Non era mai accaduto, a nostra memoria, che il Ministero dell’Istruzione, attraverso il suo ufficio stampa, scendesse in diretta polemica con una testata giornalistica per due volte nella stessa giornata. Fino a giovedì scorso, 10 giugno. Ricostruiamo i fatti. Il Tg3, nell’edizione delle 14, aveva dato notizia di una manifestazione svoltasi a Roma per protestare contro la riduzione del tempo pieno. Una delle tante, ma questa volta l’ufficio stampa del Miur aveva ritenuto di diffondere una nota alle agenzie per precisare che nel Lazio le classi a tempo pieno per il prossimo anno scolastico saranno 5.189, 52 in più rispetto all’anno in corso, e che quindi la protesta era infondata. Ma il Tg3 aveva ignorato la precisazione del Miur, riproponendo il servizio nell’edizione delle 19. Apriti cielo. L’ufficio stampa del Miur ha immediatamente trasmesso un nuovo durissimo comunicato, intitolato “Tempo pieno, Miur: Tg3 fa propaganda politica”, nel quale ha accusato il Tg3 di distinguersi “per faziosità e volontà di ignorare i fatti”, senza tener conto delle “precisazioni che il Miur ha fornito oggi sulla reale situazione del tempo pieno nella Regione”. Segue riprecisazione dei numeri, e la seguente conclusione: “Il Tg3 continua a sostituire la corretta informazione con attacchi politici infondati, tradendo la sua funzione di servizio pubblico”. Un attacco così esplicito e diretto non poteva restare senza risposta, che è stata affidata a un comunicato del Comitato di Redazione nel quale si afferma che “Evidentemente dare voce a chi manifesta dissenso è davvero indigesto al MIUR che ancora una volta accusa il Tg3 di fare cattiva informazione perché in un servizio si è parlato degli insegnanti che manifestavano contro i tagli agli orari scolastici”. Il comunicato del Cdr riconosce che “secondo il rapporto OCSE, gli studenti italiani sono quelli che passano più tempo in aula raggiungendo però i risultati più scarsi”, ma aggiunge che “l’OCSE non dice che tagliare gli orari è la soluzione dei problemi. Piuttosto ricordiamo al MIUR che nello stesso rapporto si parla degli stipendi dei docenti, già bassi, e che crescono meno della media europea, della carenza di formazione, della mancanza di investimenti in tecnologie, del divario preoccupante tra Nord e Sud”. Perciò il Tg3 si limita a “dare conto di ciò che accade nel Paese”, e per quanto riguarda gli insegnanti “raccontare la loro protesta significa illustrare disagi di cui un’amministrazione dovrebbe tener conto”. Un dialogo tra sordi?