Il recente intervento dell’Avvocato dello Stato Laura Paolucci in merito alla legittimità dell’Invalsi ad effettuare le discusse prove all’interno delle scuole, impone il chiarimento di un ulteriore aspetto giuridico che sovente viene taciuto. Fermo restando che l’Invalsi ha tutta la titolarità a svolgere le sue (discutibili) prove in forza degli artt. 3 L. 28 marzo 2003, n°53 (norma di delega) e art. 3 D.Lgs. 19 novembre 2004, n° n. 286 (norma delegata), al fine di compiere “verifiche periodiche e sistematiche sulle conoscenze e abilità degli studenti”, è da precisare che nessuna norma vigente impone ai docenti di effettuare prestazioni professionali di competenza dell’Invalsi, detta Istituzione per svolgere la sua funzione ha anche il compito di organizzarsi, quindi reclutare secondo suoi criteri il personale a sua disposizione e remunerarlo.
Salvatore Pizzo Rappresentante Cisl Ic “Parmigianino” – Parma
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Nel Contratto Nazionale Collettivo di Lavoro esiste una sola norma alla quale le parti contrattuali (amministrazione e Rsu), possono fare riferimento al fine di trovare docenti disponibili (senza alcun vincolo di obbligatorietà) nelle singole scuole al fine di somministrare e correggere le prove: l’art. 88 CCLN (indennità e compensi a carico del Fondo d’istituto), prevede alla lettera L che si retribuiscano con le risorse del Fis anche i “particolari impegni connessi alla valutazione degli alunni”, ove ciò non viene recepito in sede di contrattazione decentrata d’istituto, non sussiste nessuna norma che possa obbligare il personale ad operare per conto dell’Invalsi. Note ministeriali, ordini di servizio, ed altri atti similari emessi discrezionalmente da funzionari dell’amministrazione, finalizzati ad obbligare i docenti ad effettuare prestazioni gratuite per conto dell’Invalsi, minacciando provvedimenti disciplinari, oltre ad incrementare un contenzioso di rilevante entità, espongono dirigenti scolastici e funzionari che dovessero obbligare gli insegnanti alla rifusione del danno erariale, e configurerebbe la violazione dell’articolo 610 del Codice Penale, che così recita: “Chiunque, con violenza o minaccia, costringe altri a fare, tollerare od omettere qualche cosa è punito con la reclusione fino a 4 anni.”
Salvatore Pizzo
Rappresentante Cisl Ic “Parmigianino” – Parma
Giornalista di cronaca Giudiziaria in Parma
(338/8103820 – 0521/238918)