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La legge sui precari finisce alla Consulta. I giudici: Costituzione violata in più punti

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Il “collegato lavoro” finisce davanti alla Corte Costituzionale. A sollevare la questione di legittimità costituzionale, a meno di due mesi dall´entrata in vigore della legge, è stato il Tribunale di Trani. Nel mirino la norma che riduce l´ammontare del risarcimento al lavoratore assunto illecitamente con un contratto a tempo. Nella sua ordinanza il giudice parla di «violazione di una quantità incredibile di norme costituzionali», a cominciare dall´articolo 3 sul principio di uguaglianza. 
 Ma anche altre norme del “collegato”, che lo stesso presidente della Repubblica rinviò alla Camere prima di promulgarlo dopo un lunghissimo iter parlamentare, rischiano di essere sottoposte all´esame della Consulta. Questa almeno è la previsione della Cgil. Di dubbia costituzionalità – sempre secondo Corso d´Italia – anche quella che retroattivamente fissa in sessanta giorni dall´entrata in vigore della legge il tempo entro il quale è possibile impugnare il proprio contratto a tempo determinato. I primi sessanta giorni scadono domenica prossima (di fatto l´ultimo giorno è domani) e la Cgil parla di una montagna di contratti già impugnati dai lavoratori precari. Solo attraverso gli uffici della Cgil ne sarebbero stati presentati quasi 6.000 senza considerare quelli dei lavoratori della scuola che hanno preparato i ricorsi collettivi. Migliaia di ricorsi anche attraverso Cisl e Uil più caute, però, nel criticare la legge e le conseguenze sul piano costituzionale. Certo la norma che doveva ridurre il contenzioso e accelerare le decisioni potrebbe produrre un effetto boomerang. Dice Fulvio Fammoni, segretario confederale della Cgil: «La filosofia del “collegato” ribalta la tradizione del diritto del lavoro italiano nato per difendere la parte più debole nel rapporto di lavoro, cioè il lavoratore. Che per questo è costrette a rivolgersi alla magistratura».
Prima del “collegato” un lavoratore assunto illegittimamente con un contratto a termine, una volta ottenuto la conversione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato aveva anche diritto a un risarcimento integrale, compresi i contributi previdenziali. Ora è stato ridotto da un minimo di 2,5 mensilità a 12 e che può essere ulteriormente ridimensionato alla metà nel caso ci sia un accordo sindacale. Secondo il Tribunale di Trani non si capisce quale sia «l´interesse superiore da tutelare che possa giustificare la scelta del legislatore». Di più: «La forfetizzazione del risarcimento ha tutto il sapore di un inaccettabile contentino per il lavoratore». La parola ora passa ai giudici costituzionali.(Di Roberto Mania da Repubblica)

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