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Prove generali di organico funzionale

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DIESSE – I resoconti sindacali della recente riunione ministeriale (10 febbraio) sugli organici, parlano chiaro: l’Amministrazione centrale ha assicurato, per quanto concerne la scuola secondaria superiore, che nonostante il calo degli alunni stimato tra le 16.000 e le 24.000 unità, è prevista comunque l’assegnazione di un lieve potenziamento dell’organico rispetto alla quota che deriverebbe dai quadri orari, al fine di consentire al meglio, insieme all’utilizzazione dei docenti in esubero, la gestione della flessibilità e del potenziamento dell’orario. In altri termini, mentre da una parte sono confermati per il prossimo anno scolastico i tagli previsti dall’art. 64 della legge 133/2008 per un numero complessivo di docenti pari a 25.600 (una cifra comunque inferiore a quella di 42.105 posti in meno fissata in un primo tempo), è affermato l’impegno a non asciugare gli organici in maniera ragionieristica. La contraddizione (tagli da una parte, organico potenziato dall’altra) sembra stridente, tanto più che il calo di organico colpisce soprattutto la scuola superiore. Eppure non è così. La chiave del rebus è la differenza fra organico di diritto e organico di fatto: ciò che viene tolto all’atto della definizione del primo (risultante, una volta formate le classi, dalle iscrizioni raccolte alla scadenza stabilita) può essere recuperato all’atto della conferma del secondo (risultante dal numero delle classi formate dopo gli scrutini). Per inciso, il DM relativo agli organici dell’a.s. 2009/10, trasmesso con la C.M. n. 38 del 2 aprile 2009, ha previsto che le riduzioni stabilite dalla legge n. 133/2008 di cui sopra, avvenissero, per l’a.s. 2009-2010, in parte in organico di diritto (per una quota pari a 37.000 unità) e in parte in organico di fatto (per una quota di 5.000 posti). Il segnale che proviene dall’Amministrazione è leggibile in questo senso: l’adeguamento degli organici di diritto alle situazioni di fatto può essere orientato dalle scuole che, sulla base del piano dell’offerta formativa che intendono proporre, sono sollecitate a usare in modo intelligente le quote di autonomia e flessibilità che la riforma loro concede. In organico di diritto andranno appunto le variazioni determinate dalle suddette quote e il sistema informativo del Miur, assicura l’Amministrazione, verrà strutturato in modo da garantire l’elaborazione automatizzata degli organici. In qualche modo è ripristinato, mutatis mutandis, l’organico funzionale, introdotto a suo tempo dalla L. 59/97 (art.21) e poi accolto dal DM 105/2000 (“L’organico funzionale è assegnato per garantire la sperimentazione dell’autonomia regolata dal Decreto Ministeriale 29 maggio 1998, n. 251, prorogato, modificato e integrato dal D.M. 179 del 19 luglio 1999, e pertanto la sua applicazione è subordinata alla partecipazione dell’istituzione scolastica alla sperimentazione dell’autonomia”, art.1). Rispetto a “quella” stagione di organico funzionale v’è naturalmente una difformità piuttosto marcata. Negli anni di fine secolo scorso l’organico funzionale era connesso alla possibilità delle singole istituzioni scolastiche di costruire l’organico cattedra al fine di realizzare progettazioni che arrivavano a includere insegnamenti integrativi, articolazioni del gruppo classe e attività didattiche in compresenza. In altri termini, quell’organico funzionale gonfiava gli organici secondo una pratica (autonomia progettuale) oggi considerata improponibile. La nuova stagione della razionalizzazione della scuola, cui però non corrisponde la diminuzione del tempo scuola per gli alunni, richiede un concetto di organico funzionale che, nel rispetto dei quadri orari fissati centralmente, si modula sulla capacità degli istituti di intercettare il bisogno di formazione proveniente dal territorio. L’organico funzionale (forse sarebbe opportuno definirlo “strutturale”) è il risultato dell’architettura complessiva della proposta di istruzione e di educazione che il singolo istituto intende fare. Consegue alla organizzazione globale del piano dell’offerta formativa e comprende il riassetto, nei limiti consentiti dall’autonomia e dalla flessibilità, degli insegnamenti obbligatori e del loro potenziamento, degli accordi di rete tra scuole diverse, del coinvolgimento di tutte le componenti della scuola. Insomma un’occasione, pur dentro una logica di dimensionamento dell’intero comparto, di ripensamento dei compiti e degli scopi del sistema di istruzione, che ha bisogno di elevare la sua qualità proprio mettendosi in rapporto con chi guarda alla scuola non solo per ottemperare ad un obbligo ma anche per maturare conoscenze e competenze. Si spera che i regolamenti dei tre livelli di scuola superiore che stanno per essere emanati (istituti tecnici, istituti professionali e licei) confermino le prospettive indicate.

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