Riforma che è stata annunciata con trombe e tamburi, come un avvenimento epocale, storico, in linea con la riforma Gentile del 1921 e pensata per i ragazzi, per il loro futuro e pure per quello della nazione che ha bisogno di cittadini qualificati, di professionisti pronti ad affrontare le sfide del mondo globalizzato, di persone preparate e di cultura. E il risultato è davanti a tutti.
Pasquale Almirante
p.almirante@aetnent.org
Alcuni insegnanti scaricati sul sostegno, altri usati come Jolly, modificando e allargando le classi di concorso, mentre il cosiddetto salva precari risulta un bluff. Lentamente cominciano a venire al pettine i nodi della riforma Gelmini, o meglio quello che è chiamato il nuovo “ordinamento della istruzione secondaria superiore” voluto dal ministro delle finanze e imposto alla collega del Miur. Riforma che è stata annunciata con trombe e tamburi, come un avvenimento epocale, storico, in linea con la riforma Gentile del 1921 e pensata per i ragazzi, per il loro futuro e pure per quello della nazione che ha bisogno di cittadini qualificati, di professionisti pronti ad affrontare le sfide del mondo globalizzato, di persone preparate e di cultura. E il risultato è davanti a tutti.
Per non buttare a mare i docenti che non troveranno cattedra, a seguito della riduzione di orario introdotto nei tecnici e nei professionali a partire perfino dal secondo anno fino al quarto ( è stata risparmiata la quinta classe), si ipotizza di abilitarli per il sostegno con un corso di qualche centinaio di ore, come se questo tipo di docenza non meritasse abilitazioni e preparazioni specifiche per non sprecare soldi, tempo ed energia, con scarso senso quindi delle difficoltà di questi studenti più sfortunati. E poi si allargano le classi di concorso, vanificando le specializzazioni settoriali di ciascuna materia, col chiaro messaggio che della istruzione qualifica non interessa nulla, ma che si guarda solo il momentaneo tamponamento di possibili crisi sociali.
Ed è ancora più dura la realtà di questa riforma quando si apprende che il famoso inglese, quello sponsorizzato perfino dal presidente del consiglio, subisce una drastica riduzione di ore in quasi tutti gli indirizzi, mentre il lettore di madrelingua scompare, svanisce dai tecnici a indirizzo turistico dove era stato sempre un punto di riferimento. Che succede allora? La storia della musica se ne va per i fatti suoi e la matematica insieme con l’informatica si faranno concorrenza nei professionali e nei tecnici. Questa è la riforma epocale di fronte ai mutamenti del mondo che chiede persone preparate per sconfiggere crisi, malattie, fame, sperequazioni, intolleranze? Sconfiggeremo il cancro, ha detto Berlusconi. E come si può fare, se la ricerca è assente e le nostre scuole sono affamate e i nostri docenti usati come jolly? Forse pensa che con l’imposizione delle mani si possa guarire? Ma di quali mani?
Invece di spiegare ai tanti insegnanti precari, che perderanno anche l’incarico annuale, che cosa si intende fare di loro, si crogiola sulla santifica e sacrale missione del suo governo persino contro il cancro, mentre lascia crescere quell’altro tumore della disoccupazione intellettuale, togliendo anche la speranza che insieme alla fede e alla carità sono il fondamento del cattolicesimo che però si professa in termini elettoralistici quando si parla di aborto o fine vita. Ma si ha la consapevolezza che dal prossimo anno miglia di persone, papà e mamme, non troveranno più posto, nemmeno precario? E di fronte a tutto questo la ministra non ha titubanze a dire che la scuola pubblica non è un ammortizzatore sociale, per cui chi c’è c’è e chi non c’è si arrangi. Dicesse almeno come?
PASQUALE ALMIRANTE