Il medico curante non ha però intenzione di modificare quanto scritto perché sostiene essere perfettamente legale. Io a questo punto non so cosa fare. Potete aiutarmi? Il problema riguarda il caso assai delicato delle cosiddette diagnosi riferite dai pazienti.
In effetti il medico dovrebbe, in teoria, diagnosticare solo quanto da lui personalmente riscontrato. E´ però possibile e plausibile che alcuni stati morbosi di breve durata ma di elevata intensità inabilitante provochino disturbi che non siano visibili o che siano scomparsi all´atto della visita medica: per es. una crisi di emicrania, una nevralgia del trigemino, una crisi di vertigine acuta.
Il medico anche in questi casi deve rilasciare al paziente il certificato perché anche di fronte alla più subiettiva delle infermità egli non può escludere che quell´infermità sussista e non può contrastare o eludere l´interesse del paziente ad ottenere il certificato. In tal caso il medico deve certificare che il paziente “accusa” degli stati morbosi, formula idonea a lasciare al paziente la paternità e responsabilità di quanto egli dice al medico in merito ad infermità non obiettivabili”(cfr. Boll. O. M. di Roma e Prov., n.3, 1983).
Il medico potrà anche esprimere un giudizio (diagnosi e prognosi) basandosi sull´”attendibilità” della sintomatologia riportata dal paziente, sempre chiarendo che trattasi di patologia riferita. Ciò è stato confermato da autorevole giurisprudenza (Cass. Sez. lavoro, dec. n. 3332 del 17/4/90-27/3/91), che ha affermato che il giudizio sotteso alla prognosi non verte soltanto sul decorso futuro del fenomeno morboso ma concerne una valutazione complessiva dello stesso che sulla base della diagnosi e dello stato di avanzamento della malattia in atto ben può riferirsi al periodo antecedente al momento in cui la visita medica viene effettuata.
Conclusivamente, il certificato medico recante una “diagnosi riferita”, rappresenta forse una certificazione un pò “al limite”, ma con esso il medico, se lo sottoscrive regolarmente, attesta la veridicità di quanto dichiarato dal dipendente, assumendosene la responsabilità.
Non spetta pertanto alla istituzione scolastica validare o meno la detta certificazione.