in Sicilia: meno offerta formativa; meno tempo scuola; meno insegnanti di inglese nella primaria e classi sempre più numerose in una situazione già compromessa dai tagli degli scorsi anni;
La sentenza 41/2011 della Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l’articolo 1 (comma 4 ter) del dl 134 del 2009 perché viola l’articolo 3 della Costituzione, sancendo l’incostituzionalità dell’inserimento in coda e affermando il diritto alla mobilità lavorativa sul territorio nazionale.
Il tribunale del lavoro di Genova, con la sentenza 520 del 25 marzo 2011, ha condannato il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca a risarcire quindici lavoratori con contratto a tempo determinato, reiterato da tre a dieci anni, riconoscendo la possibilità della ricostruzione di carriera, l’illegittimità dei contratti a termine e i danni derivanti dalla mancata nomina a tempo indeterminato con la previsione per ciascuno dei quindici ricorrenti di un risarcimento di circa 30 mila euro.
Il costo del risarcimento a carico dell’erario ammonta a circa 500 mila euro. La decisione del tribunale di Genova si fonda sul mancato rispetto da parte del Ministro della direttiva dell’Unione europea 1999/70/CE, recepita nella normativa nazionale con il decreto legislativo n. 368 del 2001, il quale dispone, all’articolo 4, che un contratto a tempo determinato può essere prorogato non più di una volta e che la durata totale di uno o più contratti a tempo determinato non può superare i tre anni e, all’articolo 5, comma 4-bis, che uno o più contratti di durata superiore ai tre anni siano considerati contratti a durata indeterminata. I ripetuti pronunciamenti della magistratura ordinaria hanno quindi riconosciuto diritti fondamentali per i lavoratori precari. In questo contesto è urgentissimo intervenire per evitare il default del sistema scolastico siciliano.
Ho chiesto alla Ministra Gelmini se sia al corrente del tentativo messo in campo dal suo collega Calderoli di trasferire competenze dallo Stato alla Regione Siciliana in materia di università. Occorre evitare ulteriori danni che si aggiungerebbero a quelli provocati dai tagli di Tremonti!
Alessandra Siracusa  (da ASASI)

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