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Riforma delle superiori – pareri Consiglio di Stato – favorevoli con osservazioni.

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Pareri n. 104, 105 e 106 del 13.01.10 (affari n. 04596 – 04597 e 04599 del 2009) sugli schemi di regolamenti recanti revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei, degli istituti tecnici e degli istituti professionali ai sensi dell’ articolo 64, comma 4, del D.L. 112/2008, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

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In termini generali, il modello razionale dell’azione pubblica è quello che impone il risparmio come l’effetto di una ottimizzazione dei processi di allocazione delle risorse, e non come conseguenza dell’indebolimento del servizio da erogare. In questa prospettiva le scelte riformatrici effettuate dall’Amministrazione non appaiono estranee e tanto meno contrastanti con i criteri della delega, la cui genericità appare riscattata dal quadro normativo complessivo da cui risultano linee sufficientemente dettagliate di intervento.

Con riferimento alle singole disposizioni sussistono tuttavia punti che la Sezione non ritiene superati o assorbiti dalla risposta del Ministero.

I pareri sono pertanto favorevoli con osservazioni di cui in motivazione.

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Numero 00104/2010 e data 13/01/2010

REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Consultiva per gli Atti Normativi
Adunanza di Sezione del 21 dicembre 2009
NUMERO AFFARE 04596/2009

OGGETTO:
Ministero dell’istruzione dell’universita’ e della ricerca.
Schema di regolamento recante “Revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei ai sensi dell’articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133”.

LA SEZIONE
Vista la relazione trasmessa con nota prot. Prot/A00/UffLeg/4789 del 16 novembre 2009, con la quale il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca chiede il parere del Consiglio di Stato in ordine allo schema di regolamento in oggetto;
Vista la relazione trasmessa con nota prot. A00/UffLeg/5339 del 15 dicembre 2009, con la quale il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ha risposto al parere interlocutorio del Consiglio di Stato.
Esaminati gli atti e udito il relatore ed estensore Cons. Francesco Bellomo.

PREMESSO:
Con nota del 16 novembre 2009 il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca chiede al Consiglio di Stato il parere di cui all’articolo 17, comma 25 della legge 15 maggio 1997, n. 127, sullo schema di regolamento, da approvare con decreto del Presidente della Repubblica, recante “Revisione dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico dei licei ai sensi dell’articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133”.
L’articolo 64 del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008 n. 133, concernente disposizioni in materia di organizzazione scolastica, al comma 3, stabilisce che il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e previo parere delle Commissioni Parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario, deve predisporre un piano programmatico di interventi volti ad una maggiore razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili, che conferiscano una maggiore efficacia ed efficienza al sistema scolastico.
Per l’attuazione di detto piano programmatico il successivo comma 4 prevede che il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, adotti uno o più regolamenti ai sensi dell’articolo 17, comma 2 della legge 23 agosto 1988 n. 400, di revisione dell’attuale assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico.
Con lo schema di regolamento in esame sono introdotte norme generali relative all’ordinamento organizzativo e didattico dei licei.
Lo schema è composto dal preambolo, da sedici articoli e dagli allegati.
L’articolo 1 definisce l’oggetto del regolamento e stabilisce che i licei sono disciplinati dal decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 2006 e successive modificazioni e dal regolamento, preordinato alla introduzione delle misure di razionalizzazione di cui al comma 4, lettera b) dell’articolo 64 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.
L’articolo 2 definisce l’identità dei licei, fissandone le finalità e la durata dei percorsi di studio. Il comma 1 individua la collocazione dei licei nel sistema dell’istruzione secondaria superiore di cui al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, e successive modificazioni. Il comma 2 si sofferma sul profilo culturale comune assicurato allo studente che costituisce l’unitarietà dei percorsi liceali. Il comma 3 stabilisce la durata quinquennale dei licei e la loro articolazione in due bienni e nell’anno terminale, nel rispetto delle indicazioni del decreto legislativo n. 226 del 2005. Il comma 4 ribadisce che il primo biennio è finalizzato anche all’assolvimento dell’obbligo scolastico, mentre il comma 5 prevede la stipulazione di intese con le università, con le istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica e con quelle ove si realizzano i percorsi di istruzione e formazione tecnica superiore ed i percorsi degli istituti tecnici superiori, al fine di orientare le scelte successive dello studente.
L’articolo 3 definisce l’articolazione del sistema dei licei e fissa il profilo educativo, culturale e professionale dello studente al termine dei corsi di studio quale previsto dall’Allegato A. Viene inoltre previsto che alla riorganizzazione delle sezioni bilingui, delle sezioni ad opzione internazionale, delle sezioni di liceo classico europeo e di liceo linguistico europeo si provvederà con separato regolamento.
L’articolo 4 definisce il percorso del liceo artistico, individuandone le finalità educativo-formative, gli indirizzi, le attività laboratoriali e l’orario annuale degli insegnamenti obbligatori per tutti gli studenti e degli insegnamenti obbligatori di indirizzo, con riferimento ai singoli bienni e all’anno finale del corso di studi. Il piano degli studi è fissato nell’Allegato B del provvedimento. Al fine di corrispondere alle esigenze e vocazioni delle realtà territoriali il potenziamento e l’articolazione dell’offerta formativa dei licei artistici possono essere assicurati mediante specifiche intese con le Regioni, con particolare riferimento alle attività laboratoriali ed alle interazioni con il mondo del lavoro.
L’articolo 5 detta disposizioni analoghe con riferimento ai percorsi del liceo classico, il cui piano di studi è fissato dall’Allegato C.
L’articolo 6 disciplina i percorsi del liceo linguistico, finalizzati a far acquisire agli studenti le competenze relative a tre lingue e culture straniere; il relativo piano di studi è contenuto nell’Allegato D del provvedimento.
L’articolo 7 detta le norme specifiche per i percorsi del liceo musicale e coreutico, articolato nelle relative due distinte sezioni, il cui piano di studi è fissato nell’Allegato E.
Gli articoli 8 e 9 dettano, rispettivamente, la disciplina dei percorsi del liceo scientifico e del liceo delle scienze umane, nonché delle relative opzioni scientifico-tecnologica ed economico-sociale, i cui piani di studio sono contenuti nei corrispondenti Allegati F e G.
L’articolo 10 disciplina la materia relativa allo svolgimento delle attività educative e didattiche ed ai relativi orari annuali d’insegnamento.
L’articolo 11 fissa i criteri per la valutazione periodica e finale degli apprendimenti, facendo riferimento, in primo luogo, alle disposizioni dell’articolo 13 del decreto legislativo n. 226 del 2005 e all’articolo 2 del decreto legge n. 137 del 2008, convertito dalla legge n. 137 del 2008, e al relativo regolamento attuativo. Il titolo finale rilasciato al superamento dell’esame di Stato assume la dizione di “Diploma liceale” con indicazione della tipologia liceale e l’eventuale indirizzo seguito dallo studente.
L’articolo 12 disciplina il monitoraggio e la valutazione di sistema.
L’articolo 13 definisce il passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento dei percorsi dei licei.
L’articolo 14 detta disposizioni specifiche per le regioni a statuto speciale, per le province autonome di Trento e di Bolzano e per scuole con insegnamento in lingua slovena.
L’articolo 15 contiene la ricognizione delle disposizioni abrogate, con riferimento al decreto legislativo n. 226 del 2005.
L’articolo 16 detta le disposizioni finali, stabilendo che all’attuazione del regolamento si provvede in coerenza con il piano programmatico di cui all’articolo 64, comma 3, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.
Gli allegati sono i seguenti:
Allegato A: Profilo educativo, culturale e professionale dello studente a conclusione del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione per i licei
Allegato B: Piano degli studi del liceo artistico, indirizzi:
B1 – Architettura, Design, Ambiente
B2 – Audiovisivo, Multimedia, Scenografia
Allegato C: Piano degli studi del liceo classico
Allegato D: Piano degli studi del liceo linguistico
Allegato E: Piano degli studi del liceo musicale e coreutico, articolato in un’area comune e nelle sezioni musicale e coreutica
Allegato F: Piano degli studi del liceo scientifico e dell’opzione scientifico-tecnologica
Allegato G: Piano degli studi del liceo delle scienze umane e dell’opzione economico sociale
Allegato H: Insegnamenti attivabili sulla base del Piano dell’offerta formativa nei limiti del contingente di organico assegnato all’istituzione scolastica
Allegato I: Tabella di confluenza dei percorsi di istruzione secondaria superiore previsti dall’ordinamento previdente nei percorsi liceali del nuovo ordinamento
Allegato L: Tabella di corrispondenza dei titoli di studio in uscita dai percorsi di istruzione secondaria di secondo grado dell’ordinamento previdente con i titoli di studio in uscita dai percorsi liceali del nuovo ordinamento.

CONSIDERATO:

1. L’atto normativo in esame ha natura di regolamento delegato ai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (“Disciplina dell’attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri”).
Esso si inserisce nel quadro degli interventi urgenti predisposti dal Governo con il d.l. n. 112 del 2008 per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, ed appare specificamente preordinato al contenimento della spesa per il pubblico impiego (tanto da figurare all’inizio del capo II, così intitolato), oltre che ad una più generale implementazione nell’organizzazione scolastica dei principi di efficacia, efficienza ed economicità, che permeano il moderno volto del sistema amministrativo.
Trattandosi di un regolamento delegato, può essere adottato per la disciplina delle materie, non coperte da riserva assoluta di legge prevista dalla Costituzione, per le quali le leggi della Repubblica, autorizzando l’esercizio della potestà regolamentare del governo, determinano le norme generali regolatrici della materia e dispongono l’abrogazione delle norme vigenti, con effetto dall’entrata in vigore delle norme regolamentari.
La materia oggetto del presente regolamento non è sottoposta a riserva di legge assoluta (arg. ex art. 33, comma 2 Cost. : “La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi”) e rientra anche nell’organizzazione amministrativa, che è terreno di elezione per l’uso della potestà regolamentare, anche delegificante, come dimostrato dallo stesso articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, al comma 4-bis. Sotto tale profilo la previsione di un regolamento delegato risulta coerente con la riserva relativa di legge fissata dall’articolo 97, comma 1 della Costituzione, come attuata dall’articolo 2, comma 1 del decreto legislativo n. 165 del 2001, che demanda alla legge la sola fissazione dei principi generali sull’organizzazione amministrativa.
Il regolamento soddisfa anche il principio di legalità sostanziale, per un duplice ordine di ragioni.
In primo luogo l’articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112 fissa, per la revisione dell’attuale assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico, una pluralità di criteri, i quali formano un contesto unitario e si integrano reciprocamente. Per quanto direttamente interessa il regolamento in esame, la fonte primaria indica come direttiva la “ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola anche attraverso la razionalizzazione dei diversi piani di studio e relativi quadri orari, con particolare riferimento agli istituti tecnici e professionali”. Funge da cornice la previsione di cui al comma 6 del medesimo articolo, il quale stabilisce che dall’attuazione dei commi 1, 2, 3, e 4 devono derivare per il bilancio dello Stato economie lorde di spesa, non inferiori a 456 milioni di euro per l’anno 2009, a 1.650 milioni di euro per l’anno 2010, a 2.538 milioni di euro per l’anno 2011 e a 3.188 milioni di euro a decorrere dall’anno 2012.
In secondo luogo il regolamento costituisce attuazione di un piano programmatico adottato dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario.
Si realizza, così, una sequenza di (legge – atto politico di indirizzo – regolamento) in cui il potere regolamentare risultato conformato non solo dalle disposizioni di legge, ma anche da un atto intermedio, che vale a fissare le linee guida su cui l’esecutivo deve esprimersi, così riducendone la discrezionalità politica e valorizzandone il ruolo tecnico. Ciò è tanto più da apprezzarsi tenendo conto dell’ampio coinvolgimento degli organi istituzionali realizzato, attesa la partecipazione nell’elaborazione del piano programmatico del Ministro dell’economia e delle finanze, della Conferenza unificata e delle Commissioni parlamentari competenti, idonea ad esprimere un punto di vista unitario, in grado di sintetizzare le posizioni dei diversi livelli di governo della comunità. La stessa predisposizione dello schema di regolamento da parte del Ministero dell’istruzione avviene con l’intervento del Ministro dell’economia e delle finanze e della Conferenza unificata, in simmetria con quanto previsto per l’adozione del piano programmatico.

2. Sul piano dei principi resta da verificare l’ammissibilità e i limiti dell’impiego del regolamento delegato nella materia dell’istruzione scolastica.
Il riparto delle competenze normative in materia di istruzione è definito dal nuovo articolo 117 della Cost. come segue:
– spetta allo Stato la potestà legislativa esclusiva di dettare le “norme generali sull’istruzione” (comma 2, lett. n);
– spetta alla potestà concorrente della Regione la materia “istruzione”, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione dell’istruzione e della formazione professionale (comma 3).
In materia, peraltro, occorre considerare anche l’articolo 117, comma 2 lett. g), che attribuisce alla potestà legislativa esclusiva dello Stato il settore “ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato”, nonché l’articolo 117, comma 2 lett. e) e l’articolo 119 Cost. per i profili di finanza pubblica investiti dalla riforma dell’organizzazione scolastica.
Lo Stato ha la potestà regolamentare nelle materie di legislazione esclusiva, mentre la Regione ha la potestà regolamentare in ogni altra materia. Aderendo alla tesi prevalente in dottrina, la giurisprudenza della Corte costituzionale ha ritenuto ammissibili i regolamenti delegati in aree che, pur di competenza dello Stato, incrociano profili spettanti alla Regioni. Nella materia dell’istruzione, definire interamente le rispettive sfere di applicazione e il tipo di rapporto tra le “norme generali sull’istruzione” e i “principi fondamentali” in materia di “istruzione” – le prime di competenza esclusiva dello Stato ed i secondi destinati a orientare le Regioni nell’esercizio della relativa potestà concorrente – non è sempre agevole e necessario, nel complesso intrecciarsi in una stessa materia di norme generali, principi fondamentali, leggi regionali e determinazioni autonome delle istituzioni scolastiche.
In queste condizioni deve prendersi atto che la scelta compiuta dal legislatore non è priva di una base formale, poiché una competenza esclusiva statale sussiste e quindi vi è la possibilità di adottare una normativa secondaria. L’esistenza nell’oggetto astratto del regolamento di un’osmosi tra materie di competenza legislativa esclusiva dello Stato e materie di competenza concorrente non determina, di per sé, alcuna preclusione. D’altronde il regolamento in questione, proprio in considerazione di tale osmosi, è stato concepito dalla legge e concretamente attuato nel suo iter formativo come ispirato al principio di leale collaborazione con le autonomie locali; in ciò adeguandosi al principio formulato dalla Corte costituzionale secondo cui nel nuovo Titolo V della Carta, per valutare se una normativa statale che occupi spazi spettanti alle Regioni sia invasiva delle attribuzioni regionali o, invece, costituisca applicazione dei principi di sussidiarietà e adeguatezza, diviene elemento essenziale la previsione di forme di concertazione fra lo Stato e le Regioni interessate. Si aggiunga che la materia è caratterizzata da un forte tecnicismo, sicché non appare irragionevole l’adozione di uno strumento più duttile qual è appunto quello regolamentare.
Tali considerazioni risultano corroborate dalla sentenza n. 200 del 2009 della Corte costituzionale, la quale, pronunciandosi sulla legittimità costituzionale dell’articolo 64 del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, ha affermato che:
– “il sistema generale dell’istruzione, per sua stessa natura, riveste carattere nazionale, non essendo ipotizzabile che esso si fondi su una autonoma iniziativa legislativa delle Regioni, limitata solo dall’osservanza dei principi fondamentali fissati dallo Stato, con inevitabili differenziazioni che in nessun caso potrebbero essere giustificabili sul piano della stessa logica. Si tratta, dunque, di conciliare, da un lato, basilari esigenze di “uniformità” di disciplina della materia su tutto il territorio nazionale, e, dall’altro, esigenze autonomistiche che, sul piano locale-territoriale, possono trovare soddisfazione mediante l’esercizio di scelte programmatiche e gestionali rilevanti soltanto nell’ambito del territorio di ciascuna Regione”.
– “Con riguardo, invece, alla potestà regolamentare, il legislatore ha fatto espresso riferimento ai regolamenti di delegificazione contemplati nel comma 2 dell’art. 17 della legge n. 400 del 1998. Sul punto, è bene chiarire che il sesto comma dell’art. 117 Cost., da un lato, autorizza il legislatore statale, come già sottolineato, ad esercitare la potestà regolamentare in tutte le materie di legislazione esclusiva dello Stato; dall’altro, non pone limitazioni, in linea con la sua funzione di norma di riparto delle competenze, in ordine alla tipologia di atto regolamentare emanabile. Ne consegue che risulta conforme al sistema delle fonti la previsione di regolamenti di delegificazione anche in presenza dell’ambito materiale in esame. Deve, anzi, ritenersi che le “norme generali sull’istruzione” – essendo fonti di regolazione di fattispecie relative alla struttura essenziale del sistema scolastico nazionale – si prestano a ricevere “attuazione” anche mediante l’emanazione di atti regolamentari di delegificazione, purché in concreto vengano rispettati il principio di legalità sostanziale e quello di separazione delle competenze ”
– “In secondo luogo, la disposizione censurata, contenendo “norme generali regolatrici della materia”, cui fa riferimento il citato art. 117, rispetta il richiamato principio di legalità sostanziale. In particolare, a tale proposito, il legislatore – nello stabilire che, mediante lo strumento dei regolamenti di delegificazione, si debba provvedere ad una revisione dell’attuale assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico, da intendersi riferito, come già rilevato, alle sole modifiche relative alle caratteristiche generali del sistema nazionale dell’istruzione – ha provveduto ad una predeterminazione contenutistica puntuale dei “criteri” cui deve rigorosamente attenersi il Governo nell’esercizio della potestà regolamentare delegata. La chiara delimitazione dei settori di materia, dei presupposti e delle condizioni cui sono strettamente vincolati ad attenersi i regolamenti in questione consente, pertanto, di ritenere che le disposizioni risultanti dalla concorrenza delle predette fonti, nel loro combinato disposto, possono essere ascritte alla categoria delle norme generali”.

3. Ciò posto in termini astratti, il compito della Sezione è di verificare se le concrete disposizioni del regolamento siano rispettose di tali principi sulle fonti e dei criteri desumibili dalla delega, nonché se siano compatibili con il sistema legislativo dell’istruzione liceale.
Occorre, dunque, preliminarmente definire quest’ultimo.
Il vigente ordinamento scolastico (art. 191 del testo unico di cui al decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297) prevede tre tipologie di liceo, liceo classico, liceo scientifico e liceo artistico, cui si aggiunge l’istituto magistrale. Questi ultimi due percorsi, attraverso un anno integrativo, consentono l’accesso a tutti i percorsi di laurea. Il liceo linguistico attualmente fa parte del sistema delle scuole non statali ed è tuttora regolato dal decreto ministeriale 31 luglio 1973.
L’esigenza di adeguamento di questo modello ha portato numerose sperimentazioni riconducibili all’autonomia scolastica. Da parte sua il legislatore ha impostato tentativi di riforma dei cicli scolastici e dunque anche del secondo ciclo dell’istruzione, che non hanno dato esito.
Con la legge 28 marzo 2003, n. 53, anche alla luce dei mutamenti intervenuti con la modifica del titolo V della Costituzione e la nuova distribuzione dei poteri in materia di istruzione e formazione tra Stato e Regioni conseguente alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, è stata conferita al Governo la delega per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale. Il Governo ha esercitato la delega con l’emanazione di appositi decreti legislativi concernenti i diversi settori di intervento, decreti legislativi che, anch’essi, hanno subito nel tempo modifiche, abrogazioni, sospensioni di esecutività.
Per quanto riguarda il secondo ciclo di istruzione e formazione è stato emanato il decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226 che ha inteso rivisitare il secondo ciclo del sistema di istruzione e formazione poggiandolo sulle due gambe del sistema dei licei e del sistema di istruzione e formazione professionale, definiti, all’articolo 1 “di pari dignità” e accomunati da un unico “profilo educativo, culturale, professionale” declinato in un apposito allegato. Il sistema dei licei risultava formato dai licei artistico, classico, linguistico, musicale e coreutico, scientifico, delle scienze umane (ex magistrale), economico e tecnologico (percorsi destinati ad assorbire almeno in parte l’istruzione tecnica e professionale).
Gli ordinamenti previsti nel decreto legislativo n. 226 del 2005 non sono stati ancora sperimentati né, tanto meno, sono entrati in vigore, essendo stato prorogato già dalla precedente legislatura all’anno scolastico 2009 del 2010 l’avvio delle prime classi liceali a seguito dell’articolo 13 della legge 2 aprile 2007, n. 40. Il medesimo articolo 13 ha altresì soppresso il liceo economico ed il liceo tecnologico e prospettato il rilancio degli istituti tecnici e professionali.
L’articolo 64, comma 4, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito dalla legge 6 agosto 2008, n. 133 ha, infine, confermato l’esigenza di procedere a una definitiva razionalizzare dei percorsi scolastici vigenti nell’ambito di un complessivo processo di revisione e sistematizzazione degli ordinamenti (suffragata dalle tesi espresse nel “Quaderno bianco sulla scuola”) che, per quanto concerne il secondo ciclo, investe anche e contestualmente, attraverso specifici regolamenti, i percorsi degli istituti tecnici e degli istituti professionali, attuando la delega che risale appunto ai commi 1 bis e 1 ter del succitato articolo 13. Attraverso l’articolo 37 del decreto legge 30 dicembre 2008, n. 207, la revisione dell’istruzione secondaria superiore viene definitivamente fissata “a decorrere dall’anno scolastico e formativo 2010-2011”
E’ condivisibile l’affermazione, contenuta nella relazione illustrativa, secondo la quale il riordino dei licei delineato nello schema di regolamento si colloca nel solco dei precedenti interventi normativi e nel quadro di riferimento incardinando la revisione dei percorsi intorno a quattro punti fondamentali:
a) riconfermare l’identità e la peculiarità dei licei all’interno del secondo ciclo del sistema nazionale di istruzione e di formazione, attraverso la definizione dell’apposito Profilo (allegato A) e delle future “Indicazioni nazionali riguardanti gli obiettivi specifici di apprendimento declinati secondo conoscenze, abilità e competenze”;
b) fare acquisire ai giovani, attraverso l’unitarietà del percorso liceale, declinata nei vari percorsi a seconda delle personali inclinazioni, capacità critica e conoscenza approfondita degli specifici settori disciplinari;
c) superare la frammentazione dei percorsi di studio che emergono dall’accavallarsi e dal sovrapporsi delle sperimentazioni, delimitando un quadro orario atto all’approfondimento delle discipline e mirato al possesso di una solida cultura declinata, pur in presenza di una forte area comune, che rafforza lo studio della matematica e della lingua straniera, riequilibrando così il tradizionale predominio della componente umanistica classica, a seconda dei percorsi, piuttosto che all’estensione e alla parcellizzazione dei saperi;
d) demandare alle istituzioni scolastiche, attraverso il Piano dell’offerta formativa, la ricerca progettuale e l’elaborazione di specifici progetti culturali che vengono a integrare i requisiti e le indicazioni previsti dallo Stato e a declinarli a seconda delle specificità del territorio, delle esperienze svolte e delle eccellenze presenti al loro interno.

4. Venendo alla verifica del rispetto dei limiti della delega, la Sezione aveva segnalato, con parere interlocutorio reso nell’adunanza del 26 novembre 2009, un punto critico di ordine generale.
La norma di delega concerne espressamente la sola “ridefinizione dei curricoli vigenti nei diversi ordini di scuola anche attraverso la razionalizzazione dei diversi piani di studio e relativi quadri orari”.
Il piano programmatico prescrive che: “I piani di studio relativi al sistema dei licei, di cui al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226, come modificato dalla legge 2 aprile 2007, n. 40 saranno riesaminati con l’obiettivo di razionalizzarne l’impianto in termini di massima semplificazione. Andranno in tale contesto definite le discipline ed i carichi di orario delle singole tipologie in misura non superiore alle 30 ore settimanali”, precisando, quanto all’orario, che “L’orario obbligatorio di lezione nei licei classici, linguistici, scientifici e delle scienze umane sarà pari ad un massimo di 30 ore settimanali, con conseguente revisione dei quadri orario previsti dagli allegati al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226” e che “Per i licei artistici e i licei musicali e coreutica l’orario obbligatorio di lezione sarà di 32 ore settimanali, con conseguente revisione dei quadri orario previsti dagli allegati al decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226”.
In mancanza di più puntuali indicazioni sul riordino dei licei nella norma di delega e all’interno del piano programmatico il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca era stato invitato a specificare su quale base, letterale, teleologica e sistematica, avesse proceduto a un esercizio ampio della delega e se le finalità di contenimento della spesa e di razionalizzazione delle risorse umane e strumentali giustificassero la revisione ordinamentale operata.
Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ha risposto con la relazione i cui estremi sono stati indicati in premessa ed a cui si può rinviare, qui segnalando che la ricostruzione operata appare condivisibile nelle sue linee di fondo (anche se appare eccessiva l’enfasi attribuita all’interpretazione offerta dalla Corte costituzionale dell’art. 64, comma quarto, primo capoverso, interpretazione in realtà mirata a chiarire che la materia delegata al regolamento rientra nella potestà legislativa esclusiva dello Stato, nulla aggiungendo sulla portata di tale delega).
Peraltro non può non rilevarsi come appaia contraddittorio il peso attribuito al piano di programmazione nella relazione integrativa.
Non vi è dubbio infatti che il regolamento si pone come logico sviluppo del piano, e che questo – nel disegno della norma di delega della potestà regolamentare – giustifichi la genericità dei criteri di delega; ma è altrettanto evidente la carenza del piano, per quanto attiene agli aspetti ordinamentali e didattici dell’istruzione superiore e in particolare liceale.
Ciò pone il delicato problema del ruolo svolto da questo atto nella complessa sequenza in esame. Esso solo in senso atecnico può qualificarsi come “fonte”; ma in realtà è e rimane un atto di indirizzo politico, che, avendo ricevuto l’avallo della Conferenza unificata e delle competenti commissioni parlamentari, è espressione di una convergenza anche a posteriori tra legislatore e Governo sulla strada da seguire nell’attuazione della riforma. Pertanto le sue eventuali carenze in termini di stretta legittimità assumono rilevanza solo nella prospettiva della adeguatezza o meno dei criteri di delega, complessivamente intesi, prospettiva che evidentemente sfugge a questo Consiglio.
Sul piano sostanziale, peraltro, la Sezione ritiene che sussistano validi elementi che possano giustificare l’intervento in esame. Esso, infatti, per quanto incisivo, si muove pur sempre nel quadro della riforma del 2005, come si è avuto modo di chiarire. Appaiono pertanto corrette le affermazioni in tal senso dell’Amministrazione miranti a fugare le perplessità derivanti da una possibile inversione logica, che si avrebbe configurando il risparmio delle risorse come il fine e il perseguimento dell’interesse dell’istruzione come il mezzo. Difatti, nei suoi chiarimenti il Ministero sostiene che “Ad ulteriore riprova della portata ampia, anzi generale, degli interventi da effettuarsi in attuazione dell’art. 64, comma quarto, della legge n. 133 del 2008 si richiama l’attenzione di codesto Consiglio sui contenuti della relazione tecnica finanziaria allegata al piano programmatico attuativo della menzionata legge, in cui era chiarito che una parte, anche consistente, dei risparmi di spesa derivanti dall’incremento del rapporto alunni/docente nel triennio considerato (per essere precisi l’obiettivo di contenimento degli organici del personale docente è stato quantificato nel triennio 2009/2010 – 2011/2012 in 87.341 posti) doveva derivare dal riassetto dell’impianto dei percorsi liceali disegnato con il d.lgs.vo n. 226 del 20005, ma non ancora attuato al momento in cui è intervenuto il citato art. 64”.
In sintesi, quello che emerge come dato fondamentale della riforma è il nesso necessario fra:
1) obiettivi di finanza pubblica, revisione organizzativa, revisione ordinamentale e didattica della scuola;
2) sviluppo e competitività del sistema nazionale da un lato e miglioramento del livello culturale della popolazione nazionale dall’altro;
3) buon andamento dell’organizzazione amministrativa e standards quantitativi e qualitativi del servizio istruzione.
Insomma il modello razionale dell’azione pubblica è quello che impone il risparmio come l’effetto di una ottimizzazione dei processi di allocazione delle risorse, e non come conseguenza dell’indebolimento del servizio da erogare. In questa prospettiva le scelte riformatrici effettuate dall’Amministrazione non appaiono estranee e tanto meno contrastanti con i criteri della delega, la cui genericità appare riscattata dal quadro normativo complessivo da cui risultano linee sufficientemente dettagliate di intervento.

5. Ciò posto in termini generali, con riferimento alle singole disposizioni la Sezione si sofferma sui punti che non ritiene superati o assorbiti dalla risposta del Ministero.
L’articolo 1 stabilisce che “I licei sono disciplinati dal decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226 e successive modificazioni e dal presente decreto in attuazione del piano programmatico di interventi di cui all’articolo 64, comma 3, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, volti ad una maggiore razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse umane e strumentali disponibili, tali da conferire efficacia ed efficienza al sistema scolastico”, ma poi, contraddittoriamente, l’articolo 16, comma 1 prevede che “All’attuazione del presente decreto si provvede in coerenza con il piano programmatico di cui all’articolo 64, comma 3, del decreto legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008 n. 133, nei limiti delle risorse finanziarie previste dagli ordinari stanziamenti di bilancio senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”. Ne consegue che il piano programmatico viene richiamato a monte ed a valle, mentre – assumendo che il regolamento costituisca la sua attuazione – la precisazione che lo stesso debba essere attuato in coerenza con il piano programmatico è inutile se non dannosa.
E’ quindi condivisibile la riformulazione suggerita dal Ministero del comma 1 dell’art. 16, per la quale “All’attuazione del presente decreto si provvede nei limiti delle risorse finanziarie previste dagli ordinari stanziamenti di bilancio senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.
L’articolo 2 stabilisce che “I percorsi liceali forniscono allo studente gli strumenti culturali e metodologici per una comprensione approfondita della realtà, affinché egli si ponga, con atteggiamento razionale, creativo, progettuale e critico, di fronte alle situazioni, ai fenomeni e ai problemi, ed acquisisca conoscenze, abilità e competenze coerenti con le capacità e le scelte personali e adeguate al proseguimento degli studi di ordine superiore, all’inserimento nella vita sociale e nel mondo del lavoro”. Invece i successivi articoli, relativi ai singoli licei e con l’eccezione di quello scientifico (articoli 4, 5, 6, 7, 9) stabiliscono che i relativi percorsi sono diretti ad “approfondire conoscenze, abilità e competenze”, mettendo in primo piano un obiettivo formativo che nella disposizione generale appare in secondo piano, mentre risulta centrale nell’ambito degli istituti tecnici e professionali.
La risposta fornita dal Ministero non persuade, ed appare opportuno quanto meno che, negli articoli riservati ai singoli percorsi liceali dove manca, via sia un richiamo alle finalità generali dell’istruzione liceale, rispetto a cui l’acquisizione di “conoscenze, abilità e competenze” si pone in chiave strumentale (come, peraltro, lo stesso Ministero riconosce).
L’art. 10, comma 2 prevede che le istituzioni scolastiche costituiscano dipartimenti, quali articolazioni funzionali del collegio dei docenti, per il sostegno alla didattica e alla progettazione formativa (lett. a), nonché un comitato scientifico, con una composizione paritetica di docenti e di esperti del mondo del lavoro, delle professioni, della ricerca scientifica e tecnologica, delle università e delle istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, con funzioni consultive e di proposta per l’organizzazione e l’utilizzazione degli spazi di autonomia e flessibilità (lett. b). La disposizione suscita perplessità sia con riguardo al rispetto della riserva di legge in materia di organizzazione (con particolare riguardo alla materia dei collegi), essendo estranea all’ambito della delega, sia con riguardo al rispetto dell’autonomia scolastica, apparendo poco convincente la giustificazione fornita dal Ministero, in risposta ai rilievi del Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, secondo cui l’istituzione del Comitato scientifico esalti – piuttosto che comprimere – l’autonomia delle istituzioni e quella dei dipartimenti registri una prassi diffusa.
I chiarimenti forniti non appaiono sufficienti a superare tali perplessità con riguardo all’istituzione del Comitato scientifico.
L’art. 12, comma 1 stabilisce che, al fine di un costante monitoraggio e valutazione dei percorsi liceali, il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca si avvale di un apposito Comitato nazionale per l’istruzione liceale, costituito con proprio decreto, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, del quale fanno parte un rappresentante scelto dal Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione, rappresentanti delle scuole, delle università ed esponenti del mondo della cultura, dell’arte e della ricerca. Il Comitato si avvale dell’assistenza tecnica dell’Agenzia nazionale per lo sviluppo dell’autonomia scolastica (ANSAS) e dell’Istituto nazionale di valutazione del sistema educativo di istruzione e formazione (INVALSI). Ai componenti del comitato non spettano compensi a qualsiasi titolo dovuti. Il Ministero dell’istruzione non ha chiarito né la compatibilità di tale previsione con l’oggetto della delega, né la sua rispondenza alle esigenze di semplificazione enunciate in detta delega, ribadendo invece la necessità dell’opera di monitoraggio e valutazione, che non era in discussione. Tuttavia il silenzio relativo all’istituzione del Comitato nazionale per l’istruzione liceale parrebbe intendere una rinuncia a tale proposito.
L’art. 13, comma 11 demanda a successivi decreti del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, aventi natura non regolamentare, la definizione:
a) delle indicazioni nazionali riguardanti gli obiettivi specifici di apprendimento declinati secondo conoscenze, abilità e competenze, con riferimento ai profili di cui all’articolo 2, commi 1 e 3, in relazione alle attività e agli insegnamenti compresi nei piani degli studi previsti per i percorsi liceali di cui al presente decreto.
b) l’articolazione delle cattedre per ciascuno dei percorsi liceali di cui agli articoli 4, 5, 6, 7, 8 e 9, in relazione alle classi di concorso del personale docente;
c) gli indicatori per la valutazione e l’autovalutazione dei percorsi liceali, in relazione alle proposte formulate dal Comitato di cui all’articolo 12, comma 1, anche con riferimento al quadro europeo per la garanzia della qualità dei sistemi di istruzione e formazione.
La natura dell’oggetto di disciplina suggerisce l’utilizzo di atti aventi forza normativa, sicché appare opportuno eliminare dal testo della disposizione l’inciso “aventi natura non regolamentare”.
La Sezione prende atto che il Ministero ha raccolto tale suggerimento.
Nella presente sede occorre, infine, formulare ulteriori osservazioni, che non potevano trovare spazio nell’interlocutoria.
L’art. 2, comma 3 e l’art. 3 comma 2 impiegano identica espressione (“I percorsi liceali realizzano il profilo educativo, culturale e professionale dello studente a conclusione del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e di formazione per il sistema dei licei di cui all’allegato A al presente regolamento”), con ciò inducendo nell’interprete incertezze sul senso della ripetizione, che appare preferibile evitare.
L’art. 2, comma 3, ultima parte fa riferimento agli obiettivi specifici di apprendimento “di cui all’articolo 13, comma 9, lett. a)”, rinvio da correggere in “di cui all’articolo comma 11, lett. a)”.
Gli articoli 5, comma 1 ed 8, comma 1, nell’indicare gli insegnamenti scientifici diversi dalla matematica, utilizzano l’espressione “scienze sperimentali”. La definizione è imprecisa, perché il metodo sperimentale è comune ad altre discipline, non aventi carattere strettamente scientifico e, per converso, non è proprio dell’informatica. Appare pertanto preferibile utilizzare un’altra denominazione, quale “altre scienze”, oppure “scienze naturali ed informatiche”.
L’art. 9, comma 3, relativo al liceo delle scienze umane, presenta un vuoto materiale laddove, subito dopo la seconda virgola, non indica il numero di ore del primo biennio.

P.Q.M.
Esprime parere favorevole con le osservazioni di cui in motivazione.

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Francesco Bellomo Giancarlo Coraggio

IL SEGRETARIO
Massimo Meli

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