Finite le vacanze pasquali, l’anno scolastico ha imboccato la dirittura finale, al solito fittissima di impegni, per insegnanti, segreterie, uffici scolastici.
Le RSU, che quest’anno si sono viste prorogare il mandato d’ufficio (cosa vietatissima al tempo della loro istituzione, ricordate?) si apprestano alle ultime “fatiche”: controllo delle richieste inviate dalla scuola a proposito di classi (questa richiesta deve essere inviata agli uffici appunto durante la sospensione pasquale delle lezioni) e, quando si saprà la parola definitiva sugli organici, sulle richieste di cattedre da parte delle scuole. E poi, finalmente, basta! Ci penseranno i nuovi collegi di RSU che eleggeremo entro il 30 novembre, come da Decreto Legislativo 150/2009 articolo 65! Per sicurezza ho riletto quell’articolo, ne riporto in nota il comma 3[1].
La situazione nelle scuole ora è quanto mai incerta, parlo di situazione proprio scolastica, non sindacale. Gli istituti tecnici in particolare, che impegnano insieme ai professionali la stragrande maggioranza degli adolescenti italiani, anche dopo il noto boom dei Licei, perderanno cattedre a iosa, questo è il dato sicuro, tanto che addirittura per accumulare posti liberi l’amministrazione ha fatto ricorso alla rottamazione forzata dei “quarantenni” (di contribuzione), in controtendenza rispetto all’innalzamento dell’età pensionabile in corso in questi anni e in futuro. Le decisioni ministeriali arrivano con il contagocce, e ancora non ci sono certezze su chi verrà tagliato e perderà posto, con conseguenze anche molto significative per docenti di discipline specialistiche di indirizzo. In questo quadro generale i sindacati annunciano proteste, che ai più appaiono tiepide e tardive. Dalla base si auspicano proteste unitarie, ma, e qui veniamo al panorama sindacale, mentre nella scuola è annunciato il più significativo programma di tagli della nostra epoca, i sindacati si sono trovati su posizioni separate, non tanto per visioni diverse su questo programma, ma per ideologie o decisioni prese a livello di confederazioni.
Sappiamo bene che la rappresentatività sindacale si misura sulle iscrizioni ai sindacati e sui voti alle RSU. Ma ormai, dopo quattro anni, le situazioni nelle scuole sono diversissime dall’anno delle elezioni (2006), per motivi di mobilità territoriale, professionale e pensionamenti. Da non dimenticare anche il fatto che, visti i cambiamenti di cui sopra, l’adesione sindacale potrebbe essere cambiata anche in modo significativo.
Onestà e coerenza imporrebbero quindi ai sindacati di non rimandare ulteriormente il voto programmato entro il fatidico 30 novembre 2010. Tuttavia, rileggendo il comma 3 dell’art. 65 citato, sorge il dubbio che i sindacati, d’accordo con il governo, possano rimandare di nuovo, sempre facendo riferimento ai “nuovi comparti di contrattazione”. Occorre quindi appellarsi a tutte le persone di buona volontà che ancora operano all’interno delle strutture sindacali che trattano con l’amministrazione. Chi lavora nelle scuole non sopporterà oltre un altro rinvio delle elezioni delle proprie rappresentanze, e se non vogliamo che – secondo un sinistro programma – i sindacati in Italia perdano sempre più terreno, occorrerà accettare la prova delle elezioni, o sarà sicuramente peggio per tutti, nonché per l’idea stessa di sindacato.
Ferrara, 9 aprile 2010 – Cinzia Piccinini – Professione Insegnante