Il tempo pieno è un modello educativo che prevede 40 ore settimanali di scuola con le compresenze degli insegnanti. Modello considerato un’eccellenza a livello europeo che produce, proprio grazie al lavoro in piccoli gruppi, i più alti livelli di apprendimento degli alunni. I test Invalsi e i dati OCSE Pisa parlano chiaro: il rendimento scolastico degli alunni è più alto laddove è più diffuso questo modello educativo. Gelmini continua a proporre un antistorico maestro unico, scelto solo dal 3% delle famiglie italiane, che dovrebbe insegnare tutto, dall’inglese alla matematica all’italiano, in classi sempre più numerose con sempre meno insegnanti di sostegno per i bambini disabili. E’ questa la qualità della scuola che propone questo Governo. Le famiglie italiane hanno richiesto 2000 nuove sezioni di tempo pieno a cui questo Governo non darà risposta. Le famiglie chiedono scuola pubblica di qualità per il futuro dei propri figli e del Paese stesso. Quando va bene, al massimo, trovano un parcheggio.” Le 3 i della scuola “modello Gelmini”: Italiani, Ignoranti Irrecuperabili Francesca Puglisi: “Il governo smantella le eccellenze. Il ministro spieghi cosa intende per tempo pieno. In realtà diventa una riedizioni del vecchio doposcuola” “Il ministro Gelmini spieghi alle famiglie di Bologna, Milano, Padova, Firenze rimaste senza tempo pieno che il governo lo ha aumentato, lo spieghi in quelle scuole dove sezioni di tempo pieno diventano sezioni a 27 ore”: così Francesca Puglisi, responsabile Scuola della segreteria del Pd, punta l’indice sull’ennesimo attacco alla scuola pubblica portato dal ministro Gelmini. Prosegue l’esponente democratica: “Soprattutto, spieghi bene all’opinione pubblica cosa intende lei per tempo pieno: una scuola dove in aule sovraffollate e con poco sostegno per i bambini disabili, un ‘maestro prevalente’ dovrebbe insegnare tutto, dalla matematica all’italiano, dall’inglese all’educazione musicale. “Così il tempo pieno -osserva Puglisi- diventa una riedizione del vecchio doposcuola, che fa il paio con il grembiulino, i voti numerici e l’inizio delle lezioni a ottobre. Peccato che nel frattempo sia cambiato semplicemente il mondo: non bastano più lezioni frontali di aste e cornicette per stimolare i nostri bambini, le mamme sono entrate in massa nel mondo del lavoro (seppure ancora non abbastanza per i parametri di Lisbona) e non aspettano i pargoli a casa per pranzo”. Ben diverso è ciò che dovrebbe essere: “Il tempo pieno a 40 ore con le compresenze era un modello didattico che rappresentava l’eccellenza del nostro sistema scolastico e, laddove era diffuso, produceva i più alti livelli di apprendimento degli studenti”. Conclude Puglisi: “Questo governo, invece di investire sulle eccellenze, le smantella. Facile prevedere un peggioramento della preparazione scolastica e un aumento della dispersione nelle scuole di ordine superiore. Le tre i diventano: italiani ignoranti irrecuperabili”. Scuola: Pd, “Su tempo pieno Gelmini nasconde dati” Ghizzoni: “Comuni metteranno mani nelle tasche delle famiglie” “Invece di riproporre vecchi comunicati stampa per avvalorare la tesi che il tempo pieno aumenterà, il ministro Gelmini dovrebbe spiegare perché da due anni (ossia dall’anno scolastico 2008/2009) non sono più pubblici i dati nazionali e regionali sugli orari scolastici settimanali effettuati dagli studenti”. Così la capogruppo del Pd nella commissione Cultura della Camera, Manuela Ghizzoni commenta il comunicato del Miur e annuncia un’interrogazione parlamentare su cui auspica ‘una immediata risposta della Gelmini”. “In altre parole – aggiunge Ghizzoni – ad oggi, non possiamo sapere con esattezza quanti studenti hanno frequentato il tempo pieno, quelli che hanno scelto le 27 ore o il tempo prolungato. Alla faccia della trasparenza della pubblica amministrazione. Inoltre gli annunci trionfalistici del ministro Gelmini sono in palese contraddizione con le migliaia di richieste di tempo pieno non soddisfatte e con la denuncia dell’Anci che solo due giorni fa ha detto con chiarezza che molti comuni non potranno rispondere alle pressanti richieste di tempo pieno se non mettendo le mani in tasca alle famiglie facendo così pagare un servizio che fino a due anni fa era garantito gratuitamente dalle scuole”.