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La supplenza mai sarà assunzione: Impossibile trasformare il contratto, sì invece al risarcimento

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I contratti di supplenza non possono essere trasformati in contratti a tempo indeterminato. E anche se vengono utilizzati in modo illegittimo, il giudice non può condannare l’amministrazione al risarcimento del danno se il precario non ne dimostra l’entità e la sussistenza. È questo il principio affermato dal giudice del lavoro di Civitavecchia con una sentenza emessa l’8 aprile scorso e depositata il giorno 15 dello stesso mese. Il provvedimento è stato trasmesso dalla direzione regionale dell’ufficio scolastico della Campania alle amministrazioni periferiche il 3 maggio scorso (Prot.AOODRCA/844/3) per agevolare dirigenti e funzionari nella gestione del contenzioso sulla materia. Gli scatti di anzianità La questione non va confusa con quella degli scatti di anzianità ai precari, dove lo stesso giudice si è pronunciato invece in favore dei ricorrenti (1010 del 26.11.2009). Tra l’altro entrambe le sentenze sono state emesse non solo dallo stesso organo giudiziario, ma addirittura dallo stesso magistrato. E dalla lettura sistematica delle due pronunce, quella del 15 aprile 2010 e quella del 26 novembre 2009 si evince uno stretto collegamento logico tra le due situazioni giuridiche. Nella sentenza del 15 aprile, infatti, il giudice, nell’escludere la possibilità di pretendere la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato, afferma la possibilità di disporre una forma di risarcimento in favore del docente precario ripetutamente assunto con contratti a tempo determinato. Ma stabilisce al tempo stesso l’obbligo in capo al ricorrente di dimostrarne la sussistenza e l’entità. E siccome il ricorrente si era limitato a chiedere in via subordinata il versamento delle differenze retributive all’atto della conversione del rapporto di lavoro, il giudice non ha potuto fare altro che rigettare anche questa richiesta. Salvo ribadire implicitamente il proprio orientamento circa la risarcibilità del danno sotto forma di mancata attribuzione degli scatti di anzianità. Questo orientamento peraltro non appartiene solo al tribunale di Civitavecchia. Tanto più che l’amministrazione centrale è dovuta intervenire sollecitando le amministrazioni periferiche ad impugnare le tante sentenze di condanna emesse a suo sfavore davanti al giudice di II grado (nota prot.A00DGPER.09/19471 del 23.12.2009) . I motivi del no Quanto alle ragioni che hanno indotto il giudice a rigettare la richiesta di stabilizzazione esse si fondano su due presupposti. Il primo è che la giurisprudenza della Corte di giustizia europea, pur affermando l’esistenza del principio di non discriminazione a livello di trattamento tra docenti a tempo determinato e docenti a tempo indeterminato, non afferma l’esistenza di un vero e proprio obbligo di stabilizzazione del rapporto di lavoro. Anche nel caso di contratti a termine reiterati e stipulati in violazione di legge. La Corte, infatti, afferma l’obbligo del risarcimento in favore del lavoratore, lasciando una certo margine di discrezionalità agli stati nel determinare l’entità di tale sanzione. Il secondo ragionamento fatto dal giudice riguarda invece il criterio da applicare alla normativa interna per individuare la fonte da applicare. A questo proposito, il giudice ha ritenuto che la norma che prevede l’obbligo di stabilizzazione (il decreto legislativo 368/2001) è una norma generale e quindi non ha determinato l’abrogazione della norma che consente alla pubblica amministrazione la reiterazione dei contratti a termine, perché quest’ultima è una norma speciale (l’art.36 del decreto legislativo 165/2001). Note: ItaliaOggi 11/05/2010

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