La contrattazione integrativa d’istituto in Veneto non c’è più. Lo ha detto il direttore generale dell’ufficio scolastico regionale, Carmela Palumbo, con una nota emanata il 13 gennaio scorso (MIUR.AOODRVE.UFF.III/439/A26), prima dle suo trasferimento a Roma. Secondo il primo dirigente dell’ufficio scolastico, devono essere escluse dalla contrattazione integrativa d’istituto tutte le materie che si possono ricondurre all’organizzazione degli uffici e alla gestione delle risorse umane. E cioè le materie elencate dalla lettera h) alla lettera m) dell’art. 6 del contratto collettivo nazionale del 29.11.2007. Perché esse «rientrano nei poteri dirigenziali del dirigente scolastico». Ferma restando l’informativa alle organizzazioni sindacali. Detto in questi termini, l’effetto del provvedimento sembrerebbe residuale. Ma andando a leggere l’articolo 6 del contratto, si scopre che le materie dalla lettera h) alla lettera m) sono proprio le materie che l’accordo rinvia al tavolo negoziale d’istituto. Si va dalle modalità di utilizzazione del personale docente in rapporto al piano dell’offerta formativa e al piano delle attività e modalità di utilizzazione del personale amministrativo, tecnico e ausiliario (Ata), ai criteri riguardanti le assegnazioni del personale docente, educativo ed Ata alle sezioni staccate e ai plessi. Comprese le ricadute sull’organizzazione del lavoro e del servizio derivanti dall’intensificazione delle prestazioni legate alla definizione dell’unità didattica e i ritorni pomeridiani (lettera i). E passando per i diritti sindacali e per l’attuazione della normativa in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, si arriva anche alla negoziazione del fondo di istituto e dell’orario di lavoro. Insomma, in Veneto la contrattazione d’istituto non c’è più. E i contratti che sono già stati stipulati dovranno essere adeguati alle novità. L’ufficio scolastico ha motivato il provvedimento basandosi sulle disposizioni contenute nel decreto del ministro della funzione pubblica, Renato Brunetta, e sulla circolare interpretativa dello stesso ministero (n.13/2010). Va detto subito, peraltro, che la circolare dell’amministrazione scolastica regionale non è vincolante. D’altra parte, anche il ministero dell’istruzione sulla questione ha assunto una posizione molto prudente sulla questione. Il 23 settembre scorso, infatti, il direttore generale per il personale scolastico del ministero dell’istruzione, Luciano Chiappetta, ha emanato una nota in cui ha informato le amministrazioni periferiche di avere sottoposto la questione alla funzione pubblica. E che fino a quando il dipartimento non avesse fornito una risposta, le amministrazioni periferiche avrebbero dovuto applicare le disposizioni contrattuali vigenti. Fino ad ora la Funzione pubblica non si è ancora espressa. Nel frattempo, però, c’è già una prima pronuncia giurisprudenziale, che afferma l’esistenza della contrattazione integrativa anche nelle materie riguardanti l’organizzazione degli uffici (Tribunale di Trieste, 5 ottobre 2010). Perché «le norme del decreto che riguardano la contrattazione collettiva nazionale trovano applicazione solo in riferimento ai contratti collettivi nazionali stipulati dopo l’entrata in vigore della riforma e non a quelli stipulati anteriormente», si legge nella sentenza, «con la conseguente salvezza degli effetti dei contratti integrativi, già stipulati, che saranno caducati non già per contrasto con le norme del decreto Brunetta, bensì per il sopravvenire della disciplina di fonte collettiva successiva».