La denuncia è della “Rete organizzata docenti e Ata precari” di Venezia che in questi giorni sta preparando una piattaforma attorno a cui organizzare la mobilitazione: dicono che è stato economicamente vantaggioso sfruttare i supplenti a vita, ma ora basta. Intanto il Tar del Lazio continua a commissariare il Miur, anche dopo l’approvazione del dl 134/09.
Perché allo Stato conviene mantenere in vita i posti vacanti piuttosto che assumere il personale? Semplice, per risparmiare. Ne è convinta la “Rete organizzata docenti e Ata precari” di Venezia che in questi giorni ha preparato una piattaforma attorno a cui si riunirà presto per formulare il piano di mobilitazione da adottare: nella prima bozza del “Manifesto per la lotta contro la precarietà nella scuola” sono contenute tutte le richieste che negli ultimi mesi hanno mobilitato migliaia di lavoratori non di ruolo. Ad iniziare dalla necessità di assumere a titolo definitivo sulle decine di migliaia di posti vacanti sino ad oggi assegnati ai supplenti annualmente.
Il movimento di precari veneti ha anche quantificato i benefici economici che porterebbero l’amministrazione a “mantenere una quota straordinaria di personale (un lavoratore su cinque) con contratto a tempo determinato”: si tratta di 8-9 mila euro l’anno. “Questo – sottolineano – per lo stipendio estivo che i supplenti fino al termine dell’attività didattica non percepiscono, ma soprattutto per la progressione di carriera inesistente”.
Per dare una svolta ad una situazione di stallo, con gli unici posti messi a ruolo solo per il turn over derivante dai pensionamenti, i precari hanno preparato una condensato di idee, dalle quali intendono partire per “definire alcuni obiettivi di lotta che, se raggiunti, porterebbero alla fine o alla fortissima riduzione del fenomeno: non ci interessa – spiegano – entrare nel merito dell’immissione in ruolo di questa o quella categoria di precari, non ci interessa solo la stabilizzazione degli attuali docenti e Ata con contratto a termine, ci interessa la lotta contro la precarietà, attuale e futura”.
Nel documento i precari veneti spiegano che nel corso degli ultimi dieci anni “si sono elargite a destra e a manca supplenze annuali, ma perché – con ogni amministrazione e con governi di ogni colore – è stato economicamente vantaggioso sfruttare i supplenti a vita”. Ora però si rivolgono ai responsabili dell’istruzione per dire “basta con lo sfruttamento”.
A tal fine chiedono l’eliminazione “delle differenziazioni tra supplenti annuali, supplenti fino al termine dell’attività didattica e supplenti temporanei; la parità di trattamento economico e normativo per quanto riguarda ferie, malattia, permessi tra il personale a tempo determinato e indeterminato; la progressione di carriera (scatti di anzianità) anche per il personale a tempo determinato, almeno dopo quattro anni di servizio, com’era per gli insegnanti di Religione Cattolica prima che una sanatoria li immettesse scandalosamente in ruolo, lasciando gli altri supplenti a vita”.
“È ora di finirla – continuano – con il fatto che un precario, anche dopo quindici o vent’anni di servizio, abbia sempre lo stipendio a livello zero; già alcune sentenze di giudici del Lavoro di alcuni tribunali del Paese hanno riconosciuto il diritto agli scatti di anzianità anche per i lavoratori a tempo determinato. Ricordiamo, tra l’altro, che la disparità di trattamento contraddice gli orientamenti comunitari in materia di rapporti di lavoro, con particolare riferimento alla direttiva 1999/70/Ce del Consiglio dell’Unione europea del 28/06/99”. Il Manifesto contiene, inoltre, la richiesta di “ricostruzione della carriera, per gli immessi in ruolo, considerando tutto intero il servizio pre-ruolo, mentre oggi sono riconosciuti solo i primi quattro anni e i due terzi del rimanente”.
Chiedono, quindi, che “la parità di trattamento tra personale a tempo determinato ed indeterminato, per un’uguale prestazione lavorativa”, assieme alla facoltà per il personale di ruolo di fare propri gli spezzoni di cattedra sino a “sei ore di straordinario”, trovi “posto nel Contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto Scuola, in scadenza il 31 dicembre di quest’anno”.
Intanto, sempre in tema di precariato scolastico, sebbene la settima scorsa sia stato approvato anche dal Senato il dl 134/09, il Tar del Lazio continua a produrre sentenze di commissariamento del Miur (l’ultima è la n. 5408) per la vicenda degli spostamenti in “coda”. Il punto è sempre lo stesso: qualora entro un mese gli Usp non provvedano ad inserire nelle graduatorie i precari vincitori del ricorso con il sistema a “pettine” anziché in “coda” la questione diventerà di competenza del commissario ad acta. Tuttavia è davvero improbabile che tutto ciò possa verificarsi.
Nelle prossime settimane, infatti, il dl 134, che mantiene in vita le attuali graduatorie confermando il discusso regolamento con gli spostamenti dei precari soli in fondo alle tre nuove province prescelte, voluto dal ministero dell’Istruzione, dovrebbe essere promulgato dal Capo dello Stato. E pubblicato, successivamente, in gazzetta ufficiale. Una prospettiva che l’Anief si ostina a non voler ammettere: “ci siamo già rivolti al presidente della Repubblica – ha detto il suo leader Marcello Pacifico – perché rinvii all’esame del parlamento una legge ritenuta ingiusta ed inutile da tutti i precari durante le audizioni, disconosciuta dalle Regioni, e illegittima per l’evidente violazione di diversi articoli della Costituzione”.
Note: www.tecnicadellascuola.it 23/11/2009