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Le novità 2010: da nuove superiori ad anagrafe edilizia

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Roma, 30 dic. (Apcom) – La riforma delle superiori, con i nuovi licei, il rilancio dei tecnici e dei professionali che passeranno sotto l’egida delle regioni; la seconda tornata di tagli agli organici e di razionalizzazione delle spese; il dimensionamento degli istituti, con l’eliminazione o l’accorpamento delle sedi più piccole; la promessa anagrafe edilizia di tutti i 10.450 istituti; un altro passo avanti verso l’informatizzazione delle scuole; il nuovo contratto economico (oltre 1 milione e 100mila dipendenti), che per prima volta sarà triennale e con aumenti non a ‘pioggia’ ma in buona parte legati alla meritocrazia. Sono queste le principali novità che il mondo della scuola si appresta a vivere in un anno, il 2010, che si preannuncia particolarmente ricco di progetti governativi e ministeriali giunti compimento. Ma anche di inevitabili polemiche innescate dal sempre più folto popolo dei contestatori.
RIFORMA SUPERIORI – E’ uno dei punti cruciali del nuovo anno, su cui il ministro, Mariastella Gelmini (ad aprile 2010 anche lei attesa da un evento speciale, la nascita del suo primo figlio), ha scommesso personalmente e che il governo non può più far slittare anche per motivi tecnico-politici: dopo le parziali, ma non vincolanti, bocciature da parte di sindacati, Cnpi, conferenza delle Regioni e Consiglio di Stato (quest’ultima però rientrata poco prima di Natale dopo aver avuto adeguate rassicurazioni dal Miur), i regolamenti di attuazione si sono arenati presso le commissioni parlamentari.

Se, come tutto fa supporre, entro gennaio arriverà il ‘lasciapassare’ dai palazzi della politica, pur con qualche modifica, la riforma sarà praticamente cosa fatta. A quel punto dovrà solo tornare in aula per l’approvazione finale e subito dopo seguire gli ultimi atti formali: passare al Quirinale per la firma del Capo dello Stato ed infine in gazzetta ufficiale.

Complessivamente le novità in via di approvazione riguarderanno, una volta divenute legge ed introdotte a regime, circa 2 milioni e mezzo di studenti (per l’a.s. 2010/2011 tuttavia meno di 600mila studenti, quelli che si apprestano ad iscriversi al primo anno e quelli che lo frequentano oggi ma che verranno bocciati). Il ministero dell’Istruzione ha già fatto i calcoli sui tempi prevedendo lo slittamento delle iscrizioni prima di un solo mese, a fine febbraio, e poi di un altro ancora, a fine marzo. Una decisione, quest’ultima, ancora non proprio ufficiale ma praticamente scontata perché annunciata da una ‘fonte’ più che autorevole: l’on. Valentina Aprea (Pdl), presidente della commissione Cultura alla Camera.

L’idea di far slittare di sessanta giorni il termine per decidere il corso superiore cui iscriversi appare essere anche una risposta alle richieste, in particolare dei sindacati Flc-Cgil e Gilda, oltre che di associazioni delle famiglie e degli studenti, di posticipare la riforma al 2011. Così il Miur ha pensato bene di spazzare via le polemiche comunicando che, immediatamente dopo che i nuovi programmi saranno leggi dello Stato, verranno ampiamente divulgati e i diretti interessati avranno almeno un mese di tempo per comprenderne portata ed effetti.

Per preparare l’applicazione dei nuovi regolamenti, sempre il ministero ha previsto alcune “misure di accompagnamento con attività di informazione e formazione del personale scolastico sui contenuti della riforma e con una campagna di informazione in relazione alle scelte per gli studenti e le famiglie per l’anno scolastico 2010/2011″. L’attuazione dal prossimo settembre permetterebbe, infatti, al governo in carica di verificare eventuali storture dei nuovi regolamenti delle superiori e correggerle in corsa durante il proprio mandato: operazione che invece non sarebbe possibile qualora approdasse al governo un’altra maggioranza, soprattutto se di un altro orientamento politico.

Negli ultimi tempi dell’introduzione immediata della riforma sembrano essersene fatta una ragione anche i sindacati: dopo le ferme contestazioni condotte per diverse mesi, le organizzazioni più concertative (Cisl Scuola, Uil Scuola e Snals) hanno fatto sapere ai lavoratori che la sua attuazione è stata dettata dall”alto’ (dal Mef), ma nello stesso tempo che le pressioni adottate hanno avuto almeno il merito di ottenere l’introduzione dei nuovi programmi solo al primo superiore (inizialmente la riforma doveva coinvolgere anche il secondo anno) e, parallelamente, cominciato a incontrato i tecnici ministeriali per limitare gli effetti negativi sul personale.

Ma cosa prevede la riforma delle superiori? Prima di tutto va detto che il Miur ridurrà drasticamente la miriade di tipologie dei corsi: dalle attuali 900, includendo le sperimentazioni nazionali e autonome, si ridurranno a poche decine. Ma molto dipenmderà dal tipo di corso: vediamo nel dettaglio cosa accadrà.
NUOVI LICEI – Avranno dei nuovi percorsi formativi che si concretizzeranno in due bienni e in un quinto anno. Le tipologie dei corsi diventeranno principalmente sei: artistico, classico, linguistico, musicale e coreutico, scientifico e delle scienze umane. Salvo improbabili modifiche dell’ultimo momento, le novità riguardano più aspetti: la prima che si riscontra un monte orario settimanale ridotto. Al classico sono previste 27 ore nel biennio e 31 nel triennio. Per i licei linguistico, musicale e coreutico, scientifico e delle scienze umane, sono previste 27 ore nel biennio e 30 nel triennio. Più articolato l’orario del liceo artistico in base ai diversi indirizzi previsti.

Molti cambiamenti in vista anche sul fronte dei contenuti dell’offerta formativa: ad esempio, al liceo scientifico viene previsto anche un indirizzo tecnologico e al liceo delle scienze umane si introdurrà un indirizzo economico sociale. Sono stati progettati, poi, 40 licei musicali sparsi per tutto il territorio nazionale; altri potranno essere attivati attraverso convenzioni con i conservatori.

Più flessibilità oraria, nuove discipline, largo esperti esterni

Il nuovo regolamento su licei fissa, inoltre, che nell’ultimo anno una delle materie di ordinamento venga insegnata in lingua straniera. Previste anche delle ore opzionali-facoltative, attivabili sulla base del piano dell’offerta formativa, che saranno parte dell’organico di diritto. In tutti i licei per definire il quadro delle lezioni servirà la decisione del collegio dei docenti: il Miur riserva, infatti, una flessibilità oraria pari al 20% del monte settimanale nel biennio, che passerà al 30% nelle terze e quarte e ritornerà al 20% nelle quinte classi.

Questi gli insegnamenti caratterizzanti i nuovi licei: approfondimenti nelle discipline obbligatorie (ove non previsti tra le attività e gli insegnamenti obbligatori per tutti gli studenti), diritto e economia, musica, seconda lingua straniera, latino, greco, discipline audiovisive, tecnologia e disegno, storia dell’arte, pedagogia, psicologia, sociologia, legislazione sociale, statistica, informatica, scienze sociali e metodologia della ricerca.

L’organizzazione del collegio dei docenti si attuerà sulla base di dipartimenti e di un comitato scientifico con esperti esterni. Gli obiettivi di apprendimento saranno oggetto di uno specifico decreto. E’ previsto, infine, un monitoraggio dei cambiamenti previsti dalla riforma. Dopo tre anni il governo riferirà in parlamento.
 

NUOVI TECNICI E PROFESSIONALI – Questi nuovi istituti, alternativi ai licei, saranno caratterizzati – attraverso l’eliminazione dei profili in disuso e soprattutto dei titoli similari (non ci sarà più ad esempio l’istituto tecnico commerciale e l’istituto professionale per il commercio oppure l’istituto tecnico industriale per la meccanica e il corrispettivo istituto professionale per la meccanica) – da una sensibile riduzione degli indirizzi: i tecnici passeranno dagli attuali 10 settori e 47 indirizzi ad appena 2 soli settori e 11 indirizzi; i professionali, invece, si ridurranno da 27 a soli 6 indirizzi complessivi. Ma non sono solo queste le novità che caratterizzeranno i nuovi corsi.

Il nuovo regolamento degli istituti ‘tecnici’ (oggi 1.800), prevede la limitazione degli indirizzi ed il rafforzamento di ampie aree scientifiche e tecniche di rilevanza nazionale: i nuovi istituti tecnici si divideranno in due settori – economico e tecnologico – ed avranno un orario settimanale corrispondente a 32 ore di lezione, contro le attuali 36 ‘virtuali’ (della durata media di 50 minuti).

Nel settore economico sono stati inseriti due indirizzi: il primo è amministrativo, finanza e marketing; il secondo dedicato al turismo. Nel settore tecnologico sono stati a sua volte definiti nove indirizzi: meccanica, meccatronica ed energia; trasporti e logistica; elettronica ed elettrotecnica; informatica e telecomunicazioni; grafica e comunicazione; chimica, materiali e biotecnologie; sistema moda; agraria e agroindustria; costruzioni, ambiente e territorio.

I nuovi “istituti tecnici avranno a disposizione ampi spazi di flessibilità (30% nel secondo biennio e 35% nel quinto anno) all’interno dell’orario annuale delle lezioni dell’area di indirizzo. Questi spazi si aggiungono alla quota del 20% di autonomia rispetto al monte ore complessivo delle lezioni di cui già godono le scuole. In questo modo possono essere recuperati e valorizzati settori produttivi strategici per l’economia del paese (come, ad esempio, la plasturgia, la metallurgia, il cartario, le costruzioni aereonautiche)”.

Nei testo all’esame delle commissioni parlamentari è poi prevista poi la realizzazione di un ufficio tecnico per migliorare l’organizzazione e la funzionalità dei laboratori e la loro sicurezza per le persone e per l’ambiente, oltre che il monitoraggio e valutazione delle innovazioni anche in relazione alle indicazioni dell’Unione europea. “Le norme introdotte – spiegano dal Miur – hanno come obiettivo la creazione di un raccordo più stretto con il mondo del lavoro e delle professioni, compreso il volontariato e il privato sociale, attraverso la più ampia diffusione di stage, tirocini, alternanza scuola-lavoro”.

Per quanto riguarda i ‘professionali’ (che sulla base della revisione del titolo V della Costituzione passeranno sotto l’organizzazione delle regioni, mentre programmi base e gestione del personale rimarranno sotto l’ala dello Stato), sarà necessario trovare un accordo preliminare con le regioni (che finora non c’è stato), a cui verrà di fatto affidato l’intero pacchetto formativo.
Scatta seconda tranche tagli organici, ma aumentano gli studenti

Oggi in Italia vi sono 1.425 istituti professionali suddivisi in cinque settori di istruzione, con 27 indirizzi. Con il riordino del settore, le nuove scuole professionali si articoleranno in due macrosettori: istituti professionali per il settore dei ‘servizi’ e istituti per il settore ‘industria e artigianato’. Anche questo genere di scuole superiori subiranno un decremento del quadro orario settimanale: il nuovo corrisponderà a 32 ore di lezione effettive, contro le attuali 36 della durata media di 50 minuti.

Ai due settori corrispondono complessivamente sei indirizzi. Di queste cinque riguarderanno il primo settore, quello dei ‘servizi’. Che si articolerà in servizi per l’agricoltura e lo sviluppo rurale; servizi per la manutenzione e l’assistenza tecnica; servizi socio-sanitari; servizi per l’enogastronomia e l’ospitalità alberghiera; servizi commerciali. Mentre il percorso ‘industria e artigianato’ in quello delle produzioni artigianali e industriali.

Gli istituti professionali avranno maggiore flessibilità rispetto agli istituti tecnici. In particolare gli spazi di flessibilità nell’area di indirizzo riservati agli istituti professionali, aggiuntivi alla quota del 20% di autonomia già prevista, ammontano al 25% in prima e seconda, al 35% in terza e quarta, per arrivare al 40% in quinta. “Nelle quote di flessibilità – spiega il ministero dell’Istruzione – sarà possibile articolare le aree di indirizzo in opzioni”, ma anche “introdurre insegnamenti alternativi inclusi in un apposito elenco nazionale , definito con decreto ministeriale, per rispondere a particolari esigenze del mondo del lavoro e delle professioni, senza incorrere in una dispendiosa proliferazione e frammentazione di indirizzi”.

I nuovi regolamenti prevedono, inoltre, più ore di laboratorio, oltre che di stage, tirocini ed esperienze di alternanza scuola-lavoro, “per apprendere – spiega il Miur – in contesti operativi soprattutto nel secondo biennio e nel quinto anno”. Largo anche a determinati percorsi formativi finalizzati a sostenere il ruolo delle scuole come centri di innovazione, attraverso la costituzione di dipartimenti, quali articolazioni funzionali del collegio dei docenti per favorire l’integrazione disciplinare e la progettazione formativa.
TAGLI AGLI ORGANICI – Per il 2010 il ministero dell’Economia e delle Finanze impone la seconda ‘rata’ della riduzione di spese, prevista nella finanziaria dell’anno scorso, che in tutto, quando sarà conclusa (nel 2012) dovrebbe aver fatto risparmiare allo Stato circa 8 miliardi di euro. La maggior parte delle economie continueranno a derivare dall’abbattimento dei posti: che sulla carta corrispondono, esattamente come nel 2009, ad oltre 40.000 docenti e 15.000 Ata (amministrativi, tecnici ed ausiliari) in meno. Le rimostranze di sindacati, associazioni e movimenti in difesa dei precari, su cui si abbatterà totalmente la scure dei tagli, sinora non hanno prodotto alcun risultato.

Le proteste appaiono certamente plausibili: diverse migliaia di supplenti che da anni operavano stabilmente nella scuola si ritroveranno senza lavoro e a sperare nelle sostituzioni per malattia o gravidanza. A tal proposito il governo ha confermato anche per il 2010-2011 il decreto salva-precari che permetterà l’accesso ai contratti di disponibilità, alla disoccupazione ordinaria e all’anzianità garantita (ma solo per chi ha svolto nell’a.s. precedente almeno 180 giorni di servizio).

Dal Miur sostengono che la spesa dell’Italia per l’istruzione è troppo alta e che rispetto ai paesi dell’area Ocse il nostro paese vanta uno dei rapporti alunni-docenti più distanti dalla media di riferimento. Va detto, per completezza, che in parte i dati sono tuttavia leggermente ‘gonfiati’ dall’alto numero di docenti di sostegno presenti nelle nostre scuole; oltre che dalla presenza di un territorio disomogeneo, con molte zone montane e isole dove esistono corsi anche con meno di dieci iscritti).

È altrettanto vero che la politica dei tagli ad ogni costo (qualora non vengano adottati scatterà la clausula di salvaguardia che non concederebbe il corrispettivo sotto forma di fondi da destinare ai singoli istituti, peraltro già ridotti all’osso) giunge forse nel momento meno opportuno: proprio quando, infatti, risulta in deciso aumentano il numero di alunni e studenti iscritti nelle classi italiane. Già quest’anno, rispetto al 2008, ci sono stati 37.441 allievi in più.

Già la prima tranche di tagli (quella relativa all’anno i corso prodotta attraverso l’introduzione del maestro prevalente in primaria e l’attuazione della riforma alla secondaria di primo grado), assieme alla dimensionamento dei plessi, ha determinato 3.826 classi in meno. Facendo lievitare il rapporto alunni/classi di 0,32 punti: da 20,78 dell’anno scolastico 2008-2009 all’attuale 21,10.
In arrivo 10mila lavagne multimediali. Contratto in alto mare

E con il nuovo anno dovrebbe soprattutto entrare nel vivo l’anagrafe completa degli istituti (si attende da oltre 10 anni) con la conseguente messa in sicurezza di almeno 45.000 strutture scolastice per il quale il Cipe nei mesi scorsi ha accordato un finanziamento pari ad un miliardo di euro: si tratta, è il caso di ricordarlo, di risorse che andranno a mettere in sicurezza istituti dove quotidianamente operano nove milioni di persone, tra docenti, personale Ata, dirigenti, alunni e studenti.
INFORMATIZZAZIONE – La scuola è attesa da un ulteriore passo verso la digitalizzazione delle aule e dei laboratori. Oltre alla capillare distribuzione di computer, che ogni istituto provvede ogni anno autonomamente ad integrare e aggiornare, nel 2009 sono state distribuite nelle medie inferiori circa 12mila lavagne multimediali (qualche istituto ne ha avute tre, ma quasi il 25% ne rimarrà privo perché non ne ha fatto alcuna richiesta).

L’Indire ha anche predisposto l’avvio della formazione, per il corretto utilizzo di questo tipo di strumenti digitali, comunque tutt’altro che di difficile gestione, di oltre 41mila insegnanti in servizio presso la secondaria inferiore destinate ad utilizzarli.

Sul finire del 2009 anche la scuola primaria e la secondaria superiore hanno ricevuto le loro ‘Lim’, con i rispettivi docenti che si sono informatizzati attraverso appositi corsi di formazione. E pochi giorni fa il ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta, ha assicurato che nel 2010 arriveranno altre 10mila lavagne multimediali.

Mentre per gli “e-books”, i libri digitali che cominciano ad offrire un ventaglio di offerte didattiche sempre più a prezzi ragionevoli, è stata stanziata una quota di circa 2 milioni di euro: il fondo che si aggiunge all’incentivo governativo di 150 euro destinato a tutti i ragazzi delle medie interessati all’acquisto di un notebook, da utilizzare specificatamente per la didattica ma anche per i compiti a casa.
RINNOVO DEL CONTRATTO – Il nuovo anno rappresenta per tutti i lavoratori della scuola un periodo durante il quale rischieranno fortemente di rimanere privi del contratto economico (quello 2008-09 scadrà domani): nei giorni scorsi i sindacati hanno quantificato attorno ai 200 euro medi la quota da applicare sulle buste paga del personale fino alla fine del 2012 (per la prima volta il ccnl sarà triennale anziché biennale).

La trattativa si preannuncia difficile: è improbabile, infatti, anche alla luce dei tagli impoosti dal Mef, che l’amministrazione risponda positivamente alla proposta di aumento di 210 euro. A tal proposito è indicativo che sino ad oggi l’amministrazione è rimasta ferma all’offerta di una quota procapite media di incrementi stipendiali inferiori a 20 euro.

C’è poi un altra questione che complica il rinnovo contrattuale: nel ddl della finanziaria per il 2010 è anche contenuto un preciso impegno del governo a individuare e a stanziare le ulteriori risorse per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego, come previsto dalla riforma del decreto legislativo n. 150/09 (la cosiddetta riforma Brunetta della Pa).

Ora, tra le novità previste dalla riforma, sottoscritte dai sindacati il 22 gennaio 2009, sono previsti due livelli contrattuali: il contratto nazionale e quello decentrato di amministrazione o, in alternativa, territoriale. Ma anche il collegamento tra la crescita retributiva degli stipendi dei dipendenti pubblici e la previsione dell’indice Ipca al netto dei beni energetici importati. Oltre che una sessione di concertazione tra governo e sindacati nella quale valutare gli aumenti retributivi nel rispetto degli obiettivi e dei vincoli di finanza pubblica.

Fondamentale sarà anche il ruolo della valutazione, della trasparenza e della premialità del merito di amministrazioni, dirigenti e dipendenti della contrattazione integrativa. A tal proposito, se il governo vorrà fare in fretta, occorre però anche che le disposizioni contenute nei titoli II e III del decreto e in particolare quelle relative al riconoscimento del merito e alla distribuzione dei compensi accessori destinati agli insegnanti, siano tradotte in un decreto applicativo firmato della presidenza del Consiglio. La cui approvazione, sottoposta ad organi non solo ad organi parlamentari, non appare proprio dietro l’angolo.

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