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La mobilitazione dell’11 dicembre tra appelli della Cgil e scontri studenti-agenti

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La giornata contrassegnata dalle parole del segretario generale Guglielmo Epifani: l’istruzione sempre più abbandonata, urgono investimenti e soldi per i contratti. Poi lancia segnali di apertura verso i sindacati assenti. Che però non raccolgono. Intanto il secondo corteo si smembra ed alcuni ragazzi dell’Onda entrano in contatto con le forze dell’ordine: per il ministro Gelmini sono contestazioni strumentalizzate. E la Funzione pubblica gela gli entusiasmi: ha aderito allo sciopero meno del 10% dei lavoratori.

 

Non verrà ricordata di certo come una mobilitazione storica, tuttavia la mobilitazione della Cgil, dei precari e degli studenti ha in buona parte raggiunto lo scopo che si erano dati gli organizzatori: da una parte mettere in risalto la questione dei tagli progressivi agli organici ed alle risorse indirizzate al mondo della “conoscenza”; dall’altra sottolineare all’opinione pubblica la scarsità di fondi che il Governo intende mettere sulla bilancia per il rinnovo del contratto.

I due cortei, quello della Cgil (dove c’erano, tra gli altri, il leader del Pd, Pierluigi Bersani, e quello dell’Idv, Antonio Di Pietro) partito da piazza della Repubblica, e quello di studenti e precari avviatosi da piazzale Aldo Moro, sono entrati, tramite i media, negli uffici e nelle case degli italiani. Il primo perche il segretario generale, Guglielmo Epifani, che ha parlato dopo i colleghi Carlo Podda e Mimmo Pantaleo, ha espresso un sentito appello al Governo sulla necessità di rinnovare con somme adeguate i contratti scaduti dei dipendenti pubblici e di tornare a investire nell’istruzione e nella ricerca. “I due temi – ha affermato Epifani – sono l’abbandono del nostro sistema di istruzione, ricerca, università e delle reti pubbliche fondamentali, e il non rispetto del diritto dei lavoratori a vedersi rinnovati i loro contratti. Chiediamo – ha continuato il leader della Cgil – che si stanzino le risorse per rinnovare tutti i contratti e bisogna poi tornare a investire, perchè in una crisi come questa l’investimento nel settore pubblico non è un costo ma un’opportunità“. A proposito dell’ennesima mobilitazione organizzata senza gli altri sindacati, Epifani ha ammesso che “pesa“,  ma ha poi aggiunto: “io non dispero mai perchè temi che dovrebbero unire tutti“. Dal palco di piazza del Popolo Epifani ha detto anche che la  manifestazione è stata “profondamente confederale e sindacale, che ha anche obiettivi certamente politici, perchè è in ballo il futuro del Paese“. Il segretario della Cgil è voluto tornare anche sulla provocazione di abbandonare l’Italia per costruirsi un futuro migliore. “Noi non saremo mai – ha concluso – tra quelli che dicono ai nostri figli: andate all’estero. Noi non ci vogliamo rassegnare e non lo faremo mai: il futuro è dei giovani e non possono essere lasciati come sono lasciati“.

Mentre parlava Epifani, il sindacato distribuiva dei numeri altisonanti sulle adesioni alle proteste di piazza (a Roma sarebbero scese in piazza 100mila persone, a Milano 70mila, a Bologna in 20mila, a Napoli e Reggio Emilia in 10mila, a Modena in 5mila) ed anche sullo sciopero, cui avrebbe partecipato un lavoratore della scuola su tre.

L’entusiasmo del sindacato contrastava però con le percentuali di adesione allo sciopero emesse dal Dipartimento della Funzione pubblica: alle 15 secondo Palazzo Vidoni la media di tutto il pubblico impiego risultava pari al 9,70% (anche se rilevato solo sul 32,92%) del totale dei lavoratori interessati; nel comparto della scuola la percentuale di adesione si fermava al 9,92% (dati riferiti al 69,86% del personale interessato).
Tra i primi a commentare i dati è stato Gianni Baratta, segretario confederale della Cisl, che non ha risparmiato forti critiche all’iniziativa: “perchè far spendere soldi inutili ai lavoratori prima ancora di aver presentato piattaforme e con il Governo che, non più tardi di ieri, ha confermato il suo impegno a reperire tutte le risorse necessarie per il rinnovo contrattuale? In questo modo – ha continuato Baratta – si è un pò scioperato anche contro il sindacato perché si sono fatti solo risparmiare soldi al Governo con una sorta di beneficenza sindacale“.

Dichiarazioni a parte, la mobilitazione è stata contrassegnata da momenti di tensione e scontri tra studenti e polizia: nell’altro corteo, dove c’erano la maggior parte dei precari (come annunciato anche quelli del “Coordinamento precari scuola”), gli studenti dell’Onda della Sapienza all’altezza di piazza dei Cinquecento, davanti alla stazione Termini, hanno improvvisamente tentato di forzare il blocco imposto dalle forze dell’ordine per i motivi di viabilità cittadina adottati sulla base del nuovo protocollo voluto dal sindaco Alemanno. Alcuni studenti, venuti a contatto con gli agenti in stato antisommossa, sono rimasti leggermente feriti. Secondo Francesco Brancaccio, uno dei ‘leader’ dell’Onda romana, “studenti e precari erano a mani alzate e stavano tentando di avanzare quando sono stati caricati“. Dopo un breve sit-in davanti al Mef, in via XX settembre, alla fine concesso dalla questura per calmare gli animi, i manifestanti sono tornati all’Università senza generare ulteriori tensioni.

Per il leader dell’Unione degli studenti, Stefano Vitale, sarebbero state adottate “vergognose restrizione al diritto di manifestare”. Tra gli studenti c’è però soddisfazione perché“siamo riusciti a riprenderci il nostro diritto a manifestare e al dissenso, perchè il protocollo è stato violato e gli studenti – ha concluso Vitale – sono riusciti ad arrivare al ministero dell’Economia“.
Gli scontri non sono piaciuti al ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini, che si è detta rammaricata “nel vedere che, ancora una volta, alcune manifestazioni non sono dirette e coordinate dagli studenti, ma dai centri sociali e dagli anarchici: è importante che i giovani che esprimono un pur legittimo dissenso sui provvedimenti in materia d`istruzione non siano strumentalizzati“.

A proposito dello sciopero il responsabile del dicastero di viale Trastevere ha sottolineato, ancora una volta che “per noi i temi centrali sono il reclutamento, la valutazione, la carriera degli insegnanti, la qualità dell’istruzione offerta ai ragazzi e, con il 30% dei risparmi in Finanziaria, pagare meglio i professori più bravi. In particolare – ha continuato Gelmini – risultano ancor più incomprensibili le critiche rivolte al governo dopo una finanziaria che stanzia 400 milioni per l`università, 103 milioni per la scuola, 300 milioni per l`edilizia scolastica, 370 milioni per i lavoratori socialmente utili“.

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