La precisazione di Palazzo Chigi dopo le tensioni con Napolitano. Testo ora all’esame del Quirinale. E i giudici “congelano” lo sciopero ROMA A quattro giorni dal via libera in Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi firma il decreto legge sulla manovra correttiva, che così può passare all’esame del Presidente della Repubblica. L’auspicio dell’esecutivo è che il Colle dia il suo imprimatur in tempi brevi, consentendo la pubblicazione in Gazzetta ufficiale e quindi la sua entrata in vigore già lunedì. Delineare un calendario è ancora però prematuro: l’unica certezza è che le valutazioni del Capo dello stato non sono attese per oggi. L’iter della manovra, dopo essere stato in stand-by per oltre 72 ore, rientra dunque nei ranghi della più consolidata prassi dei rapporti tra Istituzioni, ma non prima di aver registrato un nuovo “diversivo”. A innescare un cortocircuito nei Palazzi è infatti una dichiarazione che il premier rilascia di buon mattino mentre sta per partire per la Sardegna: «La manovra – risponde ai cronisti che gli chiedono se abbia siglato il testo – è all’attenzione del Capo dello stato. Viene firmata quando il Colle darà la sua valutazione». Affermazione che suscita immediatamente la reazione delle opposizioni con l’Italia dei Valori che parla di «nonsense giuridico e istituzionale», e il segretario del Pd Pier Luigi Bersani che accusa il governo di dare «uno spettacolo inverecondo», portandosi «ai limiti estremi del quadro costituzionale». Consuetudine vuole infatti che i provvedimenti giungano ufficialmente all’esame del Capo dello Stato solo dopo il sigillo della presidenza del Consiglio e non il contrario. Le parole del Cavaliere sarebbero state quindi accolte non senza un certo disappunto da Napolitano, e si sono attivate le rispettive diplomazie. Un lavorio che, dopo cinque ore, porta Palazzo Chigi a spiegare, attraverso una nota, che la manovra è stata firmata dal premier e solo successivamente inviata al Presidente della Repubblica. Nel pieno dunque rispetto della prassi, si sottolinea quasi contestualmente in ambienti del Quirinale che a questo punto fanno sapere che il testo è finalmente all’esame del Presidente e dei suoi tecnici. «La manovra è stata inviata previa “bollinatura” da parte della Ragioneria generale dello Stato», ci tiene a sottolineare in serata il ministro dell’Economia Giulio Tremonti che cede al sarcasmo «augurando a “velenisti” e “velinisti” i migliori auguri per un meritato e tranquillo ponte del 2 giugno». Il provvedimento è corposo e anche a causa di numerose revisioni la sorte di alcune norme non è ancora chiara. In primis, c’è il capitolo province, poi i tagli alle retribuzioni dei magistrati ma anche quelli sui rimborsi ai partiti. E secondo quanto si apprende in ambienti parlamentari alcune misure potrebbero non avere le caratteristiche di urgenza e necessità richiesta dal decreto legge. Ragion per cui qualcuno si prepara alla evenienza che dal Quirinale possa arrivare anche la richiesta di uno “spacchettamento”, con un disegno di legge a corredo del decreto. Critiche intanto arrivano dal mondo delle categorie, ma anche dalle opposizioni: la manovra, afferma Bersani, è «il frutto amaro e ingiusto di due anni di bugie e menzogne e di una politica economica dissennata». Il segretario del Pd ritorna poi sulle tensioni tra Quirinale e Palazzo Chigi, nate dal fatto che ieri il premier era salito al Colle con il testo della manovra non ancora firmato. Per Bersani se la prende per «le carte passate di mano in mano» che sono state «rimaneggiate più volte». Insomma, «siamo ai limiti estremi del quadro costituzionale». Se la manovra non dovesse «contenere elementi innovativi» anche l’Udc, anticipa Pier Ferdinando Casini, non la «avallerà». E che qualche novità sia necessaria, d’altro canto, è anche quanto vanno sostenendo i ’finianì: bisogna «osare di piu», dice Italo Bocchino, e nel contempo «avviare una riflessione sulle riforme strutturali». Niente sciopero, almeno per ora, da parte dei magistrati che restano sulle barricate della protesta contro la manovra economica del governo (manovra che giudicano «iniqua, sperequata e incostituzionale»), ma decidono di congelare qualsiasi ipotizzata giornata di astensione dal lavoro (o di “sciopero bianco”, come proposto da alcuni) almeno fino a quando non avranno incontrato lunedì prossimo il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Gianni Letta. Mentre il testo della manovra arriva al Quirinale, il “parlamentino” dell’Associazione nazionale magistrati (Anm) prende tempo: troppo presto per esprimersi su un testo di cui si conosceranno i dettagli solo la prossima settimana e che nelle ultime ore è stato rielaborato con un probabile ammorbidimento delle misure riguardanti il congelamento della progressione economica. Il punto che più allarma i magistrati non è tanto il prelievo del 5% o del 10% per chi guadagna ogni anno, rispettivamente, somme superiori ai 90 mila o 150mila euro lordi («siamo consapevoli della gravi crisi economica e non intendiamo sottrarci al nostro dovere di cittadini e contribuenti», dice il segretario dell’Anm Giuseppe Cascini che tuttavia non si spiega il perchè questa «tassazione straordinaria» debba riguardare solo il pubblico impiego e non anche i lavoratori privati o autonomi). A preoccupare sono soprattutto il blocco dei meccanismi di progressione economica e il congelamento degli effetti economici degli avanzamenti di carriera ottenuti con il superamento di valutazioni di professionalità. «È assurdo che un magistrato più anziano che guadagna 150.000 euro se ne veda decurtati dalla manovra soltanto 2.000, mentre chi ne guadagna 70.000 debba contribuire alla soluzione della crisi economica con 20.000», dice Cascini spiegando che gli aumenti automatici di stipendio sono più consistenti nei primi 16 anni di carriera. Congelarli significherebbe creare un danno soprattutto ai magistrati più giovani con misure «discriminatorie e punitive». I tecnici del ministero dell’Economia, secondo l’Anm, «hanno da sempre la fobia degli automatismi delle retribuzioni dei magistrati» che tuttavia – viene ribadito – è «garanzia dell’indipendenza della magistratura», così non costretta alla contrattazione sindacale.