fbpx

Il piano della Gelmini per favorire la continuità didattica

990

Nell’intervista a Tuttoscuola di settembre Mariastella Gelmini spiega che intende agire su due fronti per ridurre il “carosello” dei docenti. “Interverrò sulla mobilità territoriale e professionale del personale di ruolo con opportune limitazioni temporali e intendo dare la possibilità ai dirigenti scolastici di confermare per più anni nella stessa sede il personale non di ruolo che ha ben operato, in modo da ridurre la girandola delle cattedre. In troppi casi e per troppi anni – dice la Gelmini – le logiche di tutela delle garanzie del personale hanno preceduto di fatto il diritto degli studenti e le esigenze di efficienza del sistema”.

Quali effetti potrebbero produrre queste misure, se e quando saranno messe in atto?

L’eventuale blocco della mobilità per uno o due anni (su questo la Gelmini non si è pronunciata), magari con eccezioni per casi ben specificati, porterebbe all’azzeramento per quel periodo di quel 9-10% di mobilità che attualmente si registra ogni anno, ma al termine del blocco le domande di mobilità potrebbero schizzare in alto. Una adeguata politica di incentivi potrebbe comunque limitare la propensione a cambiare sede. Peraltro se anche si producesse un forte movimento a cadenza biennale o triennale, questo potrebbe corrispondere maggiormente alla durata dei cicli scolastici, e quindi creare meno danni a livello didattico.

Ma è sui precari che si gioca il grosso della partita della discontinuità didattica. Qui la Gelmini intende agire sulle modalità di conferma, da parte dei dirigenti scolastici, dei docenti a tempo determinato. Forse si pensa anche a incarichi pluriennali. Sembrano misure di buon senso e nella direzione dell’efficacia e dell’efficienza, oltre che del rispetto dei lavoratori precari. Ma ad esse si dovrebbe aggiungere una più elevata stabilizzazione del personale (si pensi che quest’anno sono stati immessi in ruolo 8 mila docenti a fronte di alcune decine di migliaia di posti vacanti), almeno dei soggetti ai quali lo Stato ricorre di anno in anno. Costringendoli a muoversi da una sede all’altra, danneggiando così insegnanti e studenti.

Il ministro ha parlato, a proposito della formazione iniziale e del reclutamento, dell’importanza di una seria programmazione. Lo stesso dovrebbe avvenire in questo contesto.

Tirando le somme, secondo una simulazione di Tuttoscuola, se venissero poste in essere con chiarezza e decisione le misure elencate, il “tasso di discontinuità didattica” (vale a dire il numero di docenti che da un anno all’altro si spostano su una nuova sede rispetto al totale dell’organico) potrebbe scendere in un triennio dal 29,4% del 2008/2009 fino al 15% circa. Sarebbe un significativo contributo verso l’innalzamento della qualità del servizio. Ne guadagnerebbero studenti, genitori e docenti precari.

In questo articolo