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Tremonti smentisce a metà le voci sulla manovra estiva: "Correzione dello 0,5 per cento nel 2011". Cioè 8 miliardi

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 La voce inizia a circolare a metà pomeriggio, la battono le agenzie di stampa e la attribuiscono a “fonti parlamentari della maggioranza”: il governo sarebbe pronto a una manovra correttiva prima dell’estate dal valore di 4 o 5 miliardi di euro. In pratica, deve trovare subito soldi tagliando le spese o aumentando le tasse perché le previsioni sull’andamento del’economia nel 2010 si sono rivelate sbagliate e le casse sono vuote. L’indiscrezione viene subito letta come un tentativo di rassicurare i mercati finanziari sul fatto che l’Italia non è la Grecia e che Roma, a differenza di Atene, è pronta a risanare i conti prima di rischiare la bancarotta. Ma subito arriva la smentita del ministro dell’Economia Giulio Tremonti: “Confermo l’impegno della Repubblica italiana ad una correzione dello 0,5 per cento nel 2011, smentisco le altre voci”.

LE CIFRE. Bisogna districarsi tra le cifre. Il ministro si riferisce al “Programma di stabilità” che l’Italia ha sottoposto a Bruxelles il 17 marzo scorso in cui l’Italia si impegna a ridurre il rapporto tra deficit e Pil dal 5,4 per cento del 2009 al 5 per cento nel 2010 e poi, nel 2011, sarà il momento per una cura da cavallo ai conti pubblici per portare il deficit/Pil al 3,9 per cento con “sforzi di risanamento aggiuntivi non specificati pari a 0,4 punti percentuali del Pil nel 2011 e ad ulteriori 0,8 punti percentuali nel 2012”, come riassume la Commissione europea. Quindi, tecnicamente, ieri Tremonti ha fatto una smentita che però è anche una prima ammissione: nel 2011 il risanamento non sarà di 0,4 punti di Pil, ma di 0,5. Quindi non di 6,4 miliardi ma di 8. Ma le parole di Tremonti sono una notizia anche per un’altra ragione.

MISTERO CRESCITA. Tutto il compromesso concordato con Bruxelles si regge sulle previsioni di crescita. Che nel Dpef del governo erano un ottimistico 2 per cento annuo nel biennio 2011-2012, nel 2010 (stando alla nota di aggiornamento di gennaio) è di 1,1 per cento. E anche questa stima potrebbe essere troppo ottimistica, visto che l’Ocse ha calcolato due giorni fa un rallentamento della ripresa già a partire dal secondo trimestre dell’anno (da 1,3 per cento su base annua a 0,5). E nel 2011, però, ci saranno problemi non piccoli: le basi del risanamento promesso da Tremonti a Bruxelles sono in una crescita da 2 per cento. Secondo il Fondo monetario internazionale invece l’aumento del Pil sarà soltanto del 1,1 per cento. Una differenza di quasi un punto di Pil (cioè 16 miliardi) che Tremonti dovrà pur trovare da qualche parte. E il fatto che ieri abbia ammesso che serve una manovra correttiva da 0,5 punti è un primo segnale di consapevolezza. Oltre a questo, ricorda il Fondo monetario internazionale nel suo ultimo rapporto sulla situazione italiana del 30 marzo, nel 2010 e negli anni a seguire “le entrate tenderanno a diminuire, riflettendo la natura eccezionale di alcuni massicci introiti fiscali del 2009” (cioè quelli derivanti dallo scudo fiscale).

Riassumendo: il governo ha sostenuto che l’Italia crescerà più di quanto ogni statistica considera credibile e taglierà le spese in modo da mantenere il deficit sotto controllo. Ma se il Pil sarà più basso del previsto, le misure di risanamento dovranno adeguarsi e quindi diventare più drastiche. Per questo le voci che circolavano ieri pomeriggio, di una cassa insufficiente anche per rifinanziare le missioni militari a giugno, sono state considerate credibili. Il quotidiano Repubblica, poi, il 26 marzo aveva rivelato un documento interno del Tesoro che sarebbe la base per una manovra di bilancio di forte correzione: 19,2 miliardi in due anni (2011-2012).
Mentre la finanza pubblica si deteriora, l’Istat comunica che il reddito disponibile per le famiglie nel quarto trimestre 2009 è calato del 2,8 per cento rispetto a un anno prima. L’Istat dice che si tratta della riduzione più significativa dal 1990, cioè da quando si raccoglie questo tipo di dati. Diminuiscono anche i tassi di risparmio e la propensione all’investimento.

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