Pubblichiamo il testo della sentenza della corte di cassazione con cui si dichiara inammissibile il ricorso presentato dai presidi “congelati” contro la sentenza del Cga che aveva annullato il concorso a dirigente scolastico in Sicilia.
Autorità: Cassazione civile sez. un.
Data: 09 marzo 2011
Numero: n. 5524
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITTORIA Paolo – Primo Presidente f.f. –
Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente di sezione –
Dott. MERONE Antonio – Consigliere –
Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –
Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –
Dott. MACIOCE Luigi – rel. Consigliere –
Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –
Dott. TIRELLI Francesco – Consigliere –
Dott. BOTTA Raffaele – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 18755/2010 proposto da:
F.G., + ALTRI OMESSI
elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA F. CONFALONIERI 5, presso lo studio
dell’avvocato MANZI Luigi, che li rappresenta e difende unitamente
agli avvocati REGGIO CACI ANDREA, LICCIARDELLO SEBASTIANO, per
deleghe in atti;
– ricorrenti –
contro
G.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
MONTI PARIOLI 48, presso lo studio dell’avvocato MARINI Francesco
Saverio, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati GIUNTA
CATERINA, GUZZETTA GIOVANNI, per delega a margine del controricorso;
– controricorrente –
e contro
M.I.U.R. – MINISTERO ISTRUZIONE, UNIVERSITA’ E RICERCA, M.
D., + ALTRI OMESSI ;
– intimati –
avverso la decisione n. 1065/2009 del CONSIGLIO DI GIUSTIZIA
AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIA – PALERMO, depositata il
10/11/2009;
uditi gli avvocati Luigi MANZI, Andrea REGGIO D’ACI, Sebastiano
Orazio LICCIARDELLO, Caterina GIUNTA, Giovanni GOZZETTA;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del
15/02/2011 dal Consigliere Dott. LUIGI MACIOCE;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
CENICCOLA Raffaele, che ha concluso per la rimessione del ricorso
alla pubblica udienza.
RILEVA IN FATTO
Il relatore designato, nella relazione depositata l’8.11.2010 ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., ha formulato le considerazioni che appresso interamente si trascrivono.
“Gli odierni ricorrenti parteciparono a concorso bandito per la copertura di 450 posti di dirigente scolastico per la Regione Sicilia e, superate le prove e dichiarati vincitori, stipularono i contratti ed assunsero servizio nell’anno 2007. G.G., partecipante e non vincitrice del concorso , ne impugnò gli atti innanzi al TAR per la Sicilia che, disposta la ricorrezione della prova relativa alla istante e presa cognizione dei motivi aggiunti, con sentenza 20.7.2007 dichiarò inammissibile il ricorso principale per mancata evocazione di almeno uno dei controinteressati, dichiarò improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso stesso e respinse i motivi aggiunti afferenti la violazione dei tempi di correzione e la composizione della Commissione giudicatrice.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana accolse l’appello della G. con sentenza n. 478 del 25.5.2009 nella quale ebbe ad affermare:
che non sussisteva la rilevata inammissibilità del ricorso principale, non sussistendo nella specie controinteressati prima della nomina dei vincitori;
che sussisteva pienamente l’interesse della istante alla disamina delle sue censure;
che era fondata la assorbente censura afferente il vizio di composizione della Commissione esaminatrice (spesso integrata da numero pari di componenti, in assenza del Presidente o con suo spostamento da una ad altre delle sottocommissioni).
La G. propose quindi ricorso per ottemperanza lamentando la inesecuzione del giudicato e deducendo che una ricorrezione del suo solo elaborato, o di alcuni di essi, avrebbe eluso il giudicato che si era tradotto nella invalidazione della intera procedura concorsuale.
L’adito CGARS con sentenza n. 1065 del 10.11.2009, costituitisi l’amministrazione e svariati concorrenti terzi, dato atto che medio tempore l’Amministrazione aveva nominato nuova Commissione per la rivalutazione degli elaborati della G.:
ha escluso avessero legittimazione nel procedimento di ottemperanza i terzi che, intervenuti ad adiuvandum o ad opponendum, non erano stati parti del procedimento di cognizione;
ha affermato che il decreto di nomina della nuova Commissione era elusivo del giudicato, posto che la mera rivalutazione, senza alcuna segretezza, del solo elaborato della deducente, non avrebbe superato il vizio attingente l’intera procedura;
ha precisato che la rimozione giudiziale aveva coinvolto l’assetto organizzativo della procedura e quindi l’intero lavoro delle due sottocommissioni;
ha quindi disposto la rinnovazione dell’intera procedura.
Per la cassazione della decisione n. 1065/2009 del CGARS F. G. ed altri 156 docenti hanno proposto ricorso resistito da controricorso di G.G..
Nel ricorso si lamenta:
con il primo motivo, la violazione del limite esterno della giurisdizione per avere dato ingresso ad un mero interesse di fatto della concorrente non ammessa, quello di contestare l’intero operato della Commissione al fine di ottenere la rinnovazione del concorso e la sua riammissione alle prove;
con il secondo motivo, l’invasione della sfera riservata alla P.A. avendo il giudice optato discrezionalmente per la rinnovazione dell’intera procedura in luogo della possibile limitata ricorrezione degli elaborati della concorrente esclusa;
con il terzo motivo, la violazione degli artt. 24, 111 e 113 Cost., per avere esercitato la sua giurisdizione escludendo dal processo la partecipazione dei ricorrenti, vincitori del concorso ;
con il quarto motivo, per aver travalicato i limiti esterni della giurisdizione, incidendo sui rapporti di lavoro contrattuali stipulati dai vincitori ed espropriando la P.A. della decisione sulla loro sorte.
Ad avviso del relatore il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Devesi invero rilevare – rilievo del quale del resto i ricorrenti non mostrano di essere consapevoli pienamente – che non è ammissibile un ricorso proposto ai sensi dell’art. 362 c.p.c., comma 1, avverso una decisione del Giudice Amministrativo, resa in un processo nel quale i ricorrenti non furono parti ed anche se di tal (indebita) esclusione essi si dolgano. Anche al ricorso per motivi attinenti alla giurisdizione avverso la decisione del giudice speciale devesi infatti applicare il principio consolidato per il quale la legittimazione al ricorso per cassazione spetta soltanto a chi abbia formalmente assunto la qualità di parte alla stregua della decisione impugnata e del processo che essa ha concluso, sì da doversi negare l’ammissibilità di una impugnazione proposta da estranei a quel processo quantunque essi deducano la veste di litisconsorti indebitamente pretermessi (Cass. n. 3688 del 2006, n. 6416 del 1998 e vd. n. 15352 del 2010).
Venendo poi all’esame dei motivi, esame opportuno nella sede della relazione ex art. 380 bis c.p.c., anche dopo la formulazione di un rilievo assorbente e comunque necessitato con riguardo alle posizioni dell’ odierno ricorrente S.F. del quale si afferma in ricorso la assunzione della qualità di parte, essi sono del pari inammissibili o manifestamente infondati.
Quanto al primo motivo, esso è privo di alcuna consistenza posto che la verifica della titolarità di un interesse giustiziabile in capo al ricorrente innanzi al G.A. è compito di quel giudice e gli errori commessi, ad esempio elevando un interesse di fatto al rango di interesse legittimo, appartengono alla sfera degli errori in judicando il cui sindacato sfugge alla cognizione delle S.U. (S.U. n. 10828 del 2006 e n. 3688 del 2009).
Quanto al secondo motivo, la prospettazione per la quale sarebbe invasiva della discrezionalità della P.A. la decisione del CGARS in sede di ottemperanza di rinnovare l’intera procedura anzichè limitarsi ad una più contenuta e non demolitoria ricorrezione, non appare fornita di plausibilità alcuna posto che il giudice della cognizione aveva invalidato la procedura concorsuale per grave deficit di legittimità della composizione della commissione esaminatrice e non per errore di una singola valutazione od inattendibilità dei suoi criteri guida, ditalchè non si scorge alcuna invasione della potestà organizzativa della P.A. nell’aver adottato la misura della rinnovazione, del tutto coerente con il carattere generale e radicale dell’annullamento adottato in sede di cognizione.
Quanto al terzo motivo, pur ammesso che della censura di mancata integrazione di contraddittorio ci si possa dolere con il ricorso per cassazione, vi è da rammentare come pur sempre di un grave vitium in procedendo si tratta, anch’esso sottratto alla cognizione delle Sezioni Unite.
Quanto, infine, al quarto motivo, esso pone una questione di mero fatto, estranea alla sindacabilità da parte delle Sezioni Unite, relativa ai riflessi privatistici dei rapporti di lavoro costituiti con la procedura concorsuale invalidata, una questione che non si scorge come possa implicare alcun superamento – proprio da parte del giudice della legittimità della procedura concorsuale – dei limiti giurisdizionali imposti dalla legge, la rinnovazione in executivis essendo modalità pienamente coerente con una pronunzia di invalidazione delle operazioni concorsuali.
Ove si condividano i testè formulati rilievi, il ricorso può essere trattato in Camera di consiglio e respinto per manifesta infondatezza”.
OSSERVA IN DIRITTO
Il difensore dei ricorrenti ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c., nella quale, premesso che la L. n. 202 del 2010 ha disposto la rinnovazione della procedura concorsuale, regolandone l’itinerario, e che l’ancor più recente decreto 2/2011 del M.I.U.R. ha dato attuazione al dettato di legge, ha dissentito dalla relazione tanto con riguardo alla premessa generale quanto in relazione alle considerazioni afferenti ai motivi del ricorso. Ritiene il Collegio che, se il richiamo allo jus superveniens – ribadito in sede di discussione camerale – sia privo di conducenza, tutte le considerazioni critiche non meritino condivisione.
Sotto il primo profilo, è agevole rilevare che le norme sopravvenute, lungi dall’interferire con la questione posta con il ricorso ex art. 362 c.p.c., comma 1, appaiono iscriversi in una scelta del legislatore di dare piena attuazione alle “statuizioni della giustizia amministrativa” (art. 1), al contempo facendosi carico, nella sede delle regole per la rinnovazione delle operazioni concorsuali, della esigenza di garantire la continuità dell’esercizio delle funzioni dei dirigenti scolastici nominati.
Sotto il secondo profilo, si osserva che:
1. Non condivisibili sono i rilievi di dissenso dalla affermazione per la quale non è ammissibile un ricorso proposto ex art. 362 c.p.c., comma 1, dai soggetti che non furono parti del giudizio innanzi al G.A. ed anche se di tal indebita esclusione essi si lamentino innanzi a queste Sezioni Unite: da un canto le precisazioni in fatto per le quali “numerosi” ricorrenti sarebbero state parti del giudizio non rileva in alcun modo, stante la residua inammissibilità per la prevalenza delle posizioni e le concorrenti ulteriori ed autonome ragioni di inammissibilità dei motivi, singolarmente esposte in relazione; dall’altro canto, nel richiamare i precedenti pronunziati di questa Corte rammentati in relazione (ed ai quali si aggiunga la sopravvenuta decisione n. 25344 del 2010), non può che dissentirsi dal tentativo dei ricorrenti di radicare la giurisdizione a conoscere di questioni proposte da soggetti “non parti” nel giudizio innanzi al Giudice Speciale sulla ipotesi del rifiuto della giurisdizione, dato che il CGARS in sede di appello non ha formulato alcun rifiuto alla decisione nel merito ma ha solo affermato, in dissenso dal primo giudice e con statuizione insindacabile innanzi a queste Sezioni Unite, che prima della nomina dei vincitori di una procedura concorsuale non sarebbe configurabile la posizione di “controinteressati” e quindi la necessità, a pena di inammissibilità dell’impugnazione, di evocarli in giudizio.
2. Certamente inammissibile è, come esposto in relazione, il primo motivo là dove pretende di denunziare ai sensi dell’art. 111 Cost. e come ictus ai limiti esterni della giurisdizione del G.A. l’indebita dilatazione dell’interesse di fatto delle impugnanti G. e C. a livello di interesse legittimo perpetrata da quel giudice: in realtà il CGARS, lungi dall’operare la censurata “dilatazione” ha solo riconnesso alla impugnazione degli atti delle ricorrenti – che ha ritenuto essere munite dell’interesse legittimo a proporla – gli effetti (interamente demolitori) che ha affermato dalla legge essere imposti, in tal modo applicando – in termini la cui correttezza non è sindacabile in questa sede – il principio processuale della corrispondenza tra chiesto e pronunziato.
3. Affatto incomprensibile è poi la censura di travisamento che si muove alla relazione, con riguardo all’esame del secondo motivo, là dove si sarebbe equivocato sui contenuti della misura demolitoria adottata in sede di ottemperanza non constatando che un corretto esercizio della funzione avrebbe dovuto portare al più contenuto e funzionale ambito della ricorrezione: la decisione resa in sede di ottemperanza ha avuto modo di dare conto, con chiarezza, delle prevalenti esigenze di imparzialità ed attendibilità che militavano per la rinnovazione della intera procedura e non per la sola ricorrezione degli elaborati con diversa commissione esaminatrice; e tale scelta non appare invasiva delle prerogative della P.A. nella conduzione della procedura concorsuale, ma solo imposta dalla natura della illegittimità ravvisata.
4. Con riguardo al terzo motivo, esattamente ne viene indicata la inammissibilità là dove mira a far emergere un rifiuto di giurisdizione dalla interpretazione delle norme sul processo afferenti la legittimazione a contraddire.
5. Inammissibile senza alcun dubbio è infine il quarto motivo che addebita una invasione della potestas riservata al giudice del lavoro nell’aver adottato una pronunzia demolitoria concorsuale che ha avuto effetti riflessi di invalidazione sui costituti rapporti di lavoro:
la natura della giurisdizione del G.A. sull’atto comporta certamente effetti riflessi sul rapporto che da esso abbiano avuto origine, ma il corretto operare del sindacato di quel giudice (solo) sull’atto stesso è la miglior garanzia che solo di effetti riflessi si tratta (per quanto dirompenti e, come nella specie, bisognevoli di interventi del legislatore).
Dichiarato inammissibile il ricorso, la complessità, novità e delicatezza della questione induce a disporre la compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e compensa tra le parti le spese di giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 15 febbraio 2011.
Depositato in Cancelleria il 9 marzo 2011