La protesta. Occupata la metà degli atenei d’Italia, le contestazioni si allargano anche ai licei
«Sai perché ho deciso di dormire sul tetto? Perché devono rendersi conto che questo ddl getta nel baratro l’università italiana». Non ha dubbi, Giorgio Paterna, coordinatore nazionale dell’UdU e studente di economia ad Ancona. Insieme ad altri venti studenti e ricercatori provenienti dall’ateneo di Tor Vergata, dalle università del Sannio, di Siena, di Benevento, Catania e Napoli giunti a Roma per la protesta, stanotte ha dormito sul tetto della facoltà di architettura della Sapienza, in via Fontanella Borghese. Pieno centro romano, a un passo dal palazzo di Montecitorio che gli studenti oggi assediano con un sit-in in dalle 9.30 in poi, in coincidenza con la discussione del ddl Gelmini. Ne chiedono il ritiro, dicono che i fondi stanziati (800 milioni per il 2011) non sono altro che un contentino; sfidano il governo «Governo precario, generazione precaria: vediamo chi cade». Non solo Roma: ieri erano 20 le facoltà occupate in tutta Italia e i ricercatori sono saliti sul tetto di Palazzo Nuovo a Torino, sede del polo umanistico, e sui tetti del campus di Salerno. E ci hanno dormito. «Ci resteremo a oltranza, finché sarà necessario, fino al ritiro del ddl», dice Luca Spadon dall’Università di Torino dove ieri gli studenti hanno anche occupato per mezz’ora i binari della stazione Porta Nuova. La protesta continua da nord a sud anche negli istituti superiori (a Roma quattro le occupazioni), ma sono i ricercatori oggi i più arrabbiati: «Ci condannano ad essere precari a vita», dicono. «Cosa fa un ricercatore se dopo 8 anni di contratti a tempo determinato (3+2+3 ndr) perde il concorso per ordinario? Siamo contrari alla figura del ricercatore T.D. : scatenerà una guerra tra poveri e poverissimi, cioè quelli che non possono avere nemmeno un contratto a tempo», spiega Alessandro Arienzo della Flc Cgil Napoli. E nell’ultima categoria, quella di coloro che non possono avere nemmeno un tempo determinato, rientra una marea di tartassati: ad esempio coloro che sono borsisti da più di sei anni. La mobilitazione infiammerà fino a domani in tutta Italia. Proprio a Napoli, oggi alle 12, va in scena un flashmob davanti al rettorato: è la rappresentazione del «delitto allo studio», con Tremonti nei panni del mandante e la Gelmini in quelli del maggiordomo assassino. Proprio in Campania, una delle regioni in cui lavoravano quasi un terzo dei precari della scuola restati senza posto, ora è stato deliberato un taglio del 20 %dei fondi regionali per il diritto allo studio e da novembre gli universitari non potranno più usufruire degli abbonamenti a costo agevolato ai mezzi pubblici: finiti i fondi, ne gode solo chi s’è accaparrato prima lo sconto. Pezzetti di un puzzle fatto di mille disagi, mille piccole carenze nel funzionamento ordinario degli atenei e tante grandi paure. Una delle principali è che i privati entrino, come consente la riforma, nei Cda degli atenei: «Se questo passerà in parlamento noi protesteremo a oltranza per chiedere ai rettori di non modificare gli statuti e tenere, così, i privati fuori dall’Università», annuncia Luca Spadon. QUATTROCENTO EMENDAMENTI Intanto l’iter parlamentare del ddl procede: ieri sono stati votati due dei 25 articoli. Oggi continua il dibattito alla Camera: gli emendamenti da esaminare sono 400, la maggior parte dell’opposizione. La maggioranza punta a chiudere domani. Con l’appoggio di Futuro e Libertà che, dopo aver sposato la causa dei ricercatori, ieri ha fatto un passo indietro e annunciato voto favorevole o al massimo astensione. Voteranno contro le opposizioni: «Siamo sul tetto coi ricercatori », ha detto ieri Francesca Puglisi, responsabile università del Pd. La Gelmini ha replicato alle proteste minimizzando: «Niente di nuovo ». Agli studenti che da mesi chiedono di essere ricevuti ancora nessuna risposta.