Nel paese del Bresciano le mamme contro il “pasto per tutti”. In 200 scrivono al Comune per sostenere il sindaco leghista
Mamme in piazza per sostenere il sindaco che ha deciso di sospendere il pranzo ai bambini delle famiglie che non pagano la retta. Duecento genitori che scrivono annunciando che la mensa o la pagano tutti o tutti non la pagheranno. Il gesto di “saldare” le pendenze delle famiglie morose (ora sono 24 sulle 40 iniziali) fatto dall’imprenditore bresciano ha innescato proteste e una ancora più forte solidarietà al sindaco leghista di Adro Silvano Lancini, che guardacaso si chiama nello stesso identico modo del “rivoluzionario” benefattore. Segno forse che la politica dell’uno contro l’altro funziona.
Adro, 7 mila abitanti. Una sede leghista con una grande vetrata nella quale è appeso un enorme rosario. Adro, il paese in cui l’unica sala pubblica costa mille euro; così si evita di incentivare le eventuali riunioni pubbliche delle associazioni. Adro, dove il sindaco ha rinunciato al contributo regionale di oltre 50 mila euro per il bonus della casa (per tutti stranieri compresi) ma ha istituito un fondo comunale riservato soltanto per gli italiani.
Ma torniamo alla vicenda della mensa: molti bambini erano “colpevoli” di essere figli di genitori che non avevano pagato ciò che dovevano. Cifre che oscillavano dai 30 fino ad un massimo di 400 euro per un totale di ammanco di 16mila euro.
Come pensiero pasquale ai bambini vengono consegnate delle buste chiuse in cui i genitori vengono invitati a pagare. Diversamente, al rientro, ci sarebbe stato il “salto del pasto”. Alcuni pagano altri no. Ma chi sono quelli che non pagano e soprattutto perché? Una domanda che l’amministrazione sembra non essersi posta. Di solito in questi casi ci sono assistenti sociali che cercano di capire le situazioni. Ad Adro no. E dunque: leghisti (magari in cassa integrazione) contro stranieri (magari pure loro in cassa integrazione). A queste latitudini sembra il mondo alla rovescia. Dove anche la Chiesa tace. Parlano magari le associazioni ma non i preti. Chi parla e cerca una soluzione è la Cgil di Brescia. Il neo-segretario Damiano Galletti crede che un sindacato debba unire anziché dividere e quindi propone, parla con il sindaco, scende in piazza cercando di fare qualcosa che serva. Qui il concetto che i bambini vengano prima di tutto sembra secondario. “Questi sono i frutti della politica di divisione della Lega. Genitori che fanno fatica a pagare la retta che anziché pretendere che il comune si occupi di loro attaccano gli altri”.
I temi di cui parla la Cgil sono due e sono davvero semplici: il primo è attuare una seria valutazione di chi è in difficoltà da chi magari, invece, fa il “furbetto”. Il secondo è più ampio e riguarda la sfera educativa. Considerare l’ora di pranzo (per i piccoli dell’asilo e delle elementari) inserita a pieno titolo nell’attività educativa e dunque meritevole di essere sostenuta anche dal piano economico delle istituzioni.