Roma, 14 apr. (Apcom) – Secondo fonti sindacali sarebbero 25.558 i posti di insegnante che dal primo settembre prossimo verranno cancellati dal Miur per effetto della politica di ridimensionamento degli organici della scuola prevista nella penultima finanziaria: una cifra considerevole, fortemente contestata dalle stesse organizzazioni sindacali durante gli incontri tenuti al ministero negli ultimi giorni, ed aggravata da ulteriori 15.000 tagli di personale non docente (amministrativi, tecnici ed ausiliari). Per l’ufficialità delle cifre bisognerà attendere l’imminente circolare sugli organici (verrà emessa entro il 22 aprile), ma qualora dovessero subentrare modifiche saranno comunque di poco conto. In queste ore l’attenzione si concentra soprattutto sugli insegnanti, molti dei quali perderanno la supplenza dopo diversi anni di servizio, interrotta solo in prossimità del termine dell’inizio dell’anno scolastico: si perderanno 22.018 in organico di diritto (contratti di supplenza sino al 31 agosto) e 3.540 in organico di fatto (sino al 30 giugno). Il sacrificio maggiore verrà chiesto ai docenti della scuola superiore, dove per effetto della riforma si perderanno ben 13.746 posti. Falcidiata anche la primaria (le ex elementari), dove il nuovo anno scolastico partirà con 8.711 maestri in meno. Più indolore la ‘razionalizzazione’ delle medie inferiori, dove il taglio riguarderà solo 3.661 posti da insegnante. Rimarrà esente dai tagli il comparto degli insegnanti di sostegno, dove si confermano i 63.348 posti in organico di diritto e i 27.121 in quelli di fatto. Una decisione quest’ultima su cui pesa non poco la recente sentenza della Corte costituzionale che ha dichiarato illegittime le norme che limitano gli organici di sostegno in caso di supporto a studenti disabili gravi. Addirittura controcorrente, infine, la scuola dell’infanzia, dove si registrerà un incremento di 560 posti. Complessivamente, unendo tutti i tipi di corsi, si attuerà una riduzione pari al 4% del corpo docente. Con differenze, anche sensibili, da regione a regione: le più colpite saranno quelle del sud. In particolare la Calabria (-5,32%%), la Basilicata e la Sardegna (-5,18%) e la Sicilia (-5,06%). Tutte regioni che pagano, in particolare, il crescente calo della riduzione delle nascite degli ultimi anni. Tagli in linea con la media nazionale, però, anche in diverse regioni del nord dove, soprattutto grazie alla presenza fissa di immigrati, il tasso demografico è invece in aumento: in Veneto e Lombardia, per esempio si assisterà ad una riduzione di oltre il 3% del personale docente, a fronte di un incremento degli alunni pari all’1,3%.