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Norme liberticide anche nella scuola

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Manifestiamo a Roma, il 5 giugno, per informare di tutte le misure che stanno mettendo in ginocchio la scuola; per protestare contro il depauperamento dell’ istruzione; per  denunciare le norme liberticide anche nella scuola.  

di Rino Di Meglio 
 

Il terremoto non è finito. I tagli agli organici, lo  stravolgimento della struttura dell’Istruzione superiore ed ora anche forse un taglio sugli stipendi – di fatto fermi da tempo – dei docenti  sono misure ingiuste e gravissime che discendono  da scelte di tipo economico. Inaccettabili certo, ma rispondenti ad una logica di risparmio. Ora, invece, il  Ministro Brunetta, nell’ambito della riforma della Pubblica Amministrazione, è intervenuto con il Decreto legislativo n. 150 anche sulla delicata questione delle sanzioni disciplinari per i docenti. E lo ha fatto con mano tanto pesante da invadere quella dimensione costituzionalmente difesa  che è la libertà d’insegnamento, cioè la condizione fondamentale che permette ai giovani di trasformarsi  in  cittadini liberi e democratici.

Sono rimaste inalterate le sanzioni in vigore, cioè quelle previste dal vecchio Testo Unico che, a propria volta riprendeva i Decreti Delegati del 1974, e abrogate con un colpo di spugna tutte le precedenti procedure, trasferendo i pieni poteri al Dirigente scolastico e, nei casi più gravi, ai funzionari dell’amministrazione scolastica.

La filosofia del decreto è di attribuire al Dirigente i poteri del privato imprenditore (con richiamo esplicito dell’art. 2106 del Codice Civile) e di  trasformare  i docenti in prestatori d’opera subordinati.

In pratica il decreto ha cancellato le competenze in materia dei Consigli di disciplina provinciali e nazionali, competenze che servivano a garantire la libertà di insegnamento, da interferenze indebite.

E’ stato inoltre affidato, in questo caso dal precedente governo, al dirigente il potere di trasferimento d’ufficio (casi di particolare turbamento) e di sospensione cautelare (niente più parere del Collegio dei docenti).

Difficile immaginare un colpo più pesante alla libertà di insegnamento.

Il nuovo procedimento disciplinare è di carattere inquisitorio ed alcune tipologie di infrazioni sono generiche e strumentalizzabili, ad esempio il comportamento “aggressivo” o  “molesto”.  Vuol dire forse che basta alzare la voce?

Viene violato il principio giuridico e civile della terzietà ed imparzialità del giudice; infatti il Dirigente scolastico inquisisce, giudica e punisce anche quando è parte in causa.

Viene introdotto, pena sanzioni pesanti, l’obbligo della delazione nei confronti di chi venga a conoscenza dell’infrazione disciplinare altrui.

Manca un altro principio pilastro della civiltà giuridica, “la legge è uguale per tutti e chi sbaglia paga”: il Dirigente che abuserà dei propri poteri e perseguiterà ingiustamente un docente, resterà impunito, salvo che non si dimostri che ha infranto il codice penale.

L’unica difesa che resta è, in buona sostanza, il ricorso al giudice del lavoro, i cui costi sono, come è noto, al di fuori della possibilità economica degli insegnanti.

Il sistema che ne risulterà sarà profondamente involuto e porterà ad una gestione autoritaria, caratteristica che nuocerà gravemente ad un luogo come la Scuola pubblica statale che dovrebbe caratterizzarsi per il pluralismo, per l’incoraggiamento della professionalità e per la creatività.

Ci impegneremo  per contrastare questa deriva, anche con l’intervento della Corte Costituzionale.

Per questo e per tutti gli altri motivi che stanno mettendo in ginocchio la nostra Scuola manifestiamo a Roma, il 5 giugno, perché intendiamo non cedere e continuare, invece, a informare, protestare e  denunciare.  La FGU-Gilda degli Insegnanti continuerà a disvelare  ogni operazione  contro la qualità della scuola e  contro la democrazia, su cui ogni buona scuola deve contare.

(Da Professione Docente – giugno 2010)

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