Lo pretende il ministero dell’istruzione, per adeguarsi alle norme Ue. Ma c’è un problema… Variegata la disciplina dei punteggi, cercasi ratio comune
Il prossimo contratto sulla mobilità dovrà riconoscere anche i servizi prestati delle scuole di altri paesi dell’Unione europea. L’obbligo deriva dalla normativa sovranazionale, che impone il mutuo riconoscimento dei titoli tra stati membri dell’Unione europea. A chiederlo, al tavolo delle trattive sulla mobilità, è il dicastero dell’istruzione.
Che però deve fare i conti con la variegata disciplina dei punteggi di servizio, quella estera che si associa a quella già prevista dal nostro ordinamento interno. Basti pensare che i servizi prestati in scuole italiane vengono valutati in modo diverso a seconda se siano stati prestati in scuole private o statali . E che nel mezzo c’è anche l’eccezione delle scuole private paritarie, i cui servizi sono valutati come se si trattasse di servizi statali. In più va considerato il fatto che i punteggi variano ulteriormente se si tratta di servizi pre-ruolo o di ruolo. E che i servizi prestati nelle scuole dell’infanzia non vengono valutati se si passa alle secondarie. Insomma, la situazione è già ingarbugliata di per sé. E adesso che dovranno essere valutati anche i servizi accumulati in paesi comunitari (in scuole non italiane) la matassa rischia di ingarbugliarsi sempre di più. E lo sanno bene anche a viale Trastevere, dove le trattative con i sidnacati si sono bloccate proprio su questo. Al momento si è ipotizzato di costituire commissioni ad hoc presso gli uffici periferici. Ma si tratta di una soluzione che rischia di aggravare ulteriormente la situazione. In mancanza di regole certe uguali per tutti, infatti, sarà inevitabile che ciò che può essere valido Roma possa non esserlo a Milano e viceversa. Insomma il rischio è quello di introdurre disparità di trattamento che possano ingolfare ancora di più il tasso di litigiosità, che ha ormai superato di molto il livello di guardia. Il tutto proprio in un momento in cui si preannuncia un inasprimento del contenzioso giurisdizionale, in vista dei tagli che andranno a regime dal prossimo anno nelle superiori. A ciò va aggiunto anche l’effetto Brunetta, derivante dalla cancellazione dei collegi arbitrali di disciplina, che riverserà sui giudici del lavoro tutto ciò che oggi è gestito con le procedure stragiudiziali. Insomma, il rischio è il definitivo collasso del rito del lavoro. Già di per sè boccheggiante. E ciò potrebbe tradursi in una mancanza di tutela di fatto qualora dovessero verificarsi degli illeciti. Basti pensare che già oggi, mediamente, prima di giungere alla decisione di merito decorrono almeno 2 anni. Un’altra questione che sta impegnando le parti in vista del nuovo contratto sulla mobilità è l’applicazione dei benefici previsti per i disabili e chi li assiste. Mentre è pacifico che i portatori di handicap necessitano di particolari tutele, tra cui la precedenza nei trasferimenti e la inamovibilità d’ufficio, nel corso degli anni sono insorti forti contrasti per l’applicazione dell’analoga disciplina che si applica anche a chi assiste un parente disabile. Contrasti destinati ad acuirsi perché, con l’aumento dell’età media dei docenti, non sono rari i casi di genitori molto anziani che rientrano nel regime di tutela della legge 104/92 , che a sua volta ingenerano la inamovibilità d’ufficio per il figlio che li assiste in via esclusiva. Tale situazione, nata per fare fronte a necessità residuali, in un contesto dove l’insorgenza di situazioni di soprannumerarietà era piuttosto sporadica, nel corso degli anni ha assunto proporzioni gigantesche. E dal prossimo anno potrebbe stravolgere completamente il sistema delle graduatorie di istituto, attualmente informate al principio del merito. Le parti, dunque, dovranno necessariamente rivedere anche questa disciplina. Operazione che si preannuncia delicatissima.
Note: ItaliaOggi Azienda Scuola 17/11/2009