Ma la parte pubblica ad oggi è ferma a meno di 20 euro di incremento medio. Ed il resto delle risorse che arriveranno dalla Finanziaria non intende distribuirle “a pioggia”: conteranno valutazione, trasparenza e premialità. Con il 25% del personale che prenderà un bonus fino al 30% dello stipendio, mentre ad un altro 25% non spetterà nulla: una formula che nella scuola appare di difficile attuazione.Duecento euro per i sindacati, meno di venti per il Governo: è questa la base di partenza da cui prenderà il via nelle prossime settimane la trattativa per il rinnovo del contratto economico del comparto scuola che per la prima volta avrà durata triennale. Raggiungere un punto di accordo non sarà un’impresa facile. Al divario tra le richieste dei rappresentanti dei lavoratori e l’offerta dell’amministrazione pubblica, argomento per il quale la Flc-Cgil è peraltro già scesa in piazza (lo scorso 11 dicembre), sia aggiungono infatti altri nodi non certo irrilevanti. Se da una parte nella Finanziaria approvata prima di Natale è contenuto un preciso impegno da parte del Governo a individuare e a stanziare le ulteriori risorse per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego, come previsto dalla riforma del decreto n. 150/09 (tanto da indurre la Uil a sospendere la mobilitazione già prefissata per il 21 dicembre), dall’altra c’è da dire che la destinazione degli aumenti stipendiali rappresenta al momento un rebus tutto da decifrare. Le indicazioni che giungono dalla Funzione Pubblica, confermate anche nel decreto Brunetta, sono infatti quelle di anteporre gli aumenti a tre parole chiave: valutazione (del singolo ente statale), trasparenza (nelle comunicazioni e nel servire l’utenza) e premialità (per incentivare i dipendenti migliori). La nuova strategia dovrebbe essere adottata, indistintamente, nella contrattazione nazionale ed integrativa, per determinare i budget da destinare a tutte le amministrazioni, i dirigenti e i dipendenti. A tal proposito la riforma prevede, anche a seguito di un accordo sottoscritto tra parte pubblica e sindacati il 22 gennaio 2009, che vengano adottati due livelli contrattuali: il contratto nazionale e quello decentrato di amministrazione o, in alternativa, territoriale. L’attuale contrattazione d’istituto potrebbe quindi essere sostituita da una sovra-ripartizione dei fondi da destinare al personale a livello regionale. L’entità degli aumenti più importanti da destinare al personale appare inoltre essere legata ad alcune variabili esterne alle scuola: come alla previsione dell’indice Ipca al netto dei beni energetici importati, ma anche agli aumenti retributivi nel rispetto degli obiettivi e dei vincoli di finanza pubblica. E in ogni caso, a prescindere dall’entità degli aumenti, la linea di indirizzo che la Funzione Pubblica ha avviato per i suoi dipendenti, proprio attraverso la L. 150/09, è la destinazione di un bonus maggiore (fino al 30% dello stipendio) di incremento annuo per il 25% del personale più meritevole, un incremento medio per la metà dei dipendenti di ruolo e zero aumenti per il rimanente 25%. Ammesso ora che la suddivisione di ogni singolo istituto possa sostanzialmente rispecchiare la realtà dei dati nazionali, resta da capire a chi spetterà decretarla. Si tratta di un compito non certo agevole, soprattutto nel comparto scuola: dove non si andrà a verificare solo l’abilità nell’organizzare ed intraprendere progetti a supporto delle lezioni e della didattica curricolare, ma soprattutto si dovrebbe incentivare il lavoro svolto in classe. E poiché le discriminanti che vanno a mutare questo genere di risultati formativi sono tante ed indipendenti dall’abilità dei docenti (livello studenti, contesto scolastico, territorio locale, ecc.), viene da sé che sarà davvero difficile, quasi impossibile, determinare una ricetta universale ed applicabile in tutte le condizioni. E affidare la “patata bollente” ai dirigenti scolastici non appare la soluzione migliore, I sindacati hanno comunque compiuto il primo passo: cercare di portare nello stipendio di tutti i lavoratori, meriti a parte, una quota base. Anche se divisi nelle modalità di protesta ed in alcuni punti della piattaforma, si sono ritrovati compatti nel sostenere che un aumento minimo indistinto dovrà essere per forza di cose adottato. Ed hanno anche quantificato la cifra: già a novembre la Cisl Scuola aveva parlato di 200 euro sostenendo di averla determinata alla luce di considerazioni complessive che hanno tenuto conto del mutato costo della vita, oltre che dei maggiori impegni professionali sopraggiunti negli ultimi anni. Il 23 dicembre una cifra leggermente superiore, 210 euro, è stata chiesta della Flc-Cgil direttamente al ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta. Il sindacato di Pantaleo ha spiegato che si tratta di un incremento stipendiale medio pari al 9,3%: il 7,3% dovuto alla distribuzione su tre anni degli aumenti ottenuti nel biennio economico 2006/2007 in difesa potere d’acquisto dei salari e il 2% legato alla produttività e l’aumento dei carichi di lavoro. Per arrivare a questa stima il sindacato però non ha preso come riferimento il contratto in scadenza, che peraltro la Flc-Cgil non aveva firmato, ma l’ultimo Ccnl sottoscritto: quindi quello del biennio economico 2006-07. Un cavillo di non poco su cui in sede di contrattazione l’amministrazione avrà sicuramente da ridire. E non sarà l’unico.