Iscrizione obbligatoria ad appositi albi regionali dopo l’effettuazione di una prova da ripetere in caso di spostamento da una regione all’altra. Concorsi banditi in base al numero dei posti effettivamente vacanti e realizzati su base territoriale (non più a livello nazionale) con una forte valutazione delle prove effettuate, più che dei titoli posseduti dal candidato. Obbligo di rimanere un numero di anni prestabilito nella scuola dove si è preso servizio al momento dell’assunzione a tempo indeterminato. Il ministero dell’Istruzione lavora alle nuove regole per il reclutamento dei docenti. E su questi punti ci sarebbe già l’accordo. Dopo aver messo mano alla formazione degli insegnanti la Gelmini prepara il prossimo colpo. In queste ore la Corte dei Conti sta registrando il provvedimento che ha rivisto le procedure di preparazione alla docenza: laurea, tirocini formativi e abilitazione saranno i titoli necessari per accedere alla professione. Ma come verranno reclutati i prof in futuro? Il tema è la “priorità” per le prossime settimane. Sul tavolo del ministro sono già arrivate tre proposte. Quella del governatore della Lombardia Formigoni prevedeva la chiamata diretta dei docenti da parte delle scuole. E’ stata accantonata: ad oggi «non è fattibile». Restano in ballo quella del consigliere del ministro Max Bruschi, che ha già lavorato alla nuova formazione dei prof, e quella del senatore leghista Mario Pittoni, un disegno di legge a cui il Carroccio tiene molto e su cui sta facendo pressing, visto anche il suo peso politico nell’attuale maggioranza e governo. Il testo Pittoni è in pole position e ha già trovato l’appoggio informale anche di una parte dei sindacati. Nel futuro della scuola la firma leghista sembra essere dunque assicurata, con una forte territorializzazione delle procedure di reclutamento degli insegnanti. «I concorsi proposti sono su base regionale, ma il meccanismo è in linea con le norme nazionali ed europee, il testo è inattaccabile», assicura Pittoni, che è capogruppo della Lega in commissione Istruzione al Senato. Il testo definitivo delle nuove regole di assunzione sarà elaborato nei prossimi mesi. Su alcuni punti, che il Messaggero è in grado di anticipare, ci sarebbe già l’accordo. Le graduatorie saranno sostituite da albi professionali regionali con accesso regolato non più solo in base ai titoli, come avviene per le graduatorie: bisognerà fare un test di accesso. Si entra anche con punti zero, ma il ”voto” peserà in sede di concorso. Ogni docente dovrà scegliere una regione come proprio «domicilio professionale». Per spostarsi dovrà rifare il test. La Lega vuole la garanzia che chi ha preso certificazioni «facili» non scavalchi «chi merita». E per il Carroccio al Sud su alcuni titoli c’è la «manica larga». All’inizio gli albi avranno un doppio canale: in uno confluiranno automaticamente i precari (230.000) inseriti nelle graduatorie. Nell’altro saranno messi i nuovi abilitati. Solo essendo iscritti all’albo di una regione si potrà partecipare ai concorsi indetti su quel territorio. Chi sarà assunto dovrà restare nella stessa scuola per un numero di anni minimo, almeno cinque. Con la doppia «blindatura» (concorsi locali per aspiranti locali, numero di anni minimo in una scuola) si eviteranno le migrazioni da una regione all’altra per ottenere assunzioni e supplenze (tema caro alla Lega) e i cambiamenti annuali di scuola a scapito della continuità didattica. Lo strumento normativo per varare le nuove regole ancora non è stato definito. Ma l’obiettivo è chiudere presto e avere i primi concorsi già nel 2012. Concorsi che saranno banditi solo in base al numero di posti necessari. La vittoria avverrà soprattutto in base ai risultati, i titoli avranno un peso più marginale. Per i primi anni i contratti a tempo indeterminato saranno assegnati per una quota maggioritaria agli iscritti nelle graduatorie attuali che il ministro vuole chiudere in 7-8 anni. Tolte di mezzo le liste dei precari, saranno solo i docenti iscritti negli albi a partecipare ai concorsi e ad accaparrarsi le supplenze. È ancora da decidere che ruolo potranno avere le scuole nel reclutamento. Il ministero non vuole tagliarle del tutto fuori.
(dal Il Messaggero del 09.01.2011 a firma di Alessandra Migliozzi)