La maggioranza sostiene che il testo in discussione al Senato offre risposte parziali e riservate ad una piccola fetta di supplenti. Lamentele anche per essere state ignorate durante fase preliminare del testo, salvo essere tirate in ballo ora per sostenere i costi sociali del provvedimento.
La Conferenza delle Regioni sembra essere davvero l’ultimo “baluardo” istituzionale contro le iniziative del Governo in fatto di scuola: dopo aver espresso, la scorsa settimana, una sostanziale bocciatura della riforma delle superiori (in particolare su licei e professionali e comunque chiedendo a larga maggioranza il rinvio di un anno), il 5 novembre durante un confronto su questo tema quasi tutti i presidenti delle Regioni hanno espresso un parere negativo anche sul cosiddetto decreto “salva precari’. Si tratta del provvedimento messo a punto nelle scorse settimane dal ministero dell’Istruzione ed approvato già alla Camera, il 20 ottobre, per salvare dalla disoccupazione circa 20.000 lavoratori che lo scorso anno svolsero almeno 180 giorni di supplenze.
“Il disegno di legge del Governo per la conversione in legge del decreto n. 134 – ha spiegato Domenico Cersosimo, vicepresidente della giunta della Regione Calabria dove quest’anno sono stati tagliati oltre 4.000 lavoratori – non risolve i problemi che esso ha determinato: offre risposte parziali solo ad una piccola quota dei precari e non affronta per nulla le questioni legate alla qualità dell’offerta formativa che, come è evidente, subirà un peggioramento per effetto dell’aumento degli alunni per classe, per la riduzione degli insegnanti di sostegno e di lingue, per la riduzione delle supplenze brevi.
Secondo Cersosimo “è paradossale il tentativo del Governo di scaricare sulle Regioni e sugli enti locali la drastica riduzione di personale scolastico che nella sola Calabria coinvolge, nell’attuale anno scolastico“. Molti rappresentanti delle Regioni si sono lamentate, in particolare, per il tentativo del Governo di “scaricare” su di loro e sugli enti locali la drastica riduzione di personale scolastico decisa con la Finanziaria del 2008.
Anche perché fino ad oggi “non vi è stato da parte del Governo – ha spiegato Gianfranco Simoncini, assessore all’iIstruzione, formazione e lavoro della Toscana – nessun coinvolgimento preliminare delle Regioni su un decreto che scarica sostanzialmente su queste ultime i costi sociali dei tagli operati sulla scuola“. Le Regioni, in sintesi, non ci stanno ad essere tirate in ballo solo per “un mero ruolo di sostegno finanziario di decisioni prese a livello di singole scuole“.
C’è da dire, comunque, che, come per il parere espresso sul testo di riforma della scuola superiore, il giudizio della Conferenza delle Regioni non ha il potere di bloccare un testo legislativo approvato da entrambe le Camere del Parlamento. Il segnale che inviano la maggior parte delle Regioni però è chiaro: l’adozione di questi provvedimenti non ci trova d’accordo. E non da escludere che alcune di loro possano fare ostruzione anche per la loro attuazione.
fonte: la tecnica della scuola