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Disabili, la Camera approva il prepensionamento per chi li assiste. Ma la scuola è esclusa

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La Commissione Bilancio dà l’ok ma lascia fuori dal beneficio i dipendenti di istruzione ed enti locali. Con quale logica non si è compreso. Ora si spera che il Senato trovi rimedio. Ci sono poi altri vincoli: non accede chi non è parente dell’assistito e chi lo fa da meno di diciotto anni. Occorre il versamento di almeno vent’anni di contributi. E poi c’è l’età minima: 60 anni per gli uomini, 50 per le donne.

Dopo decenni di richieste, attuate attraverso manifestazioni, convegni, sit-in, assemblee ed iniziative di ogni genere, le associazioni che difendono i diritti dei disabili esultano: il 19 maggio l’Aula della Camera ha approvato all’unanimità un testo che prevede il diritto al prepensionamento per le lavoratrici e i lavoratori, iscritti alle gestioni dell’Inps, che si dedicano al lavoro di cura e di assistenza di familiari disabili al 100 per cento. Dipendenti che, spesso stremati dalla fatica e dallo stress, sono quasi sempre costretti a recarsi al lavoro malgrado il duro lavoro di assistenza continua. Per loro la legge (104/92) non va oltre alla possibilità di usufruire dei tre giorni mensili e di due anni complessivi di assenza, pagati quasi al 100%, nell’arco di tutta la vita lavorativa.
La norma approvata alla Camera riguarda dipendenti o autonomi del settore privato, ma per motivi di bilancio (gli stessi che hanno rimandato per tante volte la sua approvazione) sono stati esclusi dal beneficio i dipendenti del mondo della scuola e degli enti locali. Oltre che le persone, ad esempio i conviventi, che non abbiano vincoli di parentela con il disabile assistito. La norma è rivolta dunque solo al coniuge, genitore, fratello, sorella o figlio.
Il provvedimento, che passa ora all’esame del Senato, è a tempo: dura cioè tre anni (dal 2010 al 2012) al termine dei quali si valuterà se riconfermarlo. Dopo un lungo tira e molla tra la Commissione Bilancio e l’Assemblea, la Commissione guidata dal leghista Giancarlo Giorgetti ha individuato quindi individuato la copertura finanziaria delle nuove norme nell’aumento dell’accisa sugli alcolici.
Una copertura evidentemente sufficiente a sbloccare la norma, ma che tuttavia non ha permesso di includere tra i beneficiari del prepensionamento i dipendenti della scuola e degli enti locali. Due categorie che, con ogni probabilità, nei prossimi giorni faranno sentire la loro voce: con quale criterio, infatti, è stato incluso un amministrativo del ministero dei Beni culturali ed escluso un collega del comparto istruzione? La speranza, per docenti, dirigenti, Dsga, educatori e personale Ata, è che al Senato la clausola di esclusione cada. Magari trovando dei finanziamenti attraverso qualche altro prodotto di cui lo Stato gode i benefici sottoforma di tasse.

Categorie a parte, sono diversi i vincoli che permettono di accedere al beneficio: il diritto al prepensionamento è prima di tutto riconosciuto solo a fronte di un periodo costante di assistenza al familiare convivente disabile pari almeno a diciotto anni e comunque sempre seguito del versamento di almeno venti anni di contributi previdenziali. Nel caso di disabilità congenita o che si manifesta dalla nascita, certificata da una struttura pubblica del Servizio sanitario nazionale, la costanza di assistenza è in ogni caso calcolata dalla data di nascita. Potranno beneficiarne, altro “paletto”, solo ai lavoratori che abbiano compiuto il sessantesimo anno di età e alle lavoratrici che abbiano compiuto il cinquantacinquesimo anno di età.

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