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Lodo Alfano, oggi nessun verdetto Slitta la sentenza della Consulta

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ROMA (6 ottobre) – Nessun verdetto oggi sulla legittimità del lodo Alfano, la legge che sospende i processi delle quattro più alte cariche dello Stato: la camera di consiglio della Corte costituzionale è stata sospesa in serata e aggiornata a mercoledì, quando in molti danno per probabile l’arrivo della sentenza.

La questione della legittimità del lodo Alfano – secondo quanto si è appreso – è stata affrontata dai giudici riuniti nel pomeriggio in camera di consiglio. Ma in così poco tempo (le sedute a porte chiuse generalmente si concludono alle 19) sarebbe stato difficile arrivare a una decisione, vista anche la delicatezza del caso. Da qui la decisione di aggiornare la riunione a domani.

Un primo giro di orizzonte sarebbe stato fatto dal giudice relatore della causa, Franco Gallo, che – secondo quanto si è appreso – avrebbe relazionato, in un clima sostanzialmente sereno, sui nodi principali da sciogliere. In particolare uno, che più mette in fibrillazione il governo Berlusconi: il lodo Alfano poteva essere fatto con legge ordinaria o serviva una norma costituzionale? In caso di violazione dell’articolo 138, infatti, il governo potrebbe rimediare alla bocciatura solo con un ddl costituzionale (un iter che richiede quattro pasaggi alle camere e maggioranze qualificate).

Il premier Silvio Berlusconi intanto viene descritto come «sereno», di umore «eccellente», addirittura «alle stelle, come i sondaggi», dagli uomini del Pdl che lo incontrano a lungo a Palazzo Grazioli. E in vista della decisione della Corte, il presidente del Consiglio si mostra «fiducioso» su un esito positivo per il governo.

L’udienza pubblica aveva preso il via stamani davanti a una folla di giornalisti. Presenti tutti e 15 i giudici del collegio. Dopo aver dichiarato aperta l’udienza, il presidente della Corte, Francesco Amirante, ha passato la parola al giudice relatore per riassumere i motivi dei tre ricorsi contro il lodo Alfano: due presentati dai giudici di Milano nell’ambito dei processi in cui il premier Silvio Berlusconi è imputato per corruzione in atti giudiziari dell’avvocato inglese David Mills (che nel frattempo è stato condannato in primo grado a 4 anni e 6 mesi) e per irregolarità nella compravendita dei diritti televisivi Mediaset; il terzo ricorso è del gip di Roma chiamato a decidere se archiviare (come ha chiesto la procura) o rinviare a giudizio i premier Silvio Berlusconi, indagato per istigazione alla corruzione di alcuni senatori eletti all’estero durante la scorsa legislatura.

Non ammesso l’intervento pm Milano. La Corte non ha ammesso l’intervento della rocura di Milano. Il professor Alessandro Pace, presidente dei Costituzionalisti italiani, che aveva presentato memorie alla Consulta per sostenere l’illegittimità del Lodo a nome della procura di Milano, non è potuto dunque intervenire nell’udienza pubblica, dove i giudici hanno qundi ascoltato solo le ragioni pro lodo.

L’avvocato Pace: amarezza per il no, ora la vedo male. «Certo, c’è un po’ di amarezza: come si fa a dire che la procura non è parte in un processo penale?», ha deto Pace. Secondo il costituzionalista ci sono previsioni di una dichiarazione di legittimità del Lodo da parte della Corte anziché di bocciatura. «Ora la vedo più negativamente – dice mentre lascia palazzo della Consulta -. Ci sono più spiragli che portano a ribaltare la sentenza del 2004» con cui la Consulta bocciò il precedente Lodo Schifani.

La parola è poi passata ai legali del premier, i parlamentari-avvocati Niccolò Ghedini, Gaetano Pecorella e Piero Longo, e all’avvocato dello Stato Glauco Nori (la cui memoria difensiva paventava il rischio di dimissioni del premier se il lodo sarà bocciato).

«La legge è uguale per tutti ma non sempre lo è la sua applicazione», ha detto Ghedini sosteneno la costituzionalità del lodo, in un’arringa durata 15 minuti in cui ha anche difeso la scelta di ricorrere a una legge ordinaria, che «nel caso concreto, è la scelta corretta per quanto riguarda la sospensione dei termini processuali sulla base di posizioni soggettive». E in questo ambito Ghedini ha ricordato appunto – riferendosi alla posizione istituzionale di Berlusconi – che «la legge è uguale per tutti, ma non lo è la sua applicazione». A suo avviso «qualsiasi differenziazione, per quanto riguarda la concessione o meno del legittimo impedimento a comparire, sarebbe, questa sì, incostituzionale, se prevista in base a tipologie di reato».

Pecorella: Berlusconi primus super pares. «Con le modifiche apportate alla legge elettorale, il presidente del Consiglio non può più essere considerato uguale agli altri parlamentari, ossia non è più primus inter pares, ma deve essere considerato primus super pares». Così l’avvocato Pecorella ha argomentato la sua difesa della costituzionalità del lodo, escludendo che introduca elementi di disparità del trattamento e dei cittadini innanzi alla legge. Pecorella ha aggiunto che bisogna prendere atto del fatto che «con la legislazione di oggi sulle elezioni delle cariche politiche, la posizione del presidente del Consiglio si è venuta staccando da quella che era stata disegnata dalle tradizioni liberali». «Oggi – ha continuato l’avvocato – le coalizioni depositano il programma elettorale indicando il nome del loro leader. Rimangono certamente salde le prerogative del presidente della Repubblica, ma il presidente del Consiglio è l’unico che riceve la sua legittimazione dalla volontà popolare». Questo elemento, per Pecorella, deve essere tenuto in considerazione dai giudici della Consulta in quanto esclude che il lodo produrrebbe una ingiustificata «disparità di trattamento».

Longo: il lodo non è una immunità ma una legge che tutela il diritto di difesa dell’alta carica dello Stato che si trova ad essere imputata in un processo penale, ha poi sotolineato Longo, puntando la sua attenzione sul fatto che il Lodo Alfano ha accolto le indicazioni della precedente sentenza del 2004 con cui la Corte bocciò il precedente Lodo Schifani: l’attuale legge, infatti, ha «come caratteristiche la temporaneità, la non reiterabilità, la rinunciabilità, la sospensione della prescrizione, la garanzia per le prove non rinviabili, la tutela delle parti civili». In particolare, la sospensione della prescrizione «esorcizza l’ipotesi falsificante secondo cui con la sospensione del processo si avrebbe lo stesso risultato di un immunità». Così non è, secondo Longo. Anche perchè – aggiunge – la sospensione del processo è prevista nel codice penale nel caso di legittimo impedimento dell’imputato. Il Lodo, dunque, «non è legato alla mera carica o alla funzione ma all’espletamento di una complessa attività da parte di un’alta carica. Difatti nel difficile sistema geopolitico in cui viviamo», con i numerosi appuntamenti internazionali nell’agenda del premier, sarebbe per lui «impossibile» svolgere contemporaneamente il suo incarico e tutelare il diritto di difesa come imputato. Il rischio sarebbe quello di «dover trascurare gli impegni connessi alla carica costituzionale», tanto più se i processi sono «aggravati da centinaia o migliaia di atti e documenti».

L’Avvocatura dello Stato non ha mai «tentato di condizionare questa Corte», ha sostenuto l’avvocato Nori, che parla di «ricostruzioni fantasiose» rispetto alla memoria da lui presentata, a nome della Presidenza del Consiglio, per difendere la legittimità del Lodo Alfano. In quella memoria, infatti, si parlava di possibili «danni irreparabili» per il premier, costretto a doversi difendere in processo, tanto da evocare il pericolo di dimissioni, come fu per il presidente Giovanni Leone ai tempi dello scandalo Lockheed. «Quando ho parlato di danni irreparabili – dice Nori – c’è stato un equivoco, ci sono state ricostruzioni fantasiose. L’Avvocatura ha invece difeso una norma, prodotto legislativo del Parlamento, che lo Stato ha il dovere di tutelare». Il Lodo Alfano è, di fatto, «il danno minore» che inevitabilmente si provoca al sistema giuridico, con la sospensione del processo penale a carico delle 4 alte cariche dello Stato e, nel caso particolare in discussione, del presidente del Consiglio.

L’attesa per la sentenza della Corte alza il livello dello scontro tra maggioranza e opposizione. Pd e Italia dei Valori attaccano Ghedini, giudicando «preoccupante» l’arringa del legale del presidente del Consiglio. Le opposizioni la considerano un «tentativo di legittimare l’applicazione del diritto disuguale» e accusano la maggioranza di fare «terrorismo» contro la Corte.

Un attacco «violentissimo», controreplica l’avvocato di Berlusconi, che «in realtà è l’ennesimo tentativo di aggredire e condizionare la Corte Costituzionale addirittura durante la Camera di Consiglio».

Pdl e Lega replicano al centrosinistra facendo quadrato intorno al premier e mettendo in evidenza, come fa ad esempio Ignazio La Russa, che il lodo Alfano viene incontro alle obiezioni che la Consulta sollevò per il lodo Schifani. Che il lodo sia un provvedimento «legittimo» lo ribadisce anche Paolo Bonaiuti, sottosegretario alla presidenza del Consiglio: il testo, sottolinea, non contiene «nessuna immunità ma solo la sospensione dei processi».

Di Pietro: se passa c’è referendum plebiscito. «Se la Consulta dovesse non bocciare il Lodo Alfano sarebbe il referendum l’appuntamento centrale, un plebiscito di metà legislatura assimilabile a una vera e propria elezione anticipata». Lo ha detto Antonio Di Pietro, leader dell’Italia dei Valori in un forum con il quotidiano L’Altro. «In questo momento – ha proseguito Di Pietro – Berlusconi sembra l’utile idiota di un sistema di potere da cui molti traggono vantaggio. Noi ci preoccupiamo tanto, e a ragion veduta, delle leggi ad personam a favore del premier, ma Berlusconi non è certo l’unico utilizzatore finale di quelle leggi. La verità è che dietro le leggi di Berlusconi ci sono gli interessi di tante persone nel mondo della finanza, delle banche, delle imprese, dell’economia forte, dell’informazione».

Casini: «Non c’è nessuna attesa, non cadrà il mondo. Siamo interessati come tutti alla questione, ma non sarà la fine del mondo». Così Pier Ferdinando Casini, leader dell’Udc. Alla domanda su un possibile scenario post governo Berlusconi, Casini ha risposto: «Per ora c’è ancora Berlusconi al governo. Non vorrei che si confondessero le speranze con la realtà».

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